Un universo precario in equilibrio sul baratro
La ricerca scientifica più avanzata ci fornisce oggi un racconto meraviglioso delle nostre origini. È la storia più completa e convincente che siamo riusciti a mettere assieme; è coerente con tutto quello che abbiamo osservato finora e ci costringe ad avventurarci in territori nei quali la mente rischia di perdersi, ma contiene visioni capaci di togliere il respiro.
È la storia di una grande avventura, a opera di uomini e di donne che esplorano gli angoli più reconditi della materia; per fare un viaggio all’indietro nel tempo verso il “non-luogo” da cui è nato il tutto; per cercare di capire quella strana singolarità che ha dato origine alla meraviglia che ci circonda e raccogliere indizi sulla sua fine.
L’ESPERIENZA del passato ci dice che quando in campo scientifico avvengono grandi cambiamenti e nasce un nuovo modo di guardare alle cose, prima o poi cambia tutto, per tutti. Non cambia solo la società, la tecnologia, i modi di produzione, cambia anche la cultura e si modificano i rapporti fra le persone.
Abbiamo visto all’opera questo meccanismo più volte. L’esempio più eclatante si è avuto ai primi del Novecento, quando un gruppo di menti eccezionali ha prodotto, in pochi anni, rivoluzioni concettuali talmente profonde da modificare radicalmente il modo di pensare dell’umanità.
Relatività e meccanica quantistica hanno fornito le basi per un modo nuovo di concepire la materia e l’Universo; un cambiamento di paradigma così radicale che ancora oggi, a distanza di un secolo, facciamo fatica a comprenderlo pienamente. Nel frattempo è cambiato tutto: la vita materiale delle persone, le relazioni sociali e quelle fra individui, la cultura in ogni suo aspetto, compresi coscienza di sé e percezione del mondo. Ed eccoci a Sigmund Freud e Paul Klee, Arnold Schoenberg e Luigi Pirandello e così via; dovremmo ripercorrere tutta la produzione culturale del Novecento.
Ma il meccanismo è tuttora in azione, perché la scienza progredisce a ritmo incalzante. Per esempio, i nostri studi più recenti sulla nascita e la fine dell’universo ci consegnano uno scenario sorprendente. La sottile impalcatura che sorregge questa immensa struttura materiale, e che noi chiamiamo vuoto elettrodebole, è abbastanza stabile da permettere un’evoluzione di miliardi di anni, ma l’equilibrio non è perfetto, anzi si potrebbe rompere in qualunque momento. L’intero universo sembra quindi vivere una condizione di intrinseca precarietà. Già alla sua nascita, sarebbe bastato poco a rendere tutto totalmente instabile: un bosone di Higgs appena più leggero e la microscopica lacerazione del vuoto primordiale, che si era aperta pochi istanti prima, si sarebbe immediatamente richiusa e tutto sarebbe finito prima ancora di cominciare. Così non è avvenuto, anzi c’è stato il tempo perché si formassero stelle, galassie e sistemi solari, e tutto ci è apparso così ben congegnato da pensare, per molto tempo, che nulla avrebbe potuto rompere questo equilibrio.
ORA SAPPIAMOche non è così: quella esile infrastruttura potrebbe cedere di schianto sotto la spinta di una delle spaventose catastrofi che talvolta interessano le galassie più lontane. Ora siamo consapevoli che la meraviglia di mondo materiale che ci circonda, e che abbiamo sempre considerato eterna, sembra danzare, in equilibrio fragile e precario, sul baratro.
Forse vivrà ancora per miliardi di anni, e può darsi che intervengano prima altri fenomeni che oggi non conosciamo, ma tutto potrebbe finire con un’uscita di scena altamente spettacolare. Quale nuova prospettiva potrà nascere da questa consapevolezza più profonda della intrinseca fragilità dell’intera struttura materiale che ci circonda?
Abbiamo da tempo capito che le forme di vita che popolano la Terra sono il prodotto di un equilibrio molto delicato e tutt’altro che stabile. Cadute di asteroidi, eruzioni vulcaniche, variazioni del campo magnetico terrestre, cambiamenti nella dinamica del Sole, e molti altri fenomeni, incluse le nostre stesse attività umane, potrebbero metterle a repentaglio. Ora dobbiamo fare un salto ulteriore: prendere coscienza che l’intero cosmo sembra condividere con noi e col nostro pianeta, un’analoga condizione di precarietà.
Cosa comporta fare i conti con questa condizione di irriducibile vulnerabilità? Chi, se non i filosofi, gli umanisti, gli artisti, potrà dare senso all’esistenza umana messa di fronte a cambiamenti di paradigma così radicali?