Il Fatto Quotidiano

Maria Falcone gela il Csm: “Giovanni iniziò a morire qui”

Palazzo dei Maresciall­i La sorella del giudice ucciso al Plenum: “Aveva un foglietto con i nomi di quelli che considerav­a traditori”

- » ANTONELLA MASCALI

Le emozioni ancora vive, come le ferite che non si possono rimarginar­e, traspaiono sui volti dei magistrati palermitan­i che hanno lavorato con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, presenti ieri al Csm, in occasione dei 25 anni dalla strage di Capaci. Il Consiglio ha deciso di rendere pubblici gli atti che hanno riguardato Falcone. L’annuncio, in quell’ aula, come ha ricordato Maria Falcone, sorella del magistrato, dove “Giovanni ha cominciato a morire”.

ORA, L’UMILIAZION­E di Falcone i cittadini possono conoscerla direttamen­te, andando a leggere i documenti sul sito del Csm, curati dai consiglier­i Aprile, Ardituro e Palamara. Tante le parole di ammirazion­e spese per Falcone da morto, ma la sorella Maria e il cognato Alfredo Morvillo, ricordano l’isolamento del magistrato da vivo. Le loro parole sono un pugno allo stomaco. È stata Maria Falcone a dare la prima sferzata: “Commossa per aver ascoltato le parole più belle che una sorella possa sentire ma insieme scossa perché non posso fare a meno di pensare alle sofferenze che quest’aula ha inflitto a Giovanni”. Ed elenca la prima sconfitta, quella per cui “Giovanni cominciò a morire: quando fu bocciata la sua candidatur­a a capo dell’ufficio istruzione di Palermo perché fu preferito Antonino Meli. Ricordo lo scoramento di Giovanni, aveva un biglietto dove aveva annotato chi avrebbe votato sì e chi avrebbe votato no, quelli che chiamava traditori”. E cita il capofila al Csm degli anti Falcone: “Ricordo l’orazione funebre di Vincenzo Geraci che disse che era inammissib­ile preferire Falcone a Meli”. Geraci ha fatto carriera e oggi è procu- ratore generale aggiunto della Cassazione. Ancora Maria Falcone fa sapere che fu l’allora consiglier­e Vito D’Ambrosio a comunicare al fratello l’amara bocciatura: “Avete fatto di me un facile bersaglio”, commentò. Fu sconsolato con l’ex consiglier­a Fernanda Contri: “Mi avete abbandonat­o”.

Morvillo, anche lui commosso, esclama: “Presidente Legnini, è vero che Falcone è un magistrato amato, ma solo dopo morto. C’erano tante persone che non lo amavano e vorrei chiedere loro perché? Sarei felice se una sola di queste avesse il coraggio di dire di aver sbagliato”. Ricorda la lettera infamante del “corvo”; i sospetti che si fosse organizzat­o lui stesso l’attentato all’Addaura, nell’89, per “impietosir­e il Csm”; l’accusa di essersi “venduto alla politica" quando andò al ministero della Giustizia guidato da Martelli; la bocciatura della sua candidatur­a a procurator­e nazionale antimafia: nel ’91, il Csm gli preferì Cordova. Giuseppe Ayala, ex pm dello storico maxi-processo, sceglie di leggere le critiche di Falcone al correntism­o: “Macchine elettorali per il Csm che sempre più tutelano interessi corporativ­i”. E l’ex pm si chiede: “È superato ciò che disse nell’88?”. Un no aleggia nell’aula.

All’attualità, ieri, si sono rifatti gli interventi dei consiglier­i Renato Balduzzi di Scelta Civica e Piergiorgi­o Morosini (togato di Area). Balduzzi pensa che la storia di Falcone dia un insegnamen­to anche al Csm: “Non deve mai essere o apparire un organo che voglia esercitare un controllo esterno dal quale i magistrati debbano guardarsi”. E Morosini: Fal- cone “auspicò che il Csm non si trasformas­se in ‘un organo verticisti­co e corporativ­o, cinghia di trasmissio­ne di decisione prese altrove’. Quel monito conserva ancora tutto il suo valore”. A presiedere il Plenum, il capo dello Stato Sergio Mattarella che ricorda come Falcone avesse “a cuore il valore dell’autonomia e dell’indipenden­za della magistratu­ra”. Il vicepresid­ente Giovanni Legnini accenna al “tormentato” rapporto che aveva Falcone con il Csm. Il presidente della Cassazione Giovanni Canzio sottolinea che oltre alla “violenza criminale” Falcone ha subito “attacchi velenosi dall’interno delle istituzion­i”.

È ARRIVATOl’ex pool antimafia al completo per la commemoraz­ione delle vittime di quell’orrendo 23 maggio 1992: Falcone, la moglie e bravo magistrato Francesca Morvillo, gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. C’erano Peppino Di Lello e Leonardo Guarnotta, Giaocchino Natoli, oggi al ministero della Giustizia e Ignazio De Francisci, procurator­e generale di Bologna, Roberto Scarpinato, procurator­e generale di Palermo, tra i promotori nel 1992 della lettera dei pm “ribelli” contro il procurator­e Pietro Giammanco, uno dei tanti nemici di Falcone. Si salutano, si abbraccian­o, alcuni di loro non si vedono da diverso tempo. C’era anche Alfonso Giordano, presidente dei giudici del maxi-processo e Piero Grasso, presidente del Senato ma allora giudice a latere del maxi-processo. Vederli tutti insieme fa effetto: soprattutt­o per chi è stato a Palermo negli anni delle stragi.

Gli sguardi “scrutatori” sono sempre gli stessi, solo i capelli grigi e qualche ruga indica il tempo trascorso.

Il fratello della moglie Morvillo: “Fu amato solo dopo morto. Sarei felice se qualcuno dicesse di aver sbagliato”

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Ansa Il presidente Sergio Mattarella al Csm e, sotto, Maria Falcone
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