L’idea del governo va bene solo alle imprese
Impedito il referendum, si ridanno i buoni alle micro-aziende, quelle che ne usano di più
Nel
weekend in cui si sarebbe dovuto votare per i referendum sul lavoro, il governo pensa a reintrodurre i voucher con un testo blindato che arriverà in aula per il voto finale, probabilmente con la fiducia. Un’operazione alquanto sfacciata, non soltanto nei confronti della Cgil che aveva promosso i referendum, ma anche dei cittadini che avevano firmato quei quesiti affinché il sistema dei buoni lavoro, il cui uso è esploso negli ultimi anni, fosse ritirato dall’ordinamento italiano.
CON L’ULTIMA trovata del governo il sistema dei buoni lavoro viene reintrodotto con maggiori vincoli, che però non superano i limiti di fondo: nessun diritto previdenziale e assistenziale viene garantito ai prestatori di lavoro occasionale, cioè quei diritti previsti tas- sativamente dalla nostra Costituzione: malattia e ferie pagate, ma neppure il diritto alla continuità di reddito attraverso l’assegno di disoccupazione, maternità o anche diritto alla ricollocazione.
Secondo lo schema, i nuovi voucher sarebbero destinati alle famiglie e alle piccole imprese con meno di cinque dipendenti. Stando ai dati Inps, queste ultime rappresentano buona parte del totale delle imprese che hanno usato i voucher nel 2015. Per le famiglie viene introdotto un modello simile a quello francese per cui ogni nucleo ha a disposizione un libretto telematico presso l’Inps in cui registrare le prestazioni di lavoro occasionale richieste. In questo caso, ogni famiglia può pagare in voucher fino a 2.500 euro in un anno e deve registrare preventivamente il nominativo del lavoratore e gli estremi (data e orario) della prestazione. Questo meccanismo pare integrare di fatto la tracciabilità dei voucher, ma non previene in alcun caso l’uso estensivo di prestazioni in nero. Si potrà continuare a dichiarare qualche ora e mantenere sommerso la quota rilevante del lavoro occasionale, dati anche i con- trolli quasi inesistenti presso i privati.
Per le imprese sotto i cinque dipendenti, il nuovo sistema introduce un limite di cinque mila euro annuali, che però viene esteso a 7.500 euro se i prestatori di lavoro occasionale sono studenti, pensionati o disabili. Si riproduce così quel circolo vizioso per cui strumenti, già di per se precari, possono essere utilizzati in modo più intensivo proprio nei confronti dei lavoratori più vulnerabili e che avrebbero bisogno di maggiori tutele.
Per le piccolissime aziende, peraltro, il costo lordo dei buoni lavoro aumenterebbe a 12,5 euro per l’aumento della quota contributiva (32% e non più 13%) che confluirà nella gestione separata. Contributi che l’Inps potrà usare per coprire i diritti di altre categorie di lavoratori visto che nessun diritto è garantito agli “occasionali”. Infine, se da un lato per tutte le aziende sopra i 5 dipendenti viene esclusa la possibilità di ricorrere ai voucher, dall’altro si liberalizza il lavoro a chiamata ( o intermittente). Cadono i limiti di età, estendendo a tutti i lavoratori la possibilità di essere assunti con questi contratti, finora limitati a lavoratori under
25 o over 55.
In questo caso rimane il limite delle 400 giornate lavorative in un triennio, ma non viene introdotto alcun limite per le imprese, che quindi possono dotarsi di lavoratori a chiamata per sopperire al fabbisogno di organico. E ora con una platea decisamente più vasta e senza nessun dispositivo contro gli abusi. Molto spesso, infatti, le aziende possono richiedere la disponibilità dei lavoratori a chiamata per i turni eventuali senza però registrarla nel contratto, in modo da non dover retribuire la quota prevista così come disposto dalla legge. Nei fatti, i lavoratori restano a disposizione delle imprese, che ne possono disporre, ma senza alcuna tutela ulteriore.
E per gli altri... Per chi ha più di sei dipendenti viene liberalizzato il cosiddetto lavoro a chiamata (via i limiti di età)
EPPUREdei sostituti dei voucher ci sono già, come ad esempio il contratto di lavoro a termine di durata giornaliera. Nel qual caso, il lavoratore è considerato subordinato e gode di tutti i diritti negati dai ticket lavoro. Al governo, però, interessa accontentare solo le imprese.