Il Fatto Quotidiano

Il cinema perduto di Emir Kusturica maestro appassito

- » FABIO FERZETTI

Ogni volta fa un po’ più male, ma alla fine bisogna ammetterlo: Emir Kusturica non è più lui. Il grande regista di

Papa è in viaggio d’affari e Undergroun­d, tutti e due Palma d’oro a Cannes nel 1985 e nel 1995, è ormai divorato dal morbo più insidioso per i cineasti dotati di stile pirotecnic­o e riconoscib­ile. Quello che trasforma la genialità in ricerca dell’ effetto, l’ immagine- choc in facile scorciatoi­a, il talento visionario in cortina fumogena destinata a mascherare falle narrative e morali.

Il grande cineasta serbo-bosniaco e po isolo serbo, che già ai tempi di Un

derground fu accusa todi tradimento e ripudiato dai suoi ex-concittadi­ni di Sarajevo, è insomma diventato la parodia di se stesso. L’incantator­e che dichiarava baldanzoso “sono unico perché adoro allo stesso modo Ingmar Bergman e Bruce Lee”, ha perso per strada tutto ciò che dava senso e profondità all’esuberanza così sfrontatam­ente balcanica dei suoi lavori migliori.

COME ORA ci ricorda, in via forse definitiva, questo On the Milky Road - Sulla Via

Lattea, passato in concorso all’ultima Mostra di Venezia con grande strepito ma senza lasciar traccia. E in sala un po’ mal inc oni camente da giovedì prossimo, a fine stagione. Come capita ai film veramente destinati agli intenditor­i, o a chi ha già dato da tempo il meglio di sé.

Basato “su tre storie vere e molte fantasie”, come avvertono i titoli di testa, On

the Milky Road ci porta ancora una volta in un paesino di frontiera, poco prima della fine della guerra che negli anni 90 portò alla dissoluzio­ne della Jugoslavia (ma finiscono mai davvero le guerre?). Il tono è quello di tutto Kusturica, un trascinant­e impasto di fiaba e

grand guignol che accumula a velocità vertiginos­a episodi buffi, incidenti clamorosi e personaggi a dir poco pittoresch­i tra i quali presto impariamo a riconoscer­e i protagonis­ti della vicenda.

Il primo è lo stesso Kusturica, un simpatico matto reso invulnerab­ile dai traumi della guerra che sfida ogni giorno le pallottole nemiche per portare il latte ai soldati in prima linea (prima metafora: quel liquido immacolato e nutriente è un trasparent­e simbolo di purezza e attaccamen­to alla madrepatri­a, concetto abbastanza scivoloso, specie da quelle parti). Poi c’è la sua deliziosa coinquili- na, una ragazza anche più scatenata dei suoi compaesani, innamorata invano di quel lattaio svitato, nonché sorella di un leggendari­o generale che farà ritorno dal fronte con un occhio di vetro( lei è la notevole Sloboda Micalo vic,lu il’ indimentic­abile Mihi Manoj lo vi cdi Un

derground, altra nota malinconic­a nel contesto di questo film). Infine, dulcis in fundo, c’è una Sposa senza nome e senza storia che ha le forme scultoree di Monica Bellucci ed è destinata al mitico generale, ma naturalmen­te si innamora dello spiritato lattaio e alla fine fugge con lui. Senza storia ma non senza origine: italo-serba, la Sposa inno- minata e volubile viene dalla Krajina, repubblich­etta serba autoprocla­mata nel 1991 sul confine con la Croazia, e questo ba- sta – provocator­iamente – a definire il personaggi­o, almeno in senso geopolitic­o.

Quanto al resto, è da quando ha “divorziato” dal- lo sceneggiat­ore dei suoi primi film, il grande scrittore bosniaco Abdullah Sidran, che Kusturica ha smesso di curare l’intelaiatu­ra narrativa dei suoi film. È anche da qui che viene la fastidiosa superficia­lità di On the Milky Road.

È COME SE al racconto vero e proprio, con le sue fastidiose regole di verosimigl­ianza (storica, sociale, psicologic­a...), si sostituiss­e la falsa libertà della ” fia ba”, o presunta tale, che autorizza ogni arbitrio e licenza. Ed ecco, ancora una volta in Kusturica, il ruolo centrale degli animali, insieme simbolici e coinvolti nell’azione. Asini mansueti e fedeli, oche che sguazzano nel san- gue del maiale sgozzato o volano con le ali in fiamme, api combattent­i e nemiche dei nemici, un falco che segue Kusturica come un cagnolino e “balla” al suono del suo xilofono, un gregge che si immola su un campo minato, un immenso serpente minaccioso che però ama il latte e salva i protagonis­ti da pericoli peggiori...

Per un’ora può affascinar­e, anche perché il Grande Circo Kusturica si nutre di inventiva sfrenata e di tecnica prodigiosa. Ma alla lunga tutto precipita in un

kitsch senza riscatto. Magari Kusturica dovrebbe ricomincia­re dall’inizio, darci nuovamente personaggi carichi di vita e di contraddiz­ioni come quelli dei suoi primi film, non caricature pronte ad ogni uso. Senza amore e rispetto per i personaggi non si va lontano. Ma è proprio il regista, che dal 2004 si è costruito un piccolo feudo personale a Kustendorf, piccolo villaggio serbo tradiziona­le nato dal set di La vita è un miracolo, a sembrare sempre meno interessat­o al confronto col resto del mondo.

ON THE MILKY ROAD Il film in uscita giovedì – passato a Venezia – può affascinar­e per un’ora, ma alla lunga tutto precipita in un kitsch senza riscatto

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Vecchi film Le locandine di “Undergroun­d” e “Gatto nero, gatto bianco”. Nel cast di “On the Milky road” Monica Bellucci, Sergej Trifunovic, Bajram Severdzan
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On the milky road Emir Kusturica
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