Diteci cosa volete fare di Alitalia
▶APPENA
rieletto segretario del Pd, il 27 aprile Matteo Renzi aveva annunciato “un piano del Pd per Alitalia” entro metà maggio. Non è mai arrivato, ma nessuno oramai si aspetta che l’ex premier rispetti i suoi stessi annunci. Forse Renzi l’ha dimenticato, o forse non ce n’è più bisogno perché i tre commissari dell’azienda privata – ma che sopravvive grazie a un prestito pubblico di 600 milioni di euro – stanno seguendo strategie opposte. Una è quella del commercialista Enrico Laghi, uomo di riferimento per il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda. Laghi sta tagliando il tagliabile: rinegozia i contratti derivati sul costo del carburante e tra sprechi vari della precedente gestione targata Etihad conta di recuperare 200 milioni. Soldi che dovrebbero servire a vendere la compagnia meglio – il bando scade il 5 giugno – rendendola più appetibile. Trovare un compratore subito non è facile, ancora ieri Lufthansa ha smentito ogni interesse, ma necessario se lo Stato vuole smettere di bruciare risorse come quelle dell’ennesimo prestito ponte. Ma Luigi Gubitosi, il commissario considerato in quota Renzi, sembra voler usare i risparmi per alimentare una strategia di rilancio: nuove rotte per Maldive e New Delhi, annuncia già i piani per l’estate 2018, un po’ velleitario per una compagnia che senza i soldi dello Stato avrebbe già lasciato a terra gli aerei. Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio annuncia ipotesi di azioni diffuse tra i dipendenti, per arginare i rischi di scioperi distruttivi e coinvolgere tutti nel destino della compagnia. Ma che senso ha per un’azienda che oggi vale quasi zero e che potrebbe finire spezzettata nel giro di qualche mese? Renzi non ha presentato alcun piano perché la sua linea viene già applicata ed è quella dell’approccio Gubitosi: fare finta che si possa rilanziare la compagnia e non soltanto venderne quel che resta. Un bluff che abbiamo già visto troppe volte. Il conto finale per i contribuenti salirà ancora. Ma a Renzi interessa solo che il problema non esploda prima delle elezioni.