Ucraina, il fotografo ucciso: “Fu omicidio, la guerra non c’entra”
Nel 2014 Rocchelli muore colpito da un obice. La Procura di Pavia riapre le indagini
Professione cronista, fotografo in zona di guerra, aria cattiva da respirare, contatti da prendere, fidarsi mai. Andrea Rocchelli inviato a Est. Cecenia, poi Ucraina: 2014. Ingerenze russe, il voto falsato a Donestk, le accuse di Kiev, campagna Nato. Poi la guerra. Rocchelli vola, corre. Non ha servizi segreti da informare. Fa solo il cronista. Rocchelli che il 24 maggio a Donestk viene ucciso durante un vero agguato, premeditato, calcolato, il fuoco su di lui mirato. Tempo del fuoco: oltre mezz'ora, colpi di mortaio, circa 60, e prima ancora spari di kalashnikov, e dopo, quell’obice dentro al buco dove si è rifugiato. Muore anche Andrei Mironov, interprete, dissidente. Lui, forse, è l'obiettivo. Ma muore anche Andy. Subito tante voci, sospetti. E un'unica certezza: in quel momento niente conflitto. Kiev e filorussi se le danno altrove. Non lì a Sloviansk. Nessuna possibile ipotesi di danni collaterali. Solo un unico scenario: omicidio volontario. Il fuoco assassino potrebbe essere quello ucraino? Tre anni dopo, questa è l'ipotesi.
NUOVA INCHIESTA a Pavia. Iniziata pochi mesi fa. Finita a un pm giovane, Andrea Zanoncelli. Il fascicolo doveva essere archiviato. Ma lui ci crede. È già il 2016. Due anni prima, Andy viene ammazzato. Il 24. Due giorni dopo l'autopsia. Il fascicolo arriva a Roma. La procura della Capitale però se ne libera. Non è terrorismo. Si procede per competenza di territorio. Pavia. Lomellina. Lombardia. Andy ci nasce nel 1983. Nella passione della professione ci casca presto. S'innamora, anche, fa un figlio, ma l'ansia della notizia lo porta altrove. Sulla morte il governo ucraino insabbia. Il pm Zanoncelli chiede aiuto al Ros di Milano. L'inchiesta oggi è coordinata dal procuratore aggiunto Mario Venditti. L'accelerazione è evidente, nonostante il fascicolo resti ancora a carico di ignoti. Due gli elementi da riferire se pur nel riserbo di un'indagine delicatissima. Andy e Andrei Mironov furono uccisi intenzionalmente. “Fu un crimine di guerra, un omicidio vol onta rio”, ragiona una fonte qualificata.
Gli investigatori ricostruiscono gli attimi fatali del 24 maggio. Andy e Mironov sono in compagnia del fotoreporter francese William Roguelon. Lui si salverà. A Sloviansk arrivano a bordo di un taxi “al fine – recita l'annotazione - di documentare l'accaduto e le violenze che si trovava a subire la popolazione civile”. Davanti a loro c'è un vagone ferroviario crivellato di colpi. I tre si avvicinano. Vogliono scattare fotografie. “I giornalisti – annota chi indaga – venivano fatti oggetto in un primo momento di colpi di arma da fuoco”. Presumibil- mente kalashnikov. Da qui la fuga. A seguire “esplosioni di colpi di mortaio”. I reporter si rifugiano nel vallone, una buca. Ma anche in questa trincea naturale “vengono raggiunti da una tempesta di fuoco”. Andy e Andrei saranno uccisi. Il collega francese scappa “per il tramite di un cittadino del luogo”. La ricostruzione svela la probabile provenienza del fuoco omicida. “Pr e s u m i b i lmente – ragiona una fonte dell'intelligence italiana – si tratta di fuoco ucraino e non filorusso”. Lo scenario così potrebbe cambiare. L'omissis su questo è però al momento rigoroso.
Messi in ordine i fotogrammi di quel 24 maggio, il lavoro è ricomporre il puzzle. Cosa resta attorno alla scena? Fotografie, chat, hard disk pieni di file, comunicazioni telematiche. Molto di noto, ma mai repertato in modo scientifico. Si procede. I nomi dei killer di Andy sono lì a un tocco. La pro- cura prepara una richiesta di rogatoria internazionale con l'Ucraina. Ora più robusta delle precedenti, già senza risultati. Perché l'Ucraina non risponde.
Si corre, perché il tempo è poco. Il Ros due settimane fa interroga William Roguelon. Verbale secretato. Per desumere il contenuto basta leggere la Stampa del 26 maggio 2014. Allora Roguelon spiegò che arrivati sul posto contò dai 40 ai 60 colpi di mortaio. Ebbe la netta sensazione che i cecchini aggiustarono il tiro contro di loro. Un obice esplose nella buca.
SECONDO QUANTOriferito
ieri dall’Ansa, poi, i carabinieri del Ros di Ancona indagano sui contatti avuti nelle Marche da un presunto trafficante d’armi di Ascoli Piceno, detenuto da un anno in un carcere della Libia (c’è una richiesta di estradizione), con emissari russi. E gli investigatori avrebbero individuato in quella zona collegamenti fra questa inchiesta e quella su Rocchelli. Ma gli inquirenti lombardi smentiscono ogni nesso tra le due vicende.
L’obiettivo Il sospetto è che i colpi siano arrivati da gruppi di fuoco ucraini e non dai filorussi