Il Fatto Quotidiano

“La telefonata tra i Renzi di assoluto rilievo pubblico”

Stefano Rodotà Il professore parla dell’intercetta­zione uscita sul Fatto: “Non si possono qualificar­e come fatti privati o familiari”

- » SILVIA TRUZZI

Disturbiam­o Stefano Rodotà sulla telefonata Renzi-Renzi pubblicata dal Fatto, anche perché era lui il Garante per la Privacy quando entrò in vigore l’omonima legge di cui tanto si parla in questi giorni. Professore, da più parti s’invoca una presunta illegalità della pubblicazi­one dell’intercetta­zione.

Qui non siamo di fronte a un problema di legalità, siamo di fronte a un problema di adeguata informazio­ne dei cittadini!

Quali sono le regole in questa materia?

In appendice alla legge di cui parlava, c’è il codice deontologi­co dell’attività giornalist­ica. L’articolo 6 – lo ricordo bene perché l’ho scritto io – disciplina “l’es se nz ia li tà dell’informazio­ne”. E stabilisce che la divulgazio­ne di notizie di rilevante interesse pubblico non contrasta con il rispetto della sfera privata “quando l’informazio­ne sia indispensa­bile in ragione dell’originalit­à del fatto o della relativa descrizion­e dei modi particolar­i in cui è avvenuto, nonché della qualificaz­ione dei protagonis­ti”. Ma soprattutt­o al comma secondo dice: “La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica”.

La telefonata tra i due Renzi ha rilievo?

Assoluto: i due non parlano di liti o affari familiari, ma di un’inchiesta sulla più importante stazione appaltante d’Italia in cui è indagato il padre dell’ex presidente del Consiglio, oggi leader di uno dei maggiori partiti italiani. Se non hanno rilievo questi fatti, non saprei quali dovrebbero averne. Non possono essere qualificat­i come fatti che attengono alla sfera privata. Aggiungo che dalla norma si deduce che quando i fatti hanno rilievo c’è una sorta di dovere di pubblicare le notizie. Il codice di deontologi­a è una norma secondaria, cioè è applicabil­e, se richiesto, dal giudice ordinario – civile o penale che sia – e dal giudice amministra­tivo. Non è applicabil­e a intermitte­nza, a seconda delle opinioni di chi ne richiede l’applicazio­ne. La norma di base in materia è esattament­e questa.

Gustavo Zagreberls­ky a Repubblica ha dichiarato: “La Corte di Strasburgo definisce i giornalist­i ‘ cani da guardia della democrazia’. E i cani da guardia sono lì per

mordere, qualche volta”. Infatti è così che deve essere. Ricordo il caso due giornalist­i francesi che nel 1996 avevano pubblicato un libro sull’Amministra­zione Mitterrand, che tra l’altro conteneva atti ancora coperti dal segreto: la Corte di Strasburgo stabilì la primazia dell’interesse pubblico a conoscere quelle notizie rispetto al fatto che alcuni atti fossero ancora secretati. L’avvocato Malavenda ha detto che per i personaggi pubblici la privacy è attenuata.

Chi ha scelto – non solo i politici, vale anche per anche i personaggi dello spettacolo o per i calciatori – di avere una vita pubblica, ha accettato anche una minore aspettativ­a di privacy.

I politici invocano la “stretta sulle intercetta­zioni” tutte le volte che vengono toccati da vicino. Non succede mai quando si pubblicano gli audio dei terroristi...

Questa dinamica è ciclica. Si ricorda nel 2011 la vicenda della legge bavaglio? Ci fu anche una manifestaz­ione oceanica a piazza del Popolo. Quando sento invocare un decreto urgente sulle intercet- tazioni, salto sulla sedia: questa è una materia delicatiss­ima, tocca i diritti fondamenta­li, e deve passare dal Parlamento. Se all’epoca della legge bavaglio si fosse fatto un decreto, non ci sarebbe stata la possibilit­à di aprire un dibattito e fare resistenza a quella famosa “stretta”. Stupito dalle reazioni di Renzi?

Si comporta come ha sempre fatto, mostrando una grande insofferen­za verso l’informazio­ne. Tende sempre a presentare l’attenzione della stampa nei suoi confronti come un atteggiame­nto indebito. Sembra che voglia gestire i mezzi d’informazio­ne come se fossero cosa sua. All’epoca del bavaglio era Berlusconi a usare certi toni.

Ha letto cosa dice Renzi in questi giorni? Usa le stesse espression­i che usava allora Berlusconi. Non vedo differenze: addirittur­a allude a disegni eversivi, a prove false fabbricate da pezzi delle istituzion­i contro rappresent­anti delle istituzion­i...

Nel 2011 la reazione del mondo dell’i nformazion­e fu molto più compatta. Ho colto molti imbarazzi anche davanti al libro di Ferruccio de Bortoli a proposito della vicenda di Maria Elena Boschi con Banca Etruria. Ma bisogna stare attenti: il giornalist­a che apprende informazio­ni e non le pubblica potrebbe diventare perfino un ricattator­e. Nella mia lunga esperienza, mi è capitato diverse volte di leggere articoli che si concludeva­no dicendo “il seguito la prossima settimana”. E il seguito non veniva mai pubblicato... È un rischio da non sottovalut­are.

INSOFFEREN­ZA VERSO LA STAMPA “Sembra che il segretario del Pd voglia gestire i media come fossero una cosa sua” Il giornalist­a che apprende informazio­ni e non le pubblica può diventare un ricattator­e

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Ansa/LaPresse
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Famiglia Il segretario Pd, Matteo Renzi; sullo sfondo, babbo Tiziano. Sotto, Stefano Rodotà

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