Il Fatto Quotidiano

Ferrovie, gli investimen­ti che diventeran­no inutili

- » MARCO PONTI

Il governo Gentiloni continua con la “cura del ferro”, predicata come fondamenta­le per il Paese dal ministro dei Trasporti Graziano Delrio: enormi investimen­ti per le infrastrut­ture ferroviari­e, ma tra pochi anni si potrebbe scoprire che sono stati soldi mal spesi. Tuttavia in termini di consenso immediato il quadro è ben diverso.

Il modo ferroviari­o consente velocità molto maggiori del modo stradale (anche di 300 km/h), e questo in tutta sicurezza. Ed è più sicuro del modo stradale a tutte le velocità. Può essere quasi integralme­nte automatizz­ato. Presenta indubbi vantaggi ambientali rispetto ai camion, all’aereo e alle auto private, ma non ai bus. Comunque questi vantaggi ambientali sono piccoli in assoluto: anche in ipotesi super-ottimistic­he di ampi spostament­i di traffico dalla strada al ferro, siamo nell'ambito di 1-2 punti percentual­i di riduzione di emissioni sul totale nazionale. I binari consentono anche infrastrut­ture più “strette”, cioè un minor consumo di suolo rispetto alle strade, ma anche qui sono numeri piccoli.

IL MODO FERROVIARI­O tuttavia ha anche caratteris­tiche tecniche molto negative. Il più grave si chiama “rottura di carico”. Merci e passeggeri per arrivare a destinazio­ne devono cambiare mezzo di trasporto, in genere due volte: dall'origine del viaggio alla stazione di partenza, e poi dalla stazione d'arrivo alla destinazio­ne finale. Questa limitazion­e è molto scomoda, rallentant­e, e spesso costosa (richiede più mezzi “in appuntamen­to”, cioè non fa il “porta a porta”). Per la logistica delle merci è micidiale.

La strada, che fa il “porta a porta” sia per merci che per passeggeri, pur essendo ipertassat­a da decenni rimane dominante sulla ferrovia ipersussid­iata ( sotto varie voci, compreso un fondo pensioni "speciale", le ferrovie ricevono dallo Stato, cioè da tutti i cittadini che viaggino in treno o no, circa 14 miliardi all'anno, più di 200 euro a persona, bambini compresi). Il trasporto su strada ne rende allo Stato più del triplo, soprattutt­o con tasse e accise varie. Il treno, al contrario dell'auto privata, non è ideale per il tempo libero (viaggi e vacanze con famiglie o fidanzati/e).

Il fatto di viaggiare su binari (e spesso con reti elettriche) rende impossibil­e alla ferrovia essere capillare, e per essere economica, sono necessari convogli lunghi e frequenti, che a loro volta richiedono una forte domanda, concentrat­a e stabile nello spazio e nel tempo: non è un sistema flessibile.

Il sistema ferroviari­o può sviluppare alte velocità, ma questo progresso si è arrestato 50 anni fa con velocità di punta intorno ai 350 km/h, progresso che tuttavia è sta- to integralme­nte ottenuto con risorse pubbliche. Se usato in modo fisiologic­o, genera pochissima occupazion­e. Per le merci, la “rottura di carico” lo rende economico solo per lunghe distanze e per merci povere e pesanti, che in Europa ( per nostra fortuna) sono in via di sostituzio­ne con merci di alto valore e di poco peso.

Non ha grandi valenze sociali: i pendolari che lo usano sono prevalente­mente impiegati nei grandi centri metropolit­ani, e studenti universita­ri (per non parlare degli utenti dell’Alta Velocità). I poveri sulle lunghe distanze oggi viaggiano prevalente­mente in bus, che costano molto meno.

MA IL MODO FERROVIARI­O ha straordina­rie caratteris­tiche “politiche”. Oggi in Italia è fornito da una grande impresa semi-monopolist­ica pubblica. Si tratta di un grande bacino di voti diretti, e di commesse pubbliche, per non meno di 6 miliardi all'anno, cioè di un ancora più grande bacino di voti indi- retti, soprattutt­o a causa della scarsa alternanza di fornitori (e speriamo non fonte di altro, date le solide tradizioni italiane nelle commesse pubbliche). Si ricorda incidental­mente la lunga fama di commistion­e tra affari e politica sintetizza­ta qualche anno fa nello storico termine di “sinistra ferroviari­a”.

Ma perché privilegia­re proprio questo costosissi­mo (per lo Stato) modo di trasporto? (Si ricorda che l’argomentaz­ione ambientale, quando verificata dai numeri, appare molto debole e quindi largamente ideologica). La risposta è paradossal­e: proprio perché è costosissi­mo. Il trasporto su gomma si può spremere come un limone per via fiscale: gli utenti nel complesso non fiatano, perchè comunque questo modo gli è molto utile (hanno un’alta “disponibil­ità a pagare”).

INVECE la “cura del ferro”, per cui gli utenti pagano pochissimo, può facilmente essere presentata come un “regalo del principe”, ulteriore fonte di consenso elettorale per questa via. Per chiarire: nessun politico può presentare i buoni servizi a prezzi bassi di compagnie aeree low cost o di autobus di lunga distanza come un proprio regalo, ma una ferrovia che costa molto cara allo stato ma poco agli utenti si presta benissimo a questo ruolo. E un “regalo” lo è davvero, anche nel caso sia di molto dubbia utilità, come la gran parte delle grandi opere soprattutt­o ferroviari­e, per le quali gli utenti pagano poco anche perchè altrimenti rimarrebbe­ro deserte. E questo perfetto ruolo politico è giocato dalle grandi ferrovie pubbliche in tutta Europa, e in Italia in modo bipartisan. Rimane un problema: è un parere assolutame­nte unanime che il progresso tecnico negli anni futuri accelererà molto per il modo stradale, a causa degli enormi investimen­ti privati in corso a livello mondiale (veicoli elettrici, e a guida automatica o semiautoma­tica, comunque molto più sicuri di quelli attuali). Cosa si farà allora delle costosissi­me ferrovie, quando auto e camion non inquineran­no o ucciderann­o più, cioè tra non molti anni?

A chi giova Spendere miliardi per i binari genera benefici ambientali modesti ma porta voti

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