La cellula familiare del jihad L’esercito invade le strade
Allerta massima Migliaia di militari di pattuglia. Il fratello dell’attentatore: “Sono dello Stato islamico, sapevo dell’attacco” Ritrovati i resti dell’ordigno
Iresti dello zaino che conteneva l’ordigno. Una batteria da 12 volt, semidistrutta, forse usata come alimentatore. Bulloni come proiettili. Il possibile detonatore, ancora insanguinato. Non è chiaro il tipo di esplosivo, ma la potenza della detonazione ha scaraventato il busto dell’attentatore a metri di distanza, mentre i bulloni usati come proiettili hanno penetrato porte metalliche.
Le immagini dei pezzi della bomba che lunedì ha seminato la morte al termine del concerto di Ariana Grande fanno rabbrividire, ora che conosciamo nomi, età, volti di 12 delle 22 vittime, lo strazio delle famiglie, il dolore dei feriti, l’angoscia attorno ai dispersi. Lo scoop è del New York Times, che è venuto in possesso delle foto scattate sulla scena del crimine. Una fuga di notizie pesante per gli apparati di sicurezza britannici, già presi in contropiede, martedì, dalla rivelazione, prematura per lo svolgimento delle indagini, dell’identità dell’attentatore, quella volta a opera dell’intelligence statunitense. Ingerenza che il ministro degli Interni britannico Amber Rudd ha condannato pubblicamente.
INTANTO, si definisce meglio il network di cui, ora sembra certo, faceva parte Abedi: il fratello minore, Hashem, 20 anni, è stato arrestato martedì pomeriggio dalle Forze speciali libiche a Tripoli, ma la notizia è stata diffusa solo oggi. Hashem ha confermato di essere, come Salem, fedele all’Isis, e di essere al corrente del progetto di strage. Secondo SkyNews, avrebbe ricevuto dal fratello, poco prima dell’attentato, 4.500 dinari libici necessari alla preparazione di un attacco terroristico nella capitale libica.
Intanto ieri a Manchester, in due raid separati, di cui uno in un appartamento al centro di Manchester, polizia e Forze Speciali hanno arrestato ieri tre persone, portando il totale a quattro, fra cui Ismael, il fratello maggiori di Abedi, anche egli probabilmente implicato.
Non è ancora chiaro il ruolo del padre, che Salem era andato a trovare in Libia di recente. All’Associated press aveva dichiarato che il figlio era innocente e che, secondo le sue informazioni, non avrebbe dovuto tornare a Manchester, ma in Arabia Saudita per il ramadan. Anche lui è stato arrestato.
E il Regno Unito si blinda: nella notte di martedì, alla luce degli aggiornamenti di intelligence, il Joint Terrorism Analysis Centre aveva elevato il livello di allerta in tutto il Paese da SevereaCritical, il massimo allarme: classificazione utilizzata se un attentato è considerato imminente. Di conseguenza, è stata avviata l’Operazione Temperer, che prevede il dispiegamento di migliaia di soldati sul territorio nazionale, coordinati dalla polizia. Un intervento pianificato già dal 2015 per fronteggiare gravi minacce alla sicurezza nazio- nale, che Cameron però era sempre stato restio a usare, per evitare l’impressione che il governo fosse costretto a ricorrere a una sorta di legge marziale. Theresa May non ha esitato. Già da ieri, 1000 militari presidiavano obiettivi sensibili, monumenti e snodi della rete dei trasporti. A Londra il Parlamento è stato chiuso ai visitatori e il cambio della guardia sospeso. Lo scopo è duplice: accanto alla funzione deterrente la strategia è liberare pattuglie della polizia e mandarle in strada.
MA I DUBBI SONO DUE. Il primo: i terroristi possono colpire ovunque e chiunque, e anzi la loro strategia sembra quella di evitare i luoghi meglio difesi. Il secondo: impossibile monitorare tutto, specie dato il calo di poliziotti in servizio in Inghilterra e Galles. Secondo dati ufficiali, il loro numero, dal 2009 al 2016, è passato da 144.353 a 122.859 unità in seguito a tagli di budget dei governi conservatori.
Amber Rudd ha ammesso ieri che Abedi era noto up to a point, entro un certo limite, ai servizi di sicurezza britannici.
PERCHÉ non è stato fermato? Il problema, spiega il Guardian, è la disparità di forze in campo. I cittadini britannici che negli ultimi anni sono andati a combattere per gruppi jihadisti in Iraq e Siria sarebbero almeno 850. Metà di loro è tornata e viene classificata dai servizi in base alla presunta pericolosità. L’MI5, cioè l’intelligence interna, ha una lista di circa 3000 sospetti, ma riesce a monitorarne costantemente meno di 500.
La sponda di Tripoli Arrestato anche il padre del kamikaze 22enne che faceva la spola con la Libia