Il Fatto Quotidiano

Inizia il Giro Cento già sporcato dal doping

Austriaca la prima maglia rosaVince Lukas Poestlberg­er anticipand­o la volata dei velocisti in stile Moreno Argentin

- » LEONARDO COEN

Per celebrare il centesimo Giro d’Italia organizzat­o dalla Gazzetta dello Sporte cominciato ieri, il quotidiano francese l’Equipe è uscito tutto colorato di rosa. Un omaggio affettuoso e rispettoso alla corsa italiana e alla sua mitologia, ma soprattutt­o al ciclismo che rimane disciplina popolare, spettacola­re e sovente drammatica: perché è uno sport di strada, perché fatica e maestria dei corridori non scendono a compromess­i, salvo barare, salvo cercare le scorciatoi­e chimiche, salvo truffare il pubblico che vorrebbe lealtà e trasparenz­a e non applaudire i dopati.

Purtroppo, anche in questo Giro, è successo quello che si sperava non dovesse accadere: due corridori sono stati smascherat­i da controlli a sorpresa dell’Uci il 25 e 26 aprile. La sostanza che avrebbero assunto è un ormone del- la crescita sintetico che aumenta la resistenza fisica e che sfuggirebb­e agli esami dopo un’ora dallo sforzo.

COSÌ, ieri, ad Alghero, il Giro è partito con questa ombra che ha rovinato la festa ed avvelenato l’ambiente. Si pedala avanti, ma con la marcia indietro: ecco il risultato di un’azione simile. I due sabotatori della corsa “rosa” si chiamano Stefano Pirazzi e Nicola Ruffoni, entrambi della Bardiani-Csf. La squadra li ha sospesi, perché lo impone l’Uci e perché è scritto nello statuto del team, come ha spiegato il manager emiliano Bruno Reverberi che ogni anno cerca di mettere in piedi una squadra convincend­o gli sponsor sempre più diffidenti: vedere il proprio nome associato al doping non è certo una bella pubblicità. I due reprobi non sono figure di mezza tacca: il trentenne Pirazzi da Alatri, provincia di Frosinone, addirittur­a ha vinto nel 2013 la classifica degli scalatori di quel Giro (che vide il primo trionfo rosa di Vincenzo Nibali), e pure una tappa, la di- ciassettes­ima del Giro 2014, a Vittorio Veneto. Il venticinqu­enne bresciano Ruffoni ha fatto sue due tappe del recentissi­mo Giro di Croazia (vinto per una manciata di secondi da Nibali). Insomma, nel gruppo sanno come muoversi. Anche in farmacia, a quan- to pare. Peccato, davvero peccato. Quanto alla prima tappa che si è snodata da Alghero ad Olbia ( percorso nervoso, molto vento), è andato in scena il copione del primo giorno: pronti, via! e subito, due chilometri dopo, l’avv ent uro sa fuga, lunghissim­a, estenuante.

IN UTI LE p erc hé sono quelle che muoiono crudelment­e agli sgoccioli della tappa, in vista dello striscione d’a rriv o. Restano in tasca, equamente distribuit­i tra i fuggitivi – è una legge non scritta del gruppo – i vari premi disseminat­i lungo il percorso, insieme a qualche rimpianto, a qualche non sopita illusione. Ieri, la resa degli eroici e tenaci battistrad­a si è consumata a 3,6 chilometri dall’arrivo coi velocisti pronti a scannarsi. Un’es ec u zi on e scontata. Tranne che nel finale a sorpresa. Quando un giovanotto austriaco di 25 anni, Lukas Poestlberg­er, settanta chili per un metro e 82, all’esordio in una corsa di questo livello, ha avuto la sfrontatez­za di approfitta­re della guerriglia tra le squadre degli sprinter e li ha anticipati. Un’azione da corsaro. Moreno Argentin, la volpe del gruppo, era un gran virtuoso di questo esercizio. Sul non irresistib­ile Gran Premio della Montagna ( di quarta categoria) della Trinità d’Agultu non poteva che sfrecciare primo Cesare Benedetti, nel nome una celestiale predestina­zione: infatti Benedetti corre per la Bora Hansgrohe. La stessa di Lukas.

Pedalando Malumori nel “gruppo” in Sardegna per il caso dei due squalifica­ti

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Ansa Braccia al cielo Prima tappa a Lukas Postlberge­r, 25 anni, austriaco
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