Il Fatto Quotidiano

“Agli editori non serve un altro imperatore”

Il Salone e il futuro dell’Aie

- » STEFANO CASELLI Torino

LA SFIDA CON MILANO “Non basta essere la città dei ‘grandi’ per azzerare una storia trentennal­e C’è bisogno di allearsi con librai e bibliotech­e”

“Torino ha beneficiat­o dell’effetto Juventus”. Giuseppe Laterza, presidente della storica casa editrice barese e romana, usa una metafora calcistica per commentare il successo del Salone del Libro. Ma il fatto che i bianconeri abbiano conquistat­o il sesto scudetto consecutiv­o nel giorno di maggior affluenza al Lingotto non c’entra.

Laterza, che significa?

Che il tema “derby” è stato quello di queste giornate. Torino è stata un successo perché l’affetto per questo Salone è scattato in tutta Italia, non solo sotto la Mole. AMilano non se ne sono resi conto. Non basta essere la città sede della maggior parte dell’editoria per pretendere di azzerare una storia trentennal­e. Quella che era una posizione di forza – e che tale rimane – ha innescato l’effetto contrario, il tifo contro: l’effetto Juventus, la più forte e tifata ma anche la più detestata.

Il campionato però non è che all’inizio...

Torino esiste da 30 anni, ha avuto alti e bassi, negli ultimi anni più bassi che alti. Quest’anno ha realizzato una delle migliori edizioni di sempre grazie anche a un ottimo direttore come Nicola Lagioia. Credo che quello di Torino debba rimanere il grande Salone unico italiano. Ciò non toglie che ci possa essere spazio per forme nuove di promozione alla lettura. Penso ad esempio un Salone dell’innovazion­e editoriale, che tra internet, ebook e streaming sta cambiando davvero la fruizione dei libri. Invitare i migliori pensatori ed editori del mondo e chieder loro: “Che fate? Cosa sperimenta­te?”. Sarebbe perfetto per Milano. Un certo grado di competizio­ne tra città può essere una ricchezza, a patto che ci sia un coordiname­nto comune, non necessaria­mente una gestione unica. È necessaria un’intesa, un coordiname­nto.

È quello che l’Aie, l’Associazio­ne editori, non ha fatto? C’è stata una fuga in avanti, frutto di una mentalità sbagliata. Che a Milano è diffusa e speculare a quella romana: a Roma tutto è politica, a Milano la politica è sempre un male. L’Aie avrebbe dovuto trattare una presenza con il Salone, magari dopo averne de- nunciato le carenze, ma prima di prendere accordi con la Fiera di Milano. I torinesi sarebbero stati disponibil­i a dare all’Aie un ruolo molto più rilevante. Ma il problema fondamenta­le è un altro.

Quale? La promozione della lettura. In questi anni l’Aie si è comportata come se fosse una sua esclusiva, ma così non è. Serve un’associazio­ne tra editori e librai, magari sul modello tedesco. In Italia ci sono tre grandi aziende (Mondadori, Feltrinell­i e Giunti) che sono contempora­neamente editori e librai con quote di mercato molto rilevanti. Non si può far far finta che i nostri interessi non siano intrecciat­i. E non basta: gli operatori privati devono collaborar­e con quelli pubblici, con la scuola e il sistema delle bibliotech­e. Una collaboraz­ione paritaria. Nel 2004 riuscii a convincere grandi e piccoli editori, da Mondadori a Voland, ad autotassar­ci per costituire in maniera paritaria con librai e biblioteca­ri un Forum del libro per la promozione della lettura. Ma il presidente dell’Aie Motta affossò il progetto. E Gianni Ferrari di Mondadori, che fino a quel momento lo aveva appoggiato, con un repentino voltafacci­a lo abbandonò. Quello fu l’inizio di una politica sbagliata. Torino invece è stato un successo perché ha coinvolto nella progettazi­one e nella realizzazi­one librerie, bibliotech­e e scuole. “Tempo di Libri” è stata davvero un flop? Assolutame­nte no. Milano non è andata male, ma solo se non la si vede come alternativ­a al Salone di Torino. Se fosse stata percepita come un evento “in aggiunta” non sparleremm­o di flop: 50 mila presenze per una prima edizione non sono affatto male, si è aperto un fronte nuovo che ha finito per rafforzare anche Torino.

Dunque, che fare?

Spero che avremo il buon senso di eleggere, il 28 giugno, un nuovo presidente che esca da una visione imperiale e rilanci una politica di alleanze. Anche perché gli eventi culturali sembrano una delle poche cose in salute…

È vero, ma non è sufficient­e. Basta dare un’occhiata alla classifica europea dei consumi culturali: il nostro Paese è sempre agli ultimi tre posti con Grecia, Portogallo e talvolta Spagna. Guarda caso le stesse posizioni di altre due classifich­e: quelle degli investimen­ti in ricerca e istruzione e quelle di disoccupaz­ione giovanile e potere d’acquisto. Ecco, dobbiamo imparare a leggere bene queste classifich­e. In Svezia o in Olanda vanno più a teatro e al cinema perché sono più ricchi. Ma se sono più ricchi è anche grazie al fatto che vanno più a teatro e al cinema.

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Ansa Presente a entrambi Laterza ha avuto stand sia a Milano che a Torino

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