“Rouhani sta sfidando la Guida Suprema”
Il politologo e le presidenziali iraniane tra riformisti e conservatori fedeli all’ayatollah Khamenei
Nicola
Pedde è direttore d el l ’ Institute of Global Studies di Roma ed esperto di Iran.
Perché le elezioni di oggi sono importanti?
Perché è necessario consolidare il programma politico ed economico del presidente Hassan Rouhani, nell’i nteresse dell’Iran ma anche di quello della comunità internazionale. Un Iran che cresce economicamente e che vede la propria economia produrre risultati utili in termini di occupazione e stabilità sociale, sarà un Paese sempre più propenso a interagire in modo costruttivo con la comunità internazionale, a mitigare le tensioni e a cercare soluzioni alle tante crisi regionali.
Il suo giudizio sui 5 anni di Rouhani? Complessivamente molto positivo, sia per la politica in- terna che internazionale: è riuscito a portare a casa un accordo con la comunità internazionale, facendo concessioni sul programma nucleare. Anche perché rappresentava un enorme costo, sia monetario che politico, per Teheran.
Eppure si critica la lentezza della crescita economica… È la maggior fonte di scontento: la disoccupazione com- plessiva resta molto alta (il 13% circa) e quella giovanile quasi il triplo. Però dal 2013 a oggi, l’inflazione è passata dal 40% ora al 7,5%, il Pil da -6% a +7,2%. Gli investimenti esteri hanno toccato i 19 miliardi di dollari e il commercio del petrolio più che raddoppiato. Rouhani può essere definito un riformatore nel senso occidentale del termine? Ovviamente no. È piuttosto un “pragmatico modernista”, che porta avanti alcuni temi del riformismo di Rafsanjani, pur non aderendovi completamente: è sostenitore dell’apertura sul piano economico ma mantiene una certa rigidità su quello sociale.
Si vota per eleggere il presidente. Chi detiene veramente il potere nella Repubblica islamica ?
Nei primi 10 anni dopo la rivoluzione del 1979, l’ayatollah Khomeini aveva un fortissimo ruolo guida. Alla sua morte, non si è trovati un erede di pari autorevolezza e oggi Alì Khamenei è una figura molto meno potente, un moderatore di potere di un insieme di interessi eterogenei e conflittuali. Sarà pure il decisore ultimo, ma se si schierasse contro una maggioranza politica, non verrebbe riconfermato nel proprio ruolo. Basti considerare che Khamenei, pur non avendo mai approvato la politica di Rouhani, soprattutto sul versante internazionale, ha sempre rispettato il mandato politico del leader scelto dalla maggioranza dei cittadini.
Il maggior successo rivendicato da Rouhani è l’accordo sul nucleare del 2015. Trump ha cambiato radicalmente posizione rispetto a quando in campagna elettorale proclamava di voler fare a pezzi il peggior accordo della storia Usa. Invece, nei primi centro giorni ha riconfermato lo stop alle sanzioni, come previsto dal suo predecessore Obama.
Chi sono i contrari all’accordo?
In Iran sono contrari solo gli ultra-conservatori e quei poteri economici nazionali che si sono arricchiti con il protezionismo. Fuori dall’Iran, gli oppositori si chiamano Israele e Arabia Saudita.