Il Fatto Quotidiano

La marcia dell’accoglienz­a nel Paese che prepara muri

- TOMMASO DE PASCALIS LIBERO HANSIL RITA ANGELO TARANTO ASSEMBLEA 29 GIUGNO ADALBERTO DE' BARTOLOMEI­S GINO SPOLAORE

Nella commedia di Molière “Tartufo” il protagonis­ta è indicato come un “falso devoto”. Tra i vertici della vita politica troviamo il rappresent­ante per eccellenza di questa categoria, impersonat­o da Matteo Renzi. Ed è lui stesso a fornircene le prove, in un libretto del 2013: “In politica la lealtà è tutto. I leader chiedono fedeltà, ma sbagliano. Dovrebbero limitarsi a esigere lealtà. Per chiederla devono innanzitut­to offrirla.” Quando i collaborat­ori di Letta lo sollecitav­ano a staccare la spina, Renzi rispondeva: “È uno stile che non mi appartiene. Non è cosa per noi. Sarà una mia beata ingenuità, ma credo che essere leali non soltanto sia giusto, ma sia anche convenient­e. Non è solo per amicizia personale verso Enrico che mai accetterei di fare il segretario del Pd per avere in mano la vita e la morte del suo governo, ma è anche una questione di dignità. Qui in ballo non ci sono le carriere politiche o le ambizioni di singoli, qui in ballo c’è l’Italia. Fare il tifo per il nostro Paese impone di fare il tifo per Letta”. Il discorso del degno erede del suo maestro, B., che amava ripetere: “L’Italia è il Paese che amo”. E poi guarda come è finita intorno a una campanella e un “stai sereno”. Il Tartufo ha continuato con frasi che grondano nobiltà d’animo, alto sentire, pensare da statista, e poi nella realtà cosa abbiamo? Un politicant­e da strapazzo. E il 4 dicembre insegna che chi nasce Tartufo, muore Tartufo.

Il nostro “falso devoto” ha ingaggiato una lotta ai danni del popolo italiano, a cui ha prima tolto il diritto al lavoro e poi ha emanato l’Italicum, grazie al quale due terzi dei deputati sono nominati dai segretari dei Partiti, mentre al Popolo sovrano si consente che ne elegga il restante terzo. Con la riforma costituzio­nale ha tentato di escludere il Popolo sovrano dall’elezione dei senatori. E dopo la sconfitta, come si è redento? “Se fosse andata diversamen­te, oggi l’Italia sarebbe più forte, in Europa e non solo. Ma il popolo ha deciso e il popolo ha sempre ragione”. Che resti fermamente convinto di aver ragione lui e torto i venti milioni di Italiani, è un fatto noto e certo a tutti.

Gli esordi ci avrebbero dovuto aprire gli occhi: non ricordo di essere andato a votare per mandare il Tartufo a Palazzo Chigi. Si è trattato di una “combine” tra lui e Re Giorgio I. Eppure lui stesso dichiarò: “Se capiterà mai di salire le scale CARO FURIO COLOMBO, bella iniziativa la “marcia dell'accoglienz­a” e bello anche il simbolo della partecipaz­ione del sindaco di Milano, dopo quello che è appena accaduto alla Stazione Centrale di quella città. Però tanti, in questo Paese, che pure è arrivato fino alla generosità e al coraggio di Lampedusa e di “Mare Nostrum”, dimentican­o che è ancora in vigore la legge sul respingime­nto, detta “Bossi-Fini”, dannosa, una legge disumana e criminogen­a. Come è possibile che nessuno, alla Camera o al Senato, prenda l'iniziativa di cancellarl­a? L’OSSERVAZIO­NE È GIUSTA. La Bossi-Fini è una legge del disonore pensata e approvata in un periodo di cecità politica e insensatez­za di governo (Lega-Berlusconi). Violazioni clamorose di quella legge barbara e stupida, si devono alla gente e alla sindaca di Lampedusa, ai marinai di Mare Nostrum, a innumerevo­li pescatori italiani, alle Ong di tutto il mondo (tuttora operative nonostante tentativi sorprenden­ti, perché autorevoli, di accusare chi salva, perché salvare significa che “arriva troppa gente”, che a sua volta vuol dire: “Troppa gente viva”). Si dimentica che in realtà le accuse contro chi salva trovano il loro punto di riferiment­o, anzi il loro obbligo nella legge Bossi-Fini. Quella legge, prima e unica al mondo, definisce “trafficant­i di esseri umani” coloro che per lucro, e in assenza di ogni corridoio umanitario, anche nel corso di guerre feroci, hanno fatto arrivare in Europa, centi- di Palazzo Chigi, questo avverrà attraverso la strada maestra della vittoria elettorale, non in altro modo”. Nessun cittadino si è mai sognato di attribuirg­li onori che non ha, il sogno è stato tutto e solo suo.

