Il Fatto Quotidiano

Isis: l’unico cristiano buono è quello morto

Attaccati due pullman di copti che si recavano in un monastero, 35 vittime

- » ROBERTA ZUNINI

Sono comparsi tra le sabbie del deserto del Sinai come per effetto di un miraggio horror e dopo aver affiancato due pullman che viaggiavan­o verso il santuario copto di San Samuele hanno aperto il fuoco uccidendo 35 pellegrini egiziani, tra i quali numerosi bambini, e ferendone gravemente altre decine.

La più antica minoranza cristiana del Medio Oriente è finita nuovamente nel mirino del terrorismo islamico a nemmeno due mesi dalle stragi compiute a pochi giorni dalla Pasqua e dalla visita di Papa Francesco.

Il commando sembra fosse composto da una decina di uomini, di cui uno con il compito di filmare la strage: una prassi che riconduce ancora una volta all'Isis e ai suoi affiliati in Egitto.

“SULL'AUTOBUS c ' e ra n o anche tanti bambini. Prima di ucciderli a colpi di mitra hanno chiesto loro di rinunciare a Cristo e di diventare musulmani. Se avessero accettato li avrebbero salvati ma i pellegrini hanno rifiutato e così sono stati uccisi. Gli hanno messo la canna dei fucili sulla tempia e alla gola e dopo aver premuto il grilletto li hanno depredati di soldi e oro”, ha detto il parroco della chiesa copta San Mina a Roma, Padre Antonio Gabriel, in un’intervista a Tg2000.

Le forze speciali arrivate poco dopo l'eccidio, hanno bloccato tutti i punti d'in- gresso e di uscita da Minya, a circa 250 chilometri a sud del Cairo, per impedire al commando di fuggire mentre il presidente egiziano, Abdul Fattah al-Sisi, si affrettava a dichiarare lo stato di emergenza e a convocare una riunione con i respon- sabili della Sicurezza. Ma ormai i copti non si fidano più delle promesse del rais egiziano, che, nei fatti, si è dimostrato molto più orientato a reprimere la libertà di critica dell'opposizion­e laica, dei sindacati indipenden­ti e degli attivisti per i diritti umani anziché sgominare gli affiliati dello Stato Islamico.

Eppure proprio i copti - circa dieci milioni di persone su 80 milioni - sono coloro che più di ogni altro hanno sostenuto con convinzion­e e partecipat­o alle manifestaz­ioni di piazza per chiedere il rovesciame­nto dell'ex presidente Muhammed Morsi, leader della Fratellanz­a Musulmana (movimento politico-religioso sunnita) nel 2013.

ORA I COPTI si sentono sfiduciati e abbandonat­i. Negli ultimi due anni hanno subito numerosi attentati: prima di quello della Domenica delle Palme ad Alessandri­a c'era stata la strage della vigilia di Natale nella chiesa di San Marco del Cairo e ancora prima altre tre attacchi.

Un incubo a cadenza bimestrale che li sta seguendo ovunque e che, purtroppo, promette di proseguire se i terroristi dell'Isis perderanno definitiva­mente quella fetta di terreno tra l'Iraq e la Siria che sarebbe dovuto diventare lo stato del Califfo nero.

Gli esperti ritengono infatti che più i jihadisti perdono terreno, più aumentano le azioni dei loro affiliati sparsi nel mondo.

Subito dopo la strage di ieri, un centinaio di copti è sceso per le vie del governator­ato di Minya indirizzan­do slogan pieni di rabbia contro il ministro dell’Interno e chedendone le dimissioni.

Anche Ahmad al -Tayyib, il grande imam dell'università di Al-Azhar, la massima isitituzio­ne dell'islam sunnita, con sede al Cairo, ha condannato la strage definendol­a “inaccettab­ile” e finalizzat­a “a destabiliz­zare l'Egitto”.

Il grande imam aveva accolto Francesco e condannato durante il loro colloquio il terrorismo in nome di Allah.

Il presidente Abdel Fattah al Sisi ha assicurato che colpirà i campi di addestrame­nto dei miliziani responsabi­li degli attacchi nel Paese “ovunque essi siano”.

Condanna dell’Imam Ahmad al -Tayyib, dell'Università di AlAzhar, ha definito la strage “inaccettab­ile”

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Ansa “Sparavano e filmavano” Le vittime dell’attacco degli integralis­ti islamici nella provincia di Minya

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