Antonio Tajani ovvero non arrivò la macchina e quindi...
Sosteneva l’attore Robert Mitchum di essere una speranza per tutti: “La gente mi guarda sullo schermo e dice: Se ce l’ha fatta quel coso posso farcela anch’io”. Ecco, noi abbiamo più o meno la stessa opinione su Antonio Tajani e dobbiamo ringraziare quei quotidiani, ieri La Stampa, che gli dedicano poderose interviste dalla cui lettura usciamo sempre con un profondo senso di vuoto, ma pure con la consapevolezza rinnovata, e ogni volta sorprendente, che Tajani è davvero presidente dell’Europarlamento (cir- costanza che, peraltro, descrive bene le istituzioni Ue). Da giovane monarchico, il nostro imparò a dire “Viva il re” quasi perfettamente, poi passò dai Savoia a Re Silvio, di cui fu primo portavoce: fu lui a girare ai Tg la videocassetta in cui Berlusconi, ripreso con la calza, spiegava “l’Italia è il Paese che amo” (poi si scoprì che era solo sesso). Trombato in tutte le elezioni nazionali a cui si è presentato - due volte per la Camera, una da sindaco di Roma - fu spedito a Strasburgo per consolazione. All’epoca l’Europa non gli piaceva e invece guardatelo oggi: presidente! Ne ha tutte le qualità: ieri su La Stampa è riuscito a non dir nulla per tutta una pagina. Le banche stanno male, ma stanno bene. Sì austerità, ma con flessibilità. Poi il capolavoro: la Ue rivuole l’Imu sulla prima casa? No, la casa no, “rappresenta la centralità della famiglia”,“si tassino altri beni” (forse le brioches di una celebre risposta monarchica). Sapete la battuta per cui arrivò la macchina, non ne scese nessuno etc? Ecco, con Tajani non arriva nemmeno la macchina.