Per Fidel è un’Arca di Noè e poi c’è la carta Calenda
Vista da Mediaset Confalonieri sa che il patto Silvio & Matteo, per ora inevitabile, è l’unione di due debolezze: e se il ministro fa il Macron?
Fedele Confalonieri è il pensiero raziocinante di Silvio Berlusconi. Non sempre è prevalso, ma è sempre influente. In quel di Mediaset s’assiste con indifferenza all’ultimo patto fra l’ex Cavaliere e Matteo Renzi, una riedizione del Nazareno per unire le rispettive debolezze. È scomparso l’entusiasmo di tre anni fa, la prima volta. Il presidente di Mediaset non rinnega la passione per il renzismo, un tempo così travolgente da posizionare l’azienda per il Sì al referendum costituzionale ignorando le esigenze di Forza Italia: “Mi piace ancora”. Ma il tempo, per l’appunto, ha consunto la figura vincente di Renzi. Il fiorentino ha assaporato la sconfitta e patito una scissione; l’amico Berlusconi è il segmento di un affastellato centrodestra con la spinta lepenista di Salvini.
A l l’orizzonte, per Confalonieri, c’è soltanto un modello di alleanze che definisce “Arca di Noè”, una scialuppa di salvataggio condotta da Matteo e Silvio, con poche ambizioni e variopinte identità, per scampare al pericolo dei Cinque Stelle e dei leghisti al Nord. “A bordo ci sarà pure l’animalista Michela Vittoria Brambilla”. Dov’è il punto di approdo (o di collisione) è un dubbio enorme.
CONFALONIERI ha una coppia di impegni quotidiani che a volte non s’intersecano con l’agenda: proteggere Mediaset e suonare il pianoforte. Spesso chiacchiera di politica al telefono, ma in pubblico non si scompone e non si espone mai.
Allora per sviluppare le riflessioni di Fidel, va ripresa la battuta che ha pronunciato mercoledì all’assemblea di Confindustria dopo l’intervento del ministro Carlo Calenda: “Complimenti, abbiamo il nostro Macron”, un epitaffio per Renzi, che con l’ossessione del nuovismo confida di reincarnarsi nel presidente francese da mane a sera.
Anziché spendere una parola d’affetto per Silvio e Matteo nel momento del ritrovo, il cauto Fidel ha incoronato il ministro più detestato dai renziani, ma forse più aderente a un profilo centrista. Quasi a sottolineare la sintonia tra la platea degli industriali e Calenda, un pezzo d’Italia che ha investito parecchio su Renzi e adesso l’ha cancellato.
Il capo del Biscione, però, è convinto che la rapida scalata al potere di Macron non sia replicabile in Italia per diverse ragioni: il tempo da qui al voto, lo spazio (e il denaro) per un partito, l’avanzata dei Cinque Stelle, la legge elettorale proporzionale, la differenza fra il sistema italiano e francese.
Calenda è una suggestione di Confalonieri che può diventare preziosa dopo il varo d el l’Arca di Noè, quando Matteo e Silvio capiranno che insieme rappresentano una fortissima debolezza incapace di governare. Confalonieri simula distacco dagli argomenti parlamentari, a Cologno Monzese, però, captano ancora gli umori degli italiani e sanno creare in laboratorio un prodotto elettorale e, soprattutto, sanno riconoscere un talento politico. Con il giovane sindaco di Firenze, subito convocato nella villa di Arcore, non sbagliarono. Il guaio è che Renzi non è più Renzi. Non aggiunge, sottrae consenso. E Calenda, secondo Confalonieri, deve crescere con calma, fuori dagli schemi del Nazareno, non contaminato dagli abitanti dell’Arca di Noè.
Il patto di Silvio e Matteo presuppone un imminente tramonto dell’esecutivo di Paolo Gentiloni. Non è un auspicio condiviso dal Biscione.
OGGI FORZA ITALIA è all’opposizione, ma da vent’anni, tranne la parentesi di Romano Prodi, Mediaset sostiene i governi solidi perché un governo solido può tutelare l’azienda. Renzi premier disponeva di un ampio controllo del Parlamento, ma era distratto e arrogante, un doppio difetto che ha permesso a Vivendi di Vincent Bolloré di aggredire Mediaset. I rapporti fra il Biscione e Gentiloni sono positivi, Palazzo Chigi – con discrezione – interviene sui dossier economici: da Vivendi- Mediaset a Unicredit-Generali. Il rimpianto ‘94 di Forza Italia non tornerà mai più, la generazione successiva a Berlusconi e Confalonieri – in politica e in azienda – ha fallito. A Fidel resta un cruccio: mettere in sicurezza il patrimonio di Mediaset. E già, suonare il pianoforte. Silvio ha scelto Matteo, altra scelta non c’era. Ma un domani, sembra sussurrare Fidel, ricordatevi di Calenda.
Brutti precedenti A Mediaset optano sempre per un governo solido: col fiorentino è arrivato Bolloré