“Donald chi?” La città è abituata al peggio
La sintesi politica della giornata è affidata a Giorgio il portiere, che si affaccia da un bel palazzo su via della Conciliazione, a cinquanta passi da San Pietro. Guance tonde e baffo affilato, sorride e pronuncia la sentenza. Non proprio ermetica, forse un po’greve: “Me pare che alla fine non se l’è cacato nessuno”. Ecco fatto.
Donald Trump è venuto e se n’è andato nel giro di mezza giornata, Roma se n’è accorta appena. Certo: un corteo di 44 automobili più o meno blindate e pacchiane non si vedeva dai tempi delle visite di Gheddafi e le sue amazzoni (“Te ricordi Gheddafi? Quan- do c’era lui arrivavano mille profughi l’anno, ora mille al giorno. C’aveva ragione Berlusconi a fargli il baciamano”). Certo, il presidente dalla chioma arancione non è passato esattamente inosservato: è arrivato da Fiumicino bloccando via Cristoforo Colombo, ha fatto chiudere mezza città, ha portato polizia in ogni angolo, elicotteri in cielo, cecchini sui tetti, palette e lampeggianti ovunque. Ma i romani hanno risposto col proverbiale disincanto; qualcuno ha sacramentato da dentro l’abitacolo o passeggiando di fronte alle vie transennate, qualcuno ha fatto lo sguardo truce al vigile che gli sbarrava la stra- da, ma più per abitudine, in ossequio a un rituale immutabile. Qualcun altro s’è fermato ad aspettare in silenzio l’arrivo del corteo. Ma senza sussulti, nemmeno per la limousine presidenziale “Be ast”. Roma è eterna, ed eternamente presa dagli affari suoi.
QUALCOSA PERÒ nel tempo è cambiato. Dieci anni fa la stessa città accoglieva un altro presidente controverso degli Usa, George W. Bush, con un corteo di protesta chiuso tra cariche e scontri. Era il 9 giugno 2007, il “Push Bush Out”. Oggi nulla.
Si capiva già dall’annuncio laconico sulle insegne luminose del Lungotevere: “Chiusure tra Roma centro e Parioli”. Tradotto: c’è appena un po’più di casino del solito. Alla paralisi della città si è ben abituati, alle auto burine pure. Ai cortei improvvisati, agli scioperi selvaggi del servizio pubblico, ai temporali primaverili che allagano le strade, alle emergen- ze rifiuti, ai disastri delle municipalizzate. Che sarà mai Donald Trump?
ECCO DUNQUE un breve campionario delle voci raccolte nel giorno del tanto annunciato assedio. Roberto, ancora in via della Conciliazione: “È passato con un botto di macchine, ha fatto pure ‘ciao ciao’con la mano. Che ne penso di Trump? Niente, non ne penso niente”. Il barista del Gran Caffè San Pietro: “Manco l’ho visto. Lavoro, io”. Anonimo in cravatta arancione, in zona Quirinale, al collega: “Non ti fermare. Tanto c’ha i vetri oscurati e non si vede un cazzo”. Turista ferrarese, Quirinale: “Ho 70 anni, è la prima volta che vengo a Roma”. E perde tempo a vedere Trump? “Quando mi ricapita così vicino?”. Anonimo romano, Quirinale: “Davero non c’è Ivanka? Posso pure andare via”.
Nessuna novità Traffico assurdo, strade chiuse, scioperi selvaggi e altre calamità: giornata standard per i romani