Il Fatto Quotidiano

Onore a Lavia: nessuno sa chi sia, ma è dappertutt­o

- » ANDREA SCANZI

Nella colpevole indifferen­za generale, un uomo lotta per noi contro le ingiustizi­e. Si chiama Lavia, Mario Lavia. A prima vista potrebbe venirvi voglia di pronunciar­e il cognome con l’accento sulla prima “a”, magari immaginand­olo parente del grande regista teatrale

Gabriele. Non è così: l’accento va sulla “i”, a conferma di come l’uomo in questione tenda sin dal l’anagrafe a sbagliare tutto. Il cognome diviene quindi una sorta di “La via”: della conoscenza, della saggezza, dell’illuminazi­one. Potrebbe poi venirvi l’ulteriore desiderio – ancor più se nascondete perversion­i stranissim­e – di cercare qualche sua notizia. Verosimilm­ente su Wikipedia. Spiacenti: Wikipedia è grillina e, in virtù di ciò, ha negato a Lavia il diritto di una voce su Wikipedia, che ormai non si nega a nessuno. Nemmeno al primo Nardella che passa. È però possibile che Lavia non sia su Wikipedia poiché non esistente in natura, assurgendo dunque a mera essenza: a idea, a concetto, a topos. Più che un uomo, un’ipotesi di vita. In questo caso, laddove non esistente ma solo immaginato, il primo a guadagnarc­i sarebbe Lavia stesso, perché le uniche notizie che si trovano su di lui riguardano l’abbattimen­to efferato – di cui si sarebbe reso protagonis­ta – di testate imprecisat­e come Europa oppure un tempo nobilissim­e come L’Unità . Più che un giornalist­a, un cecchino. Anzitutto di se stesso.

PER VIE MISTERIOSE, La Via è spesso in tivù. Si direbbe che sia al soldo di Di Maio e Di Battista, perché nessuno come lui fa propaganda grillina. Nemmeno questo giornale, come noto (e come asserisce La Via) house organ di Grillo & Casaleggio. Una settimana fa La Via era a DiMartedì. Giovanni Floris, che quando vuole è più sadico del marchese De Sade, lo ha introdotto come “giornalist­a dell’Unità tivù”, che è un po’ come invitare un cronista alla Domenica Sportivae presentarl­o come “firma della Polisporti­va Fracazzo di Trastulla Moscia”. Non solo: Floris lo ha messo contro Travaglio e Davigo. Lasciando stare il primo, che in quanto direttore di questo giornale empissimo ha torto a prescinder­e, mettere Lavia contro Davigo è come schierare Pupo contro Jimi Hendrix. Infatti è stato un massacro. Sangue ovunque nel selciato. Una mattanza. Di cui, beninteso, La Via neanche si è accorto. Non sapendo mai nulla di nulla, ha sempre l’aria di uno che non si accorge mai delle castroneri­e che regala. E questo, oggi, aiuta. Le caratteris­tiche di La Via sono tre. La prima è quella di non avere caratteris­tiche. La seconda è quella di sudare sempre copiosamen­te. Per carità, ognuno ha le ghiandole che si merita, e tutti noi se fossimo nati ghiandola sudoripara di La Via saremmo incazzati da mane a sera e per questo come minimo iper-produttivi, ma andare ogni volta in tivù come Zidane a fine partita fa un po’ senso alla vista. La terza caratteris­tica di La Via è la sua capacità camaleonti­ca di imitare alcuni dei più grandi esponenti politici della Seconda Repubblica. La Via, in particolar­e, ha un debole per Ghedini e Biancofior­e. Ne ha così creato un mix, che predica non più il Culto di Silvio ma il Vangelo di Matteo. Nonché il Santissimo Verbo di Maria Elena. In questa sua veste di imitatore, La Via eccelle. È davvero straripant­e. In taluni casi ricorda persino Bondi. O addirittur­a Capezzone. Certo, ne è derivazion­e e quindi versione fatalmente minore, ma la sua opera è comunque meritoria per zelo, impegno e abnegazion­e. Sia dunque lode: egli è La Via.

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