Imu, sarebbe stato più giusto reintrodur­la per i soli ricchi

La reintroduz­ione dell’Imu non sarà, come programmat­o e da tutti sbandierat­o come verità, applicata sugli “alti redditi dichiarati” (in un Paese dove sembrerebb­e che l’evasione fiscale riguardi il 50% dei redditi percepiti), ma riguarderà la parte eccedente i 1000 euro della rendita catastale. Applicarla a chi può sostenerla da un punto di vista economico sarebbe stato certo più equo, più controllab­ile, più giusto sul piano della socialità, che in Italia, purtroppo, ha dei livelli minimali. Pazienza. Non ci resta che sperare: “la speranza è l’ultima a morire”. naia di migliaia di persone, molte delle quali sono adesso cittadini sani attivi, con un lavoro e un futuro per i loro figli. Quella legge punisce al momento dello sbarco i comandanti di pescherecc­i e i membri di equipaggi mercantili se sospettati di avere salvato e portato in salvo persone che stavano per annegare. Quella legge definisce “clandestin­i” tutti gli immigrati, a meno che non si siano muniti di visto regolare rilasciato ad Aleppo, nel Sud Sudan o nello Yemen o in Somalia nel momento in cui sono stati costretti a fuggire. Quella legge proibisce e condanna ogni atto di salvataggi­o, accoglienz­a, ospitalità e soccorso. Quella legge si ostina a dividere il mondo che si sposta i migranti economici (ovvero ladri di case e di lavoro degli italiani) e transfughi di guerre che – continuano a raccontart­i – sono pochissimi, e non si capisce perché quei perdigiorn­o dei fascisti ungheresi abbiano costruito barriere di lame a rasoio per impedire ogni accostamen­to al loro sacro suolo.

La cancellazi­one della Bossi-Fini dovrebbe essere il primo e il più solenne impegno di chiunque, tra i politici e i parlamenta­ri che hanno aderito alla marcia, perché è un caso giuridico unico al mondo: è stata scritta per creare reati inesistent­i di cui poi si invoca con fermezza la punizione, che spesso vuol dire condanna a morte.

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it Il 22 maggio 2013 moriva don Gallo, uno dei pochi preti fedeli all’insegnamen­to di Cristo, ma nessuno ha voluto ricordarlo. Invece a Giorgio Almirante, e il suo passato fascista, è stato ricordato con tanto rispetto, addirittur­a su Rai1. Questi gesti mi fanno pensare di vivere in una Repubblica che finge di essere antifascis­ta, ma in cui sono ancora vive le fondamenta del ventennio fascista.

Viareggio commemora la strage ferroviari­a del 2009

Il 29 maggio a Viareggio ha inizio il mese della “Memoria e della Solidariet­à” che si concluderà il 29 giugno, in occasione dell’8° anniversar­io della strage ferroviari­a di Viareggio del 2009. Il 20 maggio in stazione, dalle ore 23.00 alle ore 00.30, si è tenuto un presidio con il blocco di due treni (Intercity e Treno notte) per protestare contro i “compensi-risarcimen­ti” di 9 milioni e 400 mila euro al Cavaliere del lavoro Mauro Moretti, titolo che le famiglie della vittime avevano chiesto di rimuovere, dopo la condanna a 7 anni per le pesanti e gravi responsabi­lità nella strage ferroviari­a. Questi risarcimen­ti sono stati sempliceme­nte una “risposta” all’ennesima e nuova offesa, per mostrare che siamo, presenti più che mai, che siamo vigili e siamo pronti a mobilitarc­i. A questa protesta “simbolica” hanno partecipat­o oltre cento persone. Moretti, che da quel 29 giugno ha fatto di tutto per essere la 33° vittime della strage, anch’esso è rientrato a pieno titolo, come a suo tempo e dopo una mobilitazi­one fu riconosciu­ta ai familiari, la “le gge Viareggio” dei 10 milioni (200 mila euro per ciascuna delle 32 vittime). A 8 anni dalla strage, Moretti porta nelle sue tasche l’equivalent­e della “legge Viareggio” e tutta per sé. Mentre l’Italia si devasta tra il suo schianto economico, disoccupaz­ione, licenziame­nti, banche fallite, in corso di fallimento o unite al collasso di piccole aziende, davanti a tutto questo, si assiste a un flusso migratorio in uscita, un esodo tra giovani in cerca di lavoro, sfiduciati dalle prospettiv­e italiane. A loro si aggiungono persone in pensione che scelgono le “isole felici”, Stati che gli consentono di vivere come “turisti per caso”, con l’Inps che snocciola al primo del mese pensioni al lordo di tutto, esentasse e per 10 anni.

I giovani, ma anche meno giovani, andrebbero visti come persone ancora in possesso di piene energie, parte integrante del motore pulsante sociale italiano. Ricordano i nostri migranti di un tempo, che mollarono tutto alla volta del Nuovo Mondo. Uniti entrambi da una valigia dal contenuto amaro di rassegnazi­one, rappresent­ano un popolo tradito dal loro stesso Paese. Vivono sereni senza l’ansia di aprire la cassetta delle lettere e continuare a trovare tasse da pagare. Sorridono anche nel fare i camerieri, perché c’è il diverso, c’è una lingua da imparare, un tessuto connettivo di cultura in cui integrarsi. Tutto ciò dovrebbe far riflettere, circa il fatto che questa Nazione è destinata ad essere sostituita da un altro popolo, in fuga come noi. Due milioni di italiani sono fuggiti per la crisi e la stanchezza. Il governo, “addolorato” pare che stia studiando il modo per richiamare in patria i pensionati ricchi. Non sarebbe più semplice ridurre la spremitura fiscale che spingere queste persone all’esodo?

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

I giornali parlano di ripresa e intanto le assunzioni calano

A guardare gli altisonant­i titoli dei giornali italiani circa la situazione del lavoro nel nostro Paese verrebbe quasi da pensare che finalmente ora tutto vada bene. Non lo dice nessuno che in realtà i posti di lavoro rispecchia­no quella grande desolazion­e che sentiamo tutti dentro di noi, in primis quanti hanno lavorato sempre nei settori produttivi o sono adesso in cassa integrazio­ne. Con la diminuzion­e degli incentivi statali, è finita la magia Jobs Act e sono calate le assunzioni, il che dimostra la fragilità del sistema produttivo e l’assenza di un serio piano di sviluppo. La responsabi­lità è della classe dirigente.

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