Dietro il rogo e la nube nera garanzie ‘made in Romania’
L’impianto bruciato a Pomezia, nella capitale ancora fumo dopo 24 ore Per l’ultimo ok della Regione un perito processato e prescritto e una “dubbia” fideiussione straniera
L’odore penetrante della plastica bruciata ha cambiato direzione. I fumi partiti dall’incendio dell’impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali di Pomezia – conosciuto come “Eco X”, ma gestito dal 2014 dalla Eco servizi per l’ambiente – hanno superato il Raccordo anulare. Il Campidoglio ha consigliato gli abitanti della zona sud di Roma a chiudere le finestre “come rimedio contro gli odori”. I dati Arpa al momento non registrano superamenti dei livelli di sicurezza, ma i numeri sono parziali e provenienti dalle centraline in zona Eur Fermi e Cinecittà. Punti molto distanti da Pomezia. L’impatto è però evidente. Nell’outlet di Castel Romano, sulla via Pontina, a circa 8 chilometri in linea d’aria da Pomezia, ieri mattina non si respirava. Dopo l’apertura, rinviata di un paio d’ore, molti clienti e dipendenti giravano con la mascherina o coperti da sciarpe, due commesse sono andate al Pronto soccorso perché intossicate, la Cgil ha proclamato uno sciopero. L’allarme non è cessato.
Il vero nemico, però, è ancora invisibile. Sono le diossine derivate dalla combustione dei rifiuti speciali. Impalpabili, ma micidiali. Per capire fino in fondo occorrerà misurare quante particelle si sono accumulate nel terreno, contaminandolo. Le analisi richiedono dai tre ai quattro giorni.
LE FIAMME che hanno distrutto il centro di stoccaggio e trattamento di Pomezia aprono il vaso di Pandora del sistema di gestione dei rifiuti nel Lazio. La storia della società mostra tutti i punti critici di un sistema fragile. L’ultima autorizzazione dell’impianto è stata rilasciata dalla Regione Lazio nel 2010, con le prescrizioni firmate da Luca Fegatelli, funzionario che verrà poi arrestato dai carabinieri del Noe per associazione a delinquere nell’inchiesta sul cosiddetto “re delle discariche”, Manlio Cerroni, ed è oggi imputato a Roma. Nell’ottobre del 2014 la società Eco X ottiene la voltura delle autorizzazioni, dopo aver affittato l’attività alla Eco servizi per l’ambiente. In merito alla fideiussione, necessaria a garanzia della successiva bonifica del sito, la dirigente del settore “prende atto (…) della appendice di rettifica alla Polizza Fideiussoria della City Insurance in costanza della somma garantita pari a 725.000,00”. La società di assicurazione City Insurance, con sede in Romania, fin dal 2 luglio del 2012 era stata segnalata dalla Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, per una mancata solidità finanziaria: non poteva operare in Italia, quella fideiussione era perlomeno problematica. Nonostante il warning per gli uffici regionali le carte erano a posto: “La polizza di cui si parla venne accettata nel 2010, la determina riguarda solo una semplice voltura, la società romena poteva operare in quel momento perché non ancora fallita”, fanno sapere dalla Regione Lazio. “La società romena, in queste settimane, è stata ricapitalizzata dalla Isvass romena, quindi il ‘problema’ sollevato è già superato”. In realtà fino a ieri risultava ancora vigente il “divieto di assunzione di nuovi affari”. Secondo quanto comunicato dall’autorità romena lo scorso 11 aprile la società continua rimanere in una situazione difficile, tanto da sanzionare l’ammi nistratore delegato, rimuovendolo dal suo ruolo. Una situazione sull’orlo del fallimento, con una garanzia presentata alla Regione Lazio che rischia di diventare carta straccia.
Nello stesso documento del 2014 viene allegata una perizia giurata sullo stato dell’i mpianto firmata dall’ingegnere Giuseppe Fabiani. Il nome è molto noto nell’ambiente: da diversi anni è amministratore unico della Pellini Srl, società di Acerra (Napoli) con parte delle azioni sequestrate lo scorso febbraio dal Tribunale di Napoli. Una relazione professionale che era costata anche un processo al tecnico, finito in primo grado nel 2013 con la dichiarazione di prescrizione dei reati di associazione per delinquere e falso. Ulteriore elemento, questo, che forse avrebbe dovuto far scattare il campanello di allarme.
MENTRE LA REGIONE Lazio approvava le carte, i cittadini di Pomezia guardavano con preoccupazione crescere la montagna di rifiuti. Lo scorso novembre un comitato della zona ha scritto al sindaco M5s Fabio Fucci, chiedendo un intervento urgente. Dopo qualche giorno la polizia locale di Pomezia ha trasmesso la denuncia al Noe del Lazio e alla Asl, chiedendo di effettuare un sopralluogo congiunto. “Una richiesta irrituale – commenta la Regione Lazio – in quanto non contenente elementi certi di gestione del sopralluogo”. In altre parole non era stata fissata nessuna data per la visita agli impianti. Quattro mesi dopo l’incendio è scoppiato davvero e una nube nera si aggira a sud della Capitale.
Rischio diossina
Due commesse intossicate: sciopero all’outlet. Scaricabarile sulla prevenzione