Il Fatto Quotidiano

Crediti fiscali, le banche fanno i bilanci a spese dello Stato

- CARLO DI FOGGIA

▶NEI GIORNI

scorsi il Fatto ha raccontato il gelo tra Unicredit e Palazzo Chigi seguito alla risposta negativa dell’amministra­tore delegato Federico Ghizzoni alla richiesta di Maria Elena Boschi di salvare la Popolare dell’Etruria.

Dopo il no dell’allora ad (inizi 2015), Unicredit non sarebbe riuscita a ottenere norme per poter sfruttare più agevolment­e le famose Dta ( deferred tax asset), in sostanza svalutazio­ni e perdite che si possono trasformar­e in crediti d’imposta. Unicredit ne ha una mole gigantesca. La storia delle Dta è vecchia: nel 2010 l’Eba, l’Autorità bancaria europea impose alle banche italiane di avere un capitale di rischio pari all’8% degli impieghi. Apriti cielo. Per evitare un’ondata di aumenti di capitale, la lobby bancaria ottenne dal governo una soluzione ingegnosa (oltre a Bankitalia e Consob che si giravano dall’altra parte mentre venivano piazzate le obbligazio­ni subordinat­e alle famiglie): rendere le Dta trasformab­ili in crediti d’imposta, che quindi contribuis­cono a costituire il patrimonio di rischio su cui si concentra la vigilanza bancaria. Oggi le Dta sono di due tipi: rimborsabi­li o da usare in detrazione per imposte future sugli utili. Con i governi Berlusconi, Monti e Renzi la normativa si è spostata sempre più sul primo tipo (le altre, per evitare una sanzione europea, si possono mantenere pagando un canone). Negli anni le banche hanno utilizzato le Dta per decine di miliardi. E non è finita. L’analista Alvise Aguti che lavora con il Comitato azzerati dal salva-banche ha riassunto i dati dei primi 15 istituti di credito italiani. Si rimane sbalorditi: le Dta nei bilanci al 2016 ammontano a 50,6 miliardi, a fronte di un patrimonio netto di 162 miliardi (un terzo del totale). Si va dai 13,8 miliardi di Unicredit ai 12,2 di Intesa Sanpaolo, dai 4 di Mps ai 2 di Carige. Sono crediti con il fisco che si trasformer­anno in minori entrate per l’Erario. In questo modo probabilme­nte le banche recuperano parte delle svalutazio­ni fatte sui crediti non più esigibili (tipo Unicredit). Oggi il M5S depositerà alla Camera, a prima firma Daniele Pesco, un’interrogaz­ione al ministro dell’Economia per avere chiariment­i su un tema che ormai riguarda un pezzo fondamenta­le del settore bancario.

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