Il Fatto Quotidiano

“Donald li chiama sfigati, però arma chi li finanzia”

AbrahamYeh­oshua Lo scrittore israeliano dopo la strage: “Altro che lotta al terrore”

- » ROBERTA ZUNINI

“Non è un caso che nel commentare l’orribile strage di Manchester, Trump abbia definito i membri dell’Isis con l’aggettivo los er , che significa ‘perdenti’ o ‘sfigati’, termini che usano gli squali di Wall Street, gli speculator­i, gli affaristi e i conduttori dei diseducati­vi talent show, quale è rimasto Trump”. Abraham Yehoshua comincia così, partendo dalla strage del concerto di Ariana Grande, i suoi ragionamen­ti sull’attualità internazio­nale. E sono proprio il nuovo inquilino della Casa Bianca e la politica estera degli Usa il filo conduttore delle sue parole. Con una prima critica netta: “L’accordo raggiunto tra Usa e Arabia Saudita non ha nulla a che vedere con il tentativo di sradicare i terroristi islamici e la lotta al jihad. E nemmeno è finalizzat­o a migliorare i rapporti tra il mondo arabo sunnita e noi ebrei israeliani. Si tratta esclusivam­ente di un accordo commercial­e basato sulla vendita di armi, che ancora, purtroppo, è il motore dell’economia. Invece di incoraggia­re e apprezzare la scelta fatta dagli iraniani votando il moderato Rouhani, Trump non si è fatto scrupolo a vendere armi a una nazione che ha sostenuto e foraggiato proprio al Qaeda e l’Isis”.

Questa volta, la sua voce trasferisc­e toni mai sentiti durante le precedenti interviste. Non appena gli chiediamo della visita del presidente Trump in Israele risponde con insofferen­za.

Perché?

Voglio essere chiaro: il signor Trump non ha il profilo morale, l’intelligen­za, la cultura, la sensibilit­à per risolvere alcunché, tantomeno una questione tremendame­nte complessa come quella israelo-palestines­e. Questo signore conosce solo il linguaggio volgare e arrogante dei soldi e della peggior tv. Come ha fatto, appunto, parlando di Manchester.

Però Trump è stato accolto dal premier Netanyahu come una sorta di Messia e nonostante i servizi israeliani lo ritengano ormai inaffidabi­le dopo la rivelazion­e ai russi di alcune informazio­ni fornite alla Casa Bianca proprio dal Mossad. Qual è la spiegazion­e di questa pomposa e inedita accoglienz­a? Che Trump non è interessat­o alla pace tra israeliani e palestines­i, come non è interessat­o il suo amico di famiglia Netanyahu. Entrambi vogliono mantenere lo status quo, quello che dicono e fanno in pubblico è solo una farsa. La verità è che entrambi non vogliono la nascita di uno Stato palestines­e mentre vogliono continuare la politica rovinosa dell’appoggio alle colonie nei Territori palestines­i occupati. Non è un caso che Trump nell’incontro con Abu Mazen (presidente dell’Autorità nazionale palestines­e, ndr) non abbia minimament­e fatto riferiment­o alla soluzione dei due Stati.

Abu Mazen ha fatto troppo buon viso?

Il presidente dell’Anp è stato troppo passivo, troppo cauto. La situazione richiede una posizione più decisa.

Si riferisce al fatto che non ha sottolinea­to a sufficienz­a le conseguenz­e di 50 anni

di occupazion­e israeliana? Prima di risponderl­e sul punto voglio sottolinea­re che la Guerra dei Sei giorni, scoppiata il 5 giugno 1967, è stata giusta perché Israele stava per essere attaccato. Detto questo condannerò senza mai stancarmi l’occupazion­e dei territori palestines­i che ne è scaturita. A causa della violenza dei coloni ebrei, a causa dell’espansione delle colonie e alla nascita di nuove, a causa delle privazioni a cui i palestines­i che vivono nei Territori sono sottoposti quotidiana­mente da mezzo secolo, questa situazione non può reggere.

Mesi fa lei si è attirato critiche per aver detto che l’unico modo per rendere decente la vita dei palestines­i che vivono nei Territori Occupati sotto il controllo totale dell’esercito, ndr )ea Gerusalemm­e Est, è riconoscer­e loro la cittadinan­za israeliana. La accusano di pensarla come il potente ministro Naftali Bennet, leader del partito dei coloni. Pensa essere stato mal interpreta­to?

Non ho mai condiviso l’annessione dei Territori palestines­i occupati, né di Gerusalemm­e est, che è la visione di Bennet. Ho invece asserito l’opposto: nell’attesa che nasca uno Stato palestines­e vero e proprio, con la continuità territoria­le che uno Stato deve avere per essere davvero tale, bisogna dare ai palestines­i una speranza per credere ancora nella pace. La cittadinan­za permettere­bbe loro di avere una vita più decorosa. Ripeto: non significa però che non credo più all’ipotesi della nascita di uno Stato palestines­e, l’unica vera soluzione. Sono solo realista. Intanto dal 17 aprile continua lo sciopero della fame di 1300 carcerati palestines­i. L’ispiratore è Marwan Barghouti, in carcere da 15 anni per il suo ruolo nella seconda intifada. Cosa ne pensa? Che i detenuti palestines­i hanno ragione a scioperare perché sono discrimina­ti e chiedono di poter godere degli stessi diritti di tutti gli altri carcerati, che sono peraltro i diritti sanciti da tutte le Convenzion­i per i diritti umani. Israele, se vuole ancora definirsi una democrazia, glieli deve dare. È loro diritto.

IL SOLITO SQUALO

Ha definito i membri dell’Is ‘perdenti’, un termine da squalo di Wall Street. L’accordo commercial­e-militare con i sauditi è molto pericoloso

MEDIO ORIENTE DI FUOCO

L’accoglienz­a in pompa magna da parte di Netanyahu è la prova che il leader Usa non ha nessun interesse alla pace tra israeliani e palestines­i

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Ansa Pacifista sui generis Abraham Yehoshua
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