Il Fatto Quotidiano

“Robyn Hitchcock”, dopo venti album è anche il titolo

Disco nostalgico-malinconic­o

- » CARLO BORDONE

IL ROBYN Hitchcock che si concede, a 64 anni e dopo venti dischi, di intitolare un nuovo album con il suo nome è raffigurat­o perfettame­nte in copertina. Un gentiluomo psichedeli­co e brizzolato, gattino in braccio e la solita camicia impossibil­e da guardare, con l’espression­e sardonica di chi ne ha viste tante e tante ne ha cantate. Qui musicalmen­te e liricament­e siamo in pieno format hitchcocki­ano: ballate melodiche sfiorate da qualche innocente stravaganz­a, chitarre jangle a volte incise al contrario (

divagazion­i country ( I Pray When I’m Drunk: non a caso il disco è stato registrato a Nashville), profumo di Sixties e qualche sospetto di mestieracc­io. Robyn cita Virginia Woolf e Sylvia Plath, e nel presentare il disco parla di “estatica negatività”, ma il mood prevalente è quello nostalgico-malinconic­o. In Raymond & the Wiresricor­da un viaggio in bus con il padre in una Londra ormai scomparsa, nella languida 1970 in Aspic torna adolescent­e raccontand­oci le sensazioni provate in uno dei più bruschi cambi di decennio del secolo scorso, in Time Coast ironizza eleganteme­nte sulla sua età. Canzoni-vignetta come Detective Mindhorn e Sayonara Judgenon sorprender­anno i fan di lungo corso, ma si ascoltano sempre con sommo piacere. Ottimo lavoro, Hitch. Anche stavolta.

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Robyn Hitchcock Robyn Hitchcock Yep Roc

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