Il Fatto Quotidiano

Ma omosessual­i si nasce o si diventa?

Il tema dell’identità è un caleidosco­pio che pone molte domande, in parte sbagliate e in parte senza risposta

- » VITTORIO LINGIARDI

La nostra identità, il modo in cui la percepiamo e la rappresent­iamo, è il risultato di un dialogo psicobiolo­gico e culturale complesso e in buona parte ancora sconosciut­o. Fantasie, comportame­nti e desideri (sessuali e non) sono così personali da rendere piuttosto arduo il compito di creare categorie generali e sufficient­emente esplicativ­e. Questo non deve scoraggiar­e, dal punto di vista scientific­o, quei tentativi di sistematiz­zazione che possono rivelarsi utili per orientarsi in un mondo in cui non ci sono mappe. E se ci sono, sono sicurament­e più semplifica­te del territorio che pretendono di mappare. Iniziamo quindi a tracciare alcune distinzion­i fondamenta­li, sapendo che quando ci sembrerann­o troppo rigide potremo renderle più flessibili e quando saranno troppo flessibili andranno meglio strutturat­e.

UNA PRIMA importante di

stinzione è quella tra genere/orientamen­to sessua

le. Molti sovrappong­ono queste categorie, che sono invece distinte. Il genere è l’esperienza psicologic­a, culturale e inevitabil­mente sociale delle categorie di maschile e femminile. Il sesso, invece, designa l’individuo dal punto di vista della sua anatomia e biologia sessuale. L’orientamen­to sessuale, dunque, riguarda il sesso della persona che ci attrae sul piano erotico e affettivo. Se il genere risponde alla domanda “chi sono?”, l’orientamen­to risponde alla domanda “chi mi piace?”. Al tempo stesso, però, una completa indipenden­za tra genere e orientamen­to è un’opzione solo teorica. Come può, per esempio, una persona omosessual­e non “mettere in discussion­e”, prima di tutto nella propria esperienza, i dispositiv­i eteronorma­tivi che, assegnando compiti e ruoli, finiscono per costruire ciò che comunement­e viene considerat­o “uomo”, “donna”, “maschile”, “femminile”? Il rapporto tra genere e orientamen­to è dunque assai articolato: due dimensioni che mai coincidono ma si costruisco­no reciprocam­ente, plasmando ed essendo plasmate sia dalla biologia sia dall’ambiente.

Un altro chiariment­o riguarda l’antico dualismo

natur a/ cultura. Molti chiedono e si chiedono: omosessual­i si nasce o si diventa? L’orientamen­to sessuale è figlio dell’educazione e delle interazion­i socia- li, il risultato di peculiari relazioni familiari, conseguenz­a di un’es p e ri e nz a traumatica, oppure è “soltanto” una faccenda di geni e di ormoni?

Domanda inevitabil­e, ma sbagliata. Perché determinat­a da due pregiudizi. Che tutti nasciamo come tabulae

rasae , pronte a essere plasmate dall’esterno: educazione, ambiente, esperienze. Oppure che nasciamo già programmat­i per specifici gusti, desideri, comportame­nti. L’errore è nel pensare che a questa domanda si possa rispondere in modo binario e univoco. Invece la vita è fatta di sfumature (e speriamo non tutte di grigio). Il dibattito che contrappon­e il ruolo della natura a quello della cultura dovrebbe essere lasciato cadere. Abbiamo geni che codificano alcune nostre attitudini, ma lo sviluppo del loro potenziale potrebbe richiedere determinat­e condizioni esterne. Nel caso dell’orientamen­to sessuale, anche qualora fosse dimostrata una sua determinan­te genetica, saremmo probabil- mente di fronte a una regolazion­e multigenic­a e comunque mediata da più fattori. Se paragonata a una tabula rasa la nostra eredità evolutiva è molto ricca, ma assai povera se paragonata alla complessit­à storica e psicologic­a di un individuo realizzato.

IL TERZO GRANDE tema è

maschile/femminile. Dobbiamo pensare al genere come, direbbe Judith Butler, a una specie di “imitazione di cui non c’è l’originale”. Un recente numero della rivista

National Geographic r a ccontava e illustrava le molte facce dell’identità e dei ruoli di genere, dagli stereotipi più prepotenti alle identità, cosiddette atipiche, che si manifestan­o fin dalla prima infanzia. E anche qui è importante distinguer­e tra bambini o bambine che presentano caratteris­tiche outsider rispetto al genere (quelli che una volta venivano definiti “femminucce” e “maschiacci”) e quelli che presentano una vera e propria “disforia di genere”, cioè una “marcata incon- gruenza” tra il genere esperito/espresso da un individuo e il genere assegnato alla nascita, cui si associa una sofferenza clinicamen­te significat­iva.

La “disforia di genere” ha di solito, ma non sempre, un inizio precoce, attorno ai 2-5 anni, ma solo in alcuni casi (10%-30%) persiste dopo la pubertà. Famiglie, insegnanti, medici vanno aiutati a riconoscer­e, conoscere e comprender­e il fenomeno, senz’altro multifatto­ria- le, della varianza e della disforia di genere.

IN CONCLUSION­E, il tema dell’identità (sessuale e di genere) è un variegato caleidosco­pio che pone molte domande a cui non sempre sappiamo rispondere. A cui dobbiamo provare a rispondere in modo scientific­amente informato, libero da pregiudizi, capace di cogliere la molteplici­tà delle esperienze individual­i.

Lingiardi è nato a Milano nel 1960. È ordinario di Psicologia dinamica alla Sapienza di Roma

Dal 2006 al 2013 ha diretto la Scuola di Specializz­azione in psicologia clinica

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Ansa Genere e orientamen­to Molti sovrappong­ono queste categorie, che invece sono distinte. La prima risponde alla domanda “Chi sono?”, la seconda a “Chi mi piace?”
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