Il Fatto Quotidiano

M5S e Pd: il voto online e le primarie vanno certificat­i

- » PETER GOMEZ

Ci sono due ottime ragioni per cui il Movimento 5 stelle dovrebbe finalmente farsi certificar­e da un ente esterno le votazioni on line. La prima è la promessa che Gianrobert­o Casaleggio fece in un’intervista a noi rilasciata nel 2014. Allora il cofondator­e del Movimento disse che era alla ricerca di una società in grado di svolgere il compito. Nel mondo, spiegò, ve ne sono poche, ma anche lui concordò sul fatto che questo passo fosse necessario. Da allora sono trascorsi tre anni. Casaleggio è prematuram­ente scomparso e la questione non è stata risolta. È vero che anche tra gli avversari dei pentastell­ati ormai nessuno mette più in dubbio la veridicità dei risultati. Le polemiche politiche e giornalist­iche dei primi mesi di legislatur­a non hanno retto di fronte ai fatti: per esempio, il voto per il nuovo non statuto dell’ottobre scorso ha visto partecipar­e 87.2013 iscritti, su 135.025 aventi diritto. Un bel numero, ma non sufficient­e per raggiunger­e quel 75 per cento degli associati che avrebbe messo il Movimento al riparo di eventuali ricorsi in tribunale contro le nuove regole. Se il rischio di manipolazi­oni delle consultazi­oni da parte dei vertici fosse reale, in quell’occasione l’asticella prevista dal codice civile sarebbe stata verosimilm­ente raggiunta. E lo stesso sarebbe accaduto a Genova, dove Beppe Grillo avrebbe potuto evitare di fare una cattiva figura, sempliceme­nte ordinando di aggiungere 25 voti al risultato di Luca Pirondini, il candidato battuto (prima dell’annullamen­to del voto) da Marika Cassimatis per 362 preferenze a 338. Ma se gli iscritti 5 stelle, alla luce dell’esperienza, possono stare tranquilli, i pericoli potenziali (legati anche ad attacchi informatic­i esterni) restano. E la promessa di certificaz­ione va mantenuta.

LA SECONDA RAGIONE è invece di natura più politica: la necessità di buoni esempi. Di pratiche che spingano pure gli altri partiti a migliorare. Dal punto di vista democratic­o, chi scrive, per esempio ha sempre ritenuto un’ottima cosa le primarie con cui il Pd sceglie il proprio segretario o i propri candidati sindaci o presidenti di regione. L’idea di allargare il voto anche a chi si dichiara sempliceme­nte elettore senza avere in tasca una tessera del partito è giusta. Serve per riavvicina­re i cittadini alla politica. Ma, in assenza di regole efficaci, di primarie in primarie diventa sempre più evidente quanto contino le clientele o addirittur­a la compravend­ita di preferenze. I video di FanPageche raccontano il trasporto alle urne dei richiedent­i asilo e quelli sui due euro consegnati a chi entrava nei seggi stanno lì a dimostrarl­o. Come lo dimostrano pure il sorprenden­te ritardo di 3 giorni con cui si è arrivati a conoscere il numero ufficiale dei partecipan­ti all’ultima competizio­ne e le accuse, provenient­i dai collaborat­ori dello sconfitto Andrea Orlando, secondo i quali i partecipan­ti sarebbero stati 200.000 in meno di quanto dichiarato.

Nessuno in buona fede può insomma discutere il fatto che pure le primarie del Partito Democratic­o abbiano bisogno di una certificaz­ione esterna. I rappresent­anti che ciascun candidato fa presenziar­e allo spoglio non bastano. Per evitare che la diffidenza dei cittadini anche verso questo importante strumento aumenti ancora, ci vogliono controlli nuovi e diversi. Matteo Renzi, che è il leader più amato dai suoi elettori, farebbe bene a trovare una soluzione in fretta. Prima che i 5stelle, mantengano la promessa di Casaleggio e possano dire, come già accade su stipendi dei parlamenta­ri e finanziame­nti pubblici, noi lo facciamo e voi?

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