“Equiparare l’Islam a questo terrorismo è l’errore da evitare”
Mohsin Hamid L’autore anglo-pachistano del romanzo “Il fondamentalista riluttante”: “Ho paura per mia figlia”
“La strage avvenuta a Manchester è una tragedia che ci lascia senza fiato. Ma non dobbiamo dimenticare che cosa accade in Pakistan e in molti altri Paesi in cui bambini, uomini, donne e intere famiglie sono uccise dall’odio degli integralisti. Eppure queste notizie non ci scuotono mai come dovrebbero, passano sempre in secondo piano. Ma è necessario comprendere che sono tutte tragedie dettate dal medesimo odio e proprio da questa consapevolezza dobbiamo ripartire”. Lo scrittore Mohsin Hamid, classe ’71, è nato in Pakistan ma da lungo tempo vive a Londra, in Inghilterra ha ottenuto la doppia cittadinanza e ha costruito una famiglia. Hamid ha raggiunto la notorietà nel 2007 con il suo secondo romanzo, Il fondamentalista riluttante, da cui nel 2012 è stato tratto un film di successo diretto da Mira Nair con Riz Ahmed. L’anno scorso ha scritto Come diventare ricchi sfondati nell’Asia emergente seguito da Le civiltà del disagio ed è recentemente tornato in libreria con Exit West già ampiamente celebrato dalla critica d’oltreoceano e da numerosi colleghi scrittori (tutti i suoi titoli sono tradotti e pubblicati da Einaudi). “Non possiamo permettere ai terroristi – dice Hamid – di rubare le nostre vite, abbiamo l’obbligo di perseguire la felicità giorno dopo giorno”. Come ha reagito alla notizia della strage di Manchester? Con immenso dolore. Ma passato lo choc iniziale, quest’odio rischia di assuefarci rapidamente e questo può essere molto pericoloso. Ciò che sconcer- ta è il fatto che l’attacco di un kamikaze sia totalmente imprevedibile. Chi è disposto ad uccidere se stesso pur di compiere una strage è inarrestabile, dobbiamo ammetterlo, e manda in frantumi i nostri valori e il dogma della vita. Crede che l’attacco di Manchester sia una risposta diretta alla lotta per la presa di Mosul ancora in atto? Quest’odio alimenta se stesso in un circolo vizioso. Ed è fon- damentale comprendere che non si tratta di semplici gesti isolati, un attacco come quello di Manchester necessita di organizzazione e risorse per essere messo in atto. Questa è una precisa esc ala tion dell ’ odi o, volta a seminare il panico e scatenare la nostra rabbia.
Come possiamo difenderci senza cadere in questa trappola? Questo è il dilemma. Un kamikaze è un uomo fortemente in- dottrinato e radicalizzato che ha totalmente smarrito il raziocinio. Ma, purtroppo, è solo uno strumento nelle mani altrui. Nei prossimi anni dobbiamo ripartire dalle scuole elementari, spiegare l’islam e i suoi precetti alle nuove generazioni, le uniche che possono cambiare il corso delle cose. Dunque disinnescare l’odio sarà la sfida dei prossimi anni, non abbiamo scelta. Lei ha paura?
Certamente. Ogni giorno che porto mia figlia a scuola spero che non accada nulla di brutto. Anche sui social network al cordoglio si alterna una comprensibile rabbia. Lei cambierà il suo stile di vita? Nient’affatto. Dobbiamo vivere la nostra vita, non possiamo permettergli di rubarci tutto. Il nostro obbligo è quello di perseguire la felicità, giorno dopo giorno. Anche se qui a Londra il clima è molto teso, mi creda. Teme che la situazione possa rapidamente degenerare? Potrebbe scoppiare presto una guerra di religione? Non credo sia un pericolo imminente, non sono ancora pronti per una offensiva globale. Le faccio un esempio: per ogni seguace del sedicente Califfato islamico che sogna di scatenare un jihad globale, ci sono migliaia di musulmani che vorrebbero solo poter vivere in pace la propria vita e la propria fede. Credo che questo sia un punto determinante, additare ogni singolo musulmano come un pericolo e una minaccia, non farà che alimentare questa rabbia che sta travolgendo la nostra società a tutte le latitudini, da Manchester sino al lontano Pakistan.
L’odio alimenta se stesso in un circolo vizioso. Ogni giorno mi auguro che non accada nulla di brutto: il clima è parecchio teso