Il Fatto Quotidiano

“Donald chi?” La città è abituata al peggio

- » TOMMASO RODANO

La sintesi politica della giornata è affidata a Giorgio il portiere, che si affaccia da un bel palazzo su via della Conciliazi­one, a cinquanta passi da San Pietro. Guance tonde e baffo affilato, sorride e pronuncia la sentenza. Non proprio ermetica, forse un po’greve: “Me pare che alla fine non se l’è cacato nessuno”. Ecco fatto.

Donald Trump è venuto e se n’è andato nel giro di mezza giornata, Roma se n’è accorta appena. Certo: un corteo di 44 automobili più o meno blindate e pacchiane non si vedeva dai tempi delle visite di Gheddafi e le sue amazzoni (“Te ricordi Gheddafi? Quan- do c’era lui arrivavano mille profughi l’anno, ora mille al giorno. C’aveva ragione Berlusconi a fargli il baciamano”). Certo, il presidente dalla chioma arancione non è passato esattament­e inosservat­o: è arrivato da Fiumicino bloccando via Cristoforo Colombo, ha fatto chiudere mezza città, ha portato polizia in ogni angolo, elicotteri in cielo, cecchini sui tetti, palette e lampeggian­ti ovunque. Ma i romani hanno risposto col proverbial­e disincanto; qualcuno ha sacramenta­to da dentro l’abitacolo o passeggian­do di fronte alle vie transennat­e, qualcuno ha fatto lo sguardo truce al vigile che gli sbarrava la stra- da, ma più per abitudine, in ossequio a un rituale immutabile. Qualcun altro s’è fermato ad aspettare in silenzio l’arrivo del corteo. Ma senza sussulti, nemmeno per la limousine presidenzi­ale “Be ast”. Roma è eterna, ed eternament­e presa dagli affari suoi.

QUALCOSA PERÒ nel tempo è cambiato. Dieci anni fa la stessa città accoglieva un altro presidente controvers­o degli Usa, George W. Bush, con un corteo di protesta chiuso tra cariche e scontri. Era il 9 giugno 2007, il “Push Bush Out”. Oggi nulla.

Si capiva già dall’annuncio laconico sulle insegne luminose del Lungotever­e: “Chiusure tra Roma centro e Parioli”. Tradotto: c’è appena un po’più di casino del solito. Alla paralisi della città si è ben abituati, alle auto burine pure. Ai cortei improvvisa­ti, agli scioperi selvaggi del servizio pubblico, ai temporali primaveril­i che allagano le strade, alle emergen- ze rifiuti, ai disastri delle municipali­zzate. Che sarà mai Donald Trump?

ECCO DUNQUE un breve campionari­o delle voci raccolte nel giorno del tanto annunciato assedio. Roberto, ancora in via della Conciliazi­one: “È passato con un botto di macchine, ha fatto pure ‘ciao ciao’con la mano. Che ne penso di Trump? Niente, non ne penso niente”. Il barista del Gran Caffè San Pietro: “Manco l’ho visto. Lavoro, io”. Anonimo in cravatta arancione, in zona Quirinale, al collega: “Non ti fermare. Tanto c’ha i vetri oscurati e non si vede un cazzo”. Turista ferrarese, Quirinale: “Ho 70 anni, è la prima volta che vengo a Roma”. E perde tempo a vedere Trump? “Quando mi ricapita così vicino?”. Anonimo romano, Quirinale: “Davero non c’è Ivanka? Posso pure andare via”.

Nessuna novità Traffico assurdo, strade chiuse, scioperi selvaggi e altre calamità: giornata standard per i romani

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LaPresse La sfilata Il corteo presidenzi­ale nelle strade di Roma

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