“Loveless”, il cuore perduto della Russia neoliberista
USVETLANA ALEKSIEVICH È VIVA Era un fake creato dal giornalista Tommaso Debenedetti e non l’account twitter della neo-ministra della Cultura francese Francoise Nyssen che annunciava la morte di Svetlana Aleksievich. La scrittrice Premio Nobel è viva na coppia che divorzia, un ragazzino che sparisce, un paese che si sgretola, una terra carica di storia che sembra aver perso non solo la sua identità e la sua anima, ma ogni possibile sogno di grandezza. Benvenuti nell’inferno di Loveless (Senza amore), diretto dal grande Andrey Zvyagintsev di Il ritorno e di Leviathan, un nipotino di Bergman e di Antonioni che ci prende alla gola dalle prime scene e non ci lascia più. Passando ai raggi X la tragedia di una coppia per alludere alla catastrofe di un impero. La Russia di Putin, che peraltro qui somiglia come un doppio diabolico agli Usa più opulenti e svuotati.
IL PRIMO FILM in concorso di questa 70ma Cannes vola alto, senza paura di scomodare i massimi sistemi. Immaginate un thriller americano girato da Tarkovskij, che inizia a capodanno 2012 (profezie Maya comprese) e finisce con la guerra in Ucraina. Un film dalla drammaturgia implacabile, popolato di attori grandiosi e personaggi meschini, in cui tutto è metafora e insieme spietato referto di un corpo in decomposizione. La casa in vendita dei due divorziandi, ogni battuta una rasoiata; quel figlio di 12 anni che sparisce perché non ne può più di sentirsi rimpallare tra padre e madre, entrambi incapaci di occuparsi di lui; i due poliziotti che iniziano a indagare, ma solo per consigliare ai genitori di rivolgersi a un gruppo di efficientissimi volontari su Internet, esperti in questo genere di casi. E poi tutto quello che ver- rà rivelato dalla lunga, inutile, straziante ricerca del piccolo fuggiasco. Edifici fatiscenti, traffico d’organi, materialismo quattrinaio, culto del corpo e della bellezza, separazione sempre più radicale fra cittadini e Potere. Nessuno ci aveva ancora mostrato con tanta forza il cuore nero della Russia neoliberista (e neo integralista), dai due lati. Sul lato A ci sono gli uffici ormai identici a quelli di qualsiasi grande città occidentale, i computer, gli open space, i cellulari onnipresenti, le aziende sempre più invadenti (il padre teme che il capo, integralista ortodosso, lo licenzi se scopre che sta divorziando), la dilagante mancanza di memoria. Sul lato B, quello più intimo, le ferite di un altro crollo mai metabolizzato, quello dell’Urss, che continua a circolare come un fantasma tra le pieghe del racconto.
Ed ecco l’edificio in rovina nascosto tra i boschi che faceva da rifugio segreto al piccolo fuggiasco e al suo migliore amico, una specie di “Zona” tarkovskiana di sovietica memoria, ancora viva e pulsante come una maledizione. Ecco la nonna del piccolo fuggiasco, relitto di un’altra epoca, guardiana di una tradizione ormai
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