Il Fatto Quotidiano

La battaglia di Sofia Coppola per le donne e contro Netflix

- » FEDERICO PONTIGGIA

abbiamo girato pensando al grande schermo, non a quello del telefono”. Non se ne esce, Cannes 2017 è il festival della questione Netflix, e dopo Pedro Almodovar, Will Smith, Hong Sang-soo, Dustin Hoffman e la stessa società di Reed Hasting e Ted Sarandos a metter bocca sullo streaming è Sofia Coppola, in lizza per la Palma con The Beguiled ( L’inganno). “Sono così felice di aver girato in 35mm, è fatto per essere visto al cinema: la sala è un’esperienza unica, soprattutt­o per quello che è oggi la nostra vita”. Meno univoca, viceversa, Nicole Kidman, grande protagonis­ta della 70esima edizione con tre film e una serie tv: “Da attrice, devo lavorare in tutti i media. Il mondo sta cambiando, noi dobbiamo ca mb ia rl o”. Insomma, un occhio allo schermo e uno al conto in banca.

SOFIA E NICOLE, che vi ritrova il partner di The Killing of a Sacred Deer Colin Farrell, Elle Fanning e l’ab ituale Kirsten Dunst rileggono il romanzo di Thomas P. Cullinan del 1966, già trasposto da Don Siegel ne La notte brava del soldato Jonathan (1971) con Clint Eastwood, e la traduzione è uno psicodramm­a dal registro ironico, lo stile calligrafi­co e il caleidosco­pio femminista: “I rapporti di forza tra i sessi, la tensione sotterrane­a tra uomini e donne, raccontati da diversi punti di vista femminili legati al carattere e all’età delle protagonis­te”.

Nel pieno della Guerra di Secessione, una scuola per sole donne in Virginia viene raggiunta da un bel soldato dell’Unione gravemente ferito: Nicole e le altre se ne prenderann­o cura, adoperando alla bisogna ago e filo, sega e funghi. Farrell è l’unico uomo sul set, e non è Clint, e non è un merlo maschio: glielo griderà in faccia, “mi volete castrare”, ma il sospetto che sia venuto già evirato non se ne va.

The Beguiledè un rape-re- venge moviesenza stupro, se non quello atavico e sessista, che inneggia alla sorellanza: la Coppola gira nitido e controllat­o, abbandona i vezzi pop per le geometrie rigorose del Kammerspie­l, ma non lasciatevi ingannare, la pena è capitale, l’es e cu zi on e sommaria, il maschicidi­o à la carte.

Forse non ha tanto da dire, la figlia di Francis, ma lo dice bene: nel Concorso più sciatto degli ultimi anni è già qualcosa. E le ricadute di genere potrebbero fare strada in palmares: “Solo il 4 per cento di donne ha diretto i principali film del 2016. È importante ribadirlo – puntualizz­a la Kidman – perché le statistich­e parlano chiaro: la situazione non è migliorata”. Capito, Pedro?

Fuori dai giochi, viceversa, Rodin, che lasceremmo recensire ai compianti Sandra e Raimondo: che barba, che noia. La barba, foggia hipster, la mette un inerte Vincent Lindon, la noia la dispensa generoso il regista Jacques Doillon, che scalpella un film pesante come il marmo, sordo come il gesso. Del creatore de Il pensatorev­iene offerta una tranche d’arte- vita: il percorso da La porte de l’enfer a Balzac, il triangolo con la contadinot­ta Rose e l’assistente-aman- te Camille Claudel. È cinema vecchio, come l’hanno beccato in sala, ma non nel senso del “cinéma de papa” inviso alla Nouvelle Vague: questo è “cinema de nonnò”, largamente scaduto, nondimeno scadente.

Mentre Variety spara ad alzo zero sul festival (poche star, mercato moscio, film non esaltanti, misure di sicurezza con effetto ritardante sulle proiezioni) e Libération­mazzuola il delegato generale Thierry Fremaux e la sua compagnia di giro, la compagine italiana può già dirsi soddisfatt­a senza attendere eventuali premi: le vendite di Sicilian Ghost Story sono lusinghier­e, A Ciambra è uno degli sparuti gioielli dell’edizione, Cuori puri e L’intrusa si sono fatti applaudire e ben recensire, Dopo la guerrasegn­a se non altro nuove strade produttive, F ortun ata conferma la liaison tra Sergio Castellitt­o e la Croisette, nonché l’allure internazio­nale di Jasmine Trinca.

PECCATO siano risultati maturati in un microcosmo, anzi, in una bolla: Cannes non è un termometro affidabile dello stato dell’art e, nel mentre il nostro box office piange miseria. In barba a proclami a sfondo quasi erotico s u l l ’ a l l u n g amento, la stagione è già finita, vedremo se l’Anica saprà – e vorrà – metterci una pezza. Il tempo stringe, anzi, è scaduto.

Piovono critiche La rivista “Variety” spara a zero sul Festival: poche star, mercato moscio, scarsa qualità

@fpontiggia­1

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