“L’immaginazione è erotica, la peggiore politica è pornografia”
L’INTERVISTA scrittore racconta il suo ultimo romanzo, “Prendiluna”, appena arrivato in libreria
La vecchiaia, come la notte, elimina i particolari superflui E i rapporti con le persone diventano più importanti, unici
“I oe lei leggiamo libri diversi ma sono quasi tutti libri di morti”: diciamo che l’affermazione di Dolcino è quasi sempre vera, ma non sempre.
Per esempio adesso non vale, perché noi abbiamo appena letto P ren dil un a, ultimo romanzo di Stefano Benni, autore vivacissimo e vivissimo non solo perché ha appena scritto un libro, ma soprattutto perché ci sta parlando. Se il romanzo avesse un sottotitolo potrebbe essere “l’imagination au pouvoir”, anche se bisogna subito dire che Prendiluna è una persona: una vecchia maestra, splendida settantenne portatrice in gioventù di un gran bel lato B. A lei viene affidata ( da uno “st re ga tt o”) una missione cui sono appese le sorti dell’umanità.
Così inizia un viaggio in cui incontriamo molti strambi personaggi, bipedi e quadrupedi, tutti però terribilmente umani (guasti e crudeltà compresi): tenere commesse di sexy shop che no, non hanno fatto la suora ma hanno solo sposato l’uomo sbagliato; haters che assomigliano al Napalm51 di Crozza; un commissario di polizia gaddiano e molto incazzoso; un gatto telepatico e perfin filosofo (“La verità è un fiato nel buio. Bisogna avere la pazienza di ascoltare, poco alla volta distingui le parole, e lei appare”); un pianista obeso che si chiama Hamlet ma “è tutte le tragedie di Shakespeare messe insieme”.
Partiamo dalla fantasia, di cui tutto il libro si nutre con la costruzione di un mondo davvero “favoloso”. Nella società dell’i mm ag in e, l’immaginazione è perduta? O si può “allenare”? L’immaginazione è una dote che hanno tutti, e nessuna tecnica o dittatura razionale può abolirla. È parte necessaria di ogni pensiero, dall’artistico allo scientifico. Bisogna avere fiducia nella nostra immaginazione: non è una fuga dalla realtà, è una ricchezza utile ogni giorno. Chi ci rinuncia vive peggio, il mondo delle possibilità e delle invenzioni si restringe. L’immaginazione è erotica, senza di lei ci resta la pornografia della peggior politica.
Tra i protagonisti ci sono due matti (uno è Dolcino, che non a caso porta il nome di un eretico) che evadono dalla clinica perché vogliono dare un cazzotto a Dio. Una strana dimostrazione di fede, ma pur sempre fede.
Quando mi chiedono : “Sei credente ?”, io rispondo: sono molto, molto credente, credo in tantissime cose che mi legano al miei simili, credo nei sentimenti, nelle passioni, nei fantasmi e nei marziani. Non credo per nulla alle religioni monoteiste. Sono un credente che non scomunica, non chiama gli altri infedeli o eretici, e rispetta il loro credo, se non è un credo spietato e omicida. Il fil rouge del libro è l’indicibile, cioè la ragione del Male dal punto di vista di chi non può farsene una ragione ( qualcuno che ha perso la persona amata). Un tema enorme, in un contesto leggero come è il generale tono del romanzo. Non sempre è leggero. Ci sono il comico e il drammatico insieme, come in tanti libri. L’ironia è l’arma con cui la letteratura parla col dolore fino al limite estremo, e lo affronta senza essere schiacciata. E spesso riesce anche dare sollievo e allegria.
A un certo punto Prendiluna incontra un vecchio amore. “Il latino e il greco vanno bene per i sentimenti nobili”. Non è più tempo di sentimenti nobili? O non è più tempo per le lingue morte?
Per me una lingua morta è la lingua televisiva, che puzza di stantio, perché non cambia mai, è meccanica, ripetitiva. Il latino e il greco hanno influenzato tutta la mia scrittura. Sono lingue vive, perché hanno attraversato i secoli, arricchendo culture diverse. L’italiano è meraviglioso perché è meticcio, ha una storia bastarda di idiomi e dialetti che di sovrappongono, si influenzano, fanno musica insieme. Anche chi non ha studiato greco o latino, usa parole in cui risuonano quelle lingue.
Prendiluna è un libro pieno di sogni : qual è il suo peggior incubo?
Pensare che un giorno non sognerò più.
È anche un romanzo politico, se per politico intendiamo ciò che riguarda la dimensione civica e comune, l’organizzazione dei rapporti tra le persone. O no? Questo lo devono dire i lettori. Qualcuno sostiene che esagero con l’immaginazione, qualcuno che sono troppo critico della realtà ed eccessivamente “pol it ico ”. Forse sono tutte e due le cose insieme. La vecchiaia, come la notte, elimina i particolari superflui. E i rapporti di affetto con le persone diventano più importanti, unici. Il mio libro è un invito a ringraziare chiunque ti ha insegnato qualcosa. Se la sua letteratura fosse musica, sarebbe jazz: è d’accordo? Sarebbe un concerto in cui si alternano sul palco generi diversi, pop, rock, jazz, musica classica e banda di paese. Ma è vero che in teatro io lavoro moltissimo insieme a musicisti jazz.