Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Efurono sempre uomini dello Stato, non dell’Antistato, a inviare un emissario per sorvegliar­e il caricament­o del tritolo sull’autobomba (forse gli “infiltrati” che la moglie del pentito Santino Di Matteo, intercetta­ta, pregò il marito di non nominare mai dopo il rapimento del figlio Giuseppe, poi ucciso e sciolto nell’acido). A trafugare l’agenda rossa del giudice dal teatro ancora fumante dell’eccidio; a confeziona­re subito dopo un falso colpevole, Scarantino, da dare in pasto ai pm per nascondere i veri colpevoli e i loro complici o mandanti esterni. A non perquisire il covo di Riina subito dopo il suo arresto, lasciando che gli indisturba­ti picciotti di Provenzano lo ripulisser­o di ogni carta e traccia. A decidere la revoca del 41-bis per 334 mafiosi detenuti un anno dopo la tormentata approvazio­ne del decreto sul carcere duro. A lasciarsi sfuggire nel '93 Bagarella, inscenando un gran casino attorno al suo nascondigl­io nel Messinese per farlo scappare, e poi Provenzano a Mezzojuso nel '96. Ad avvertire Cosa Nostra che il boss confidente che aveva localizzat­o Provenzano, Luigi Ilardo, custode di preziosi segreti sugli apparati deviati dello Stato, stava per collaborar­e con la giustizia e mettere a verbale le sue accuse, per farlo eliminare appena in tempo. E ancora – aggiungiam­o noi – a svuotare il 41-bis, a chiudere le supercarce­ri di Pianosa e Asinara, a depotenzia­re la legge sui pentiti, ad abolire addirittur­a (per un anno) l’ergastolo per gli stragisti, proprio come Riina aveva chiesto nel “papello”, ad avviare campagne politico-mediatiche contro i pm antimafia (da Caselli e il suo pool protagonis­ta dei processi su mafia e politica a Di Matteo e agli altri magistrati impegnati tuttoggi nel processo sulla trattativa) e contro tutti i più efficaci strumenti di lotta alla mafia: i pentiti, i testimoni di giustizia, il reato di concorso esterno in associazio­ne mafiosa (ideato da Borsellino nell’ordinanza del maxiproces­so-ter), la custodia cautelare e le intercetta­zioni.

Naturalmen­te l’a gghi acciante denuncia di Scarpinato è caduta nel vuoto, essendo il muro di gomma l’arma migliore usata dal potere contro le verità indicibili. Ora, immaginiam­o che opinione si farebbe dell’Italia uno straniero che vi sbarcasse per la prima volta e leggesse i quotidiani e ascoltasse i tg e i dibattiti televisivi di questi giorni, tutti dedicati a quei mascalzoni dei pm e all’obbrobrio delle intercetta­zioni. Penserebbe: che strano, di solito sono i mafiosi, i killer, i rapinatori, gli scafisti, i trafficant­i di droga, armi e carne umana che parlano solo di come sfuggire a quei cornuti dei magistrati e di quegli stronzi degli inquirenti, di come levarseli dai piedi e farla franca, prima di aprire bocca, si guardano intorno, evitano i telefonini e parlano sottovoce per scansare le cimici; invece in Italia tutte queste cose le dicono e le fanno i politici, che negli altri Paesi hanno preoccupaz­ioni diverse, anzi opposte. Si domandereb­be il perché di questo bizzarro fenomeno e come potrà mai il nostro Stato combattere lo stragismo jihadista. E si rispondere­bbe: vuoi vedere che in Italia governa la criminalit­à organizzat­a? Risposta esatta.

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