Il Fatto Quotidiano

Palermo torna indietro: freddato un boss in strada

L’agguato Esecuzione in pieno centro storico per l’ergastolan­o Dainotti, libero da due anni grazie alla conversion­e della pena

- » GIUSEPPE LO BIANCO

Alla

vigilia del 25° anniversar­io della strage di Capaci, Cosa Nostra torna a uccidere nel cuore del centro storico di Palermo eliminando un boss ergastolan­o, Giuseppe Dainotti, 67 anni, scarcerato due anni fa con un omicidio “dal valore simbolico che può avere vari significat­i’’, come dice il procurator­e Lo Voi.

IL DELITTO dell’esponente di spicco del mandamento di Porta Nuova, ex braccio destro del boss poi pentito (e adesso morto) Salvatore Cancemi, custode dei segreti più scottanti dell’organizzaz­ione mafiosa, richiama le parole pronunciat­e qualche giorno dal questore Renato Cortese, preoccupat­o dalle recenti scarcerazi­oni di boss tornati per le strade di Palermo a riprendere in mano i bastoni del comando: “Oggi la mafia va alla ricerca di leadership – aveva detto Cortese a un convegno – c’è sempre il timore che trovando una testa pensante in grado di concentrar­e le varie anime Cosa Nostra possa ritornare a essere pericolosa come prima’’. E Dainotti era un boss di spessore, con numerosi omicidi e 25 anni di carcere sulle spalle.

Era tornato libero dopo un ergastolo trasformat­o in 30 anni dalla legge Carotti, che per un breve periodo aprì le porte del carcere ad alcuni ergastolan­i, prima che la Corte costituzio­nale la giudicasse non conforme alla Costituzio­ne.

IERI MATTINA, poco prima delle otto, stava andando a lavorare nel bar che gestisce poco lontano, in corso Alberto Amedeo, quando due killer presumibil­mente in moto gli hanno sparato alla nuca senza lasciargli scampo. Dainotti pedalava sulla sua bicicletta e probabilme­nte non si è accorto di nulla. Il delitto non ha avuto testimoni, solo una donna affacciata al balcone ha detto di avere udito due colpi di pistola. Una vera e propria e- secuzione mafiosa per un boss considerat­o un traditore cui Cosa Nostra l’aveva giurata fin dal 2014, quando dalle intercetta­zioni si scoprì che a vo- lerlo morto era il boss Giovanni Di Giacomo, che lo aveva soprannomi­nato “Gano di Mago nza ’’ ed era preoccupat­o che la scarcerazi­one gli restituiss­e il ruolo di prestigio al vertice della cosca: “... sarebbe per e… una sconfitta di vita… se questo ora s’a ss ie tt a. .. (si siede, ndr) – diceva al fratello Giuseppe – Però siccome ha il carbone bagnato ora dobbiamo vedere di farlo subito… oppure farlo scomparire… hai capito come?… appena questo esce… ha le corna malate… parenti non parenti…”.

A morire poco dopo però fu Giuseppe Di Giacomo, all’inizio di una faida per la ristruttur­azione e il controllo di Cosa Nostra palermitan­a sventata da un’operazione dei carabinier­i alla fine del 2011 con decine di arresti. Coinvolto nell’uccisione del capitano Mario D’Aleo e altri due carabinier­i a Palermo, nell’83, nel ’91 Dainotti partecipò anche alla maxi- rapina al Monte dei Pegni di Palermo: in quel l’occas ione Cosa Nostra ricavò dalla fusione dei gioielli rubati lingotti d’oro per 18 miliardi di lire, poi recuperati dalla polizia.

L’allarme

Il questore Cortese sulle ultime scarcerazi­oni: “Cosa Nostra cerca leader”

 ?? LaPresse ?? Sul luogo del delitto
LaPresse Sul luogo del delitto

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