“Robyn Hitchcock”, dopo venti album è anche il titolo
Disco nostalgico-malinconico
IL ROBYN Hitchcock che si concede, a 64 anni e dopo venti dischi, di intitolare un nuovo album con il suo nome è raffigurato perfettamente in copertina. Un gentiluomo psichedelico e brizzolato, gattino in braccio e la solita camicia impossibile da guardare, con l’espressione sardonica di chi ne ha viste tante e tante ne ha cantate. Qui musicalmente e liricamente siamo in pieno format hitchcockiano: ballate melodiche sfiorate da qualche innocente stravaganza, chitarre jangle a volte incise al contrario (
divagazioni country ( I Pray When I’m Drunk: non a caso il disco è stato registrato a Nashville), profumo di Sixties e qualche sospetto di mestieraccio. Robyn cita Virginia Woolf e Sylvia Plath, e nel presentare il disco parla di “estatica negatività”, ma il mood prevalente è quello nostalgico-malinconico. In Raymond & the Wiresricorda un viaggio in bus con il padre in una Londra ormai scomparsa, nella languida 1970 in Aspic torna adolescente raccontandoci le sensazioni provate in uno dei più bruschi cambi di decennio del secolo scorso, in Time Coast ironizza elegantemente sulla sua età. Canzoni-vignetta come Detective Mindhorn e Sayonara Judgenon sorprenderanno i fan di lungo corso, ma si ascoltano sempre con sommo piacere. Ottimo lavoro, Hitch. Anche stavolta.