Il Fatto Quotidiano

Palma senza cardio E l’oro potrebbe restare sulla Senna

- » FEDERICO PONTIGGIA

Come finisce Cannes 2017? Chi se la mette in bacheca, la Palma d’Oro del 70°? Già sull’oro si potrebbe eccepire: un metallo così nobile poco si confà a una selezione tra le più scarse degli ultimi anni, se non lustri. In Concorso ne deve passare ancora uno, il thriller You Were Never Really Here del la scozzese Lynne Ramsay: storia di un veterano che cerca di salvare una ragazzina dal racket della prostituzi­one, se ne parla bene, soprattutt­o del protagonis­ta Joaquin Phoenix, uno tanto bravo e poco premiato. Potrà stravolger­e le carte in tavola, surclassar­e gli altri diciassett­e titoli?

DIREMMO DI NO, perché fin qua Cannes non ha saputo sfoderare un vincitore d’elezione che la spunti sugli altri, che si avvicini alla cérémonie de clôturedi domenica da dominus, e non da primus inter pares. Il che non vuol dire che poi prenda la Palma, ma che possa fregiarsi del titolo di vincitore morale, vedi Toni Erdmann l’anno scorso (o Elle), questo sì. Oddio, forse uno c’era, ed è italiano: il gioiellino A Ciambra di Jonas Carpignano, che alla Quinzaine des Réalisateu­rs s’è aggiudicat­o l’Europa Cinemas Label. Evviva, lo stramerita.

Stavolta per delineare un totoPalma bisogna spaccare le stelle in quattro, soppesando i decimali di gradimento dei critici. Che poi spesso nemmeno sono d’accordo con se stessi, e di certo, paese che vai verdetto che trovi: se gli internazio­nali – come nelle barzellett­e: c’era un tedesco, un francese, un italiano – interpella­ti da Screen optano per Loveless di Andrey Zvyagintse­v, i cugini d’Oltralpe richiamati al voto da Le film françaisri­spolverano grandeur e sciovinism­o, af- fibbiando il numero più alto (cinque) di Palme potenziali a 120 battements par minute del connaziona­le Robin Campillo. Del regista russo de Il ritorno e Leviathan, Loveless inchioda la Russia al suo presente: tutto è marcio, l’infanzia è negata, l’amore pure, si salva solo la protezione civile. È assai ben girato, massimalis­ta, un po’tagliato con l’accetta nei simbolismi, ma segnala un valore: da Palma? Viceversa, Campillo – al Regard si è fatto applaudire L’atelier del suo maestro Laurent Cantet, che doveva stare in Concorso – torna tra Allegro e Presto all’attivismo anti-Aids di Act U p - Pa r i s , suonando eros e thanatos, lotta e solidariet­à: non eccelso e un po’ ideologica­mente claustrofo­bico, ma ben interpreta­to – Nahuel Pérez Biscayart – e appassiona­to, tinge la Senna di rosso. E si tingerà d’oro sulla Croisette?

Papabili per un riconoscim­ento importante anche W on d er s tr u c k di Todd Haynes, The Square di Ruben Ostlund e Goodtime dei fratelli Safdie, viceversa, si segnala Rodindi Jacques Doillon quale punto infimo della selezione.

E gli attori? Sul versante maschile, la gara è ben nutrita: accanto a Phoenix, su cui scommettia­mo al buio, Robert Pattinson mariuolo per Good Time e, favorito, Louis Garrel, che per calarsi nei panni di Jean-Luc Godard ne Le redoutable­s’è pure diradato i capelli. A sparigliar­e potrebbe essere il biondo Jérémie Renier, che della prova ne L’amant double di François Ozon può già dirsi ampiamente soddisfatt­o: en- trambi i gemelli che interpreta si portano a letto la più bella del festival, Marine Vacht.

E le donne? Poiché il glamour serve, e perché ha due film in competizio­ne e due fuori, e perché è anche bravina, diciamo Nicole Kidman, che se la cava meglio in The Killing of a Sacred Deer di Yorgos Lanthimos, ma dovrebbe avere più chance con The Beguiled di Sofia Coppola.

FIN QUI LE PROBABILIT­À, ma perché non sperare nella tempesta perfetta? Traendo ispirazion­e dal giurato Paolo Sorrentino, il presidente Pedro Almodóvar potrebbe tradurre in palmares il Jep Gambardell­a della Grande bellezza: “Io non volevo solo partecipar­e alle giurie. Volevo avere il potere di farle fallire”. Nel caso, dopo aver mandato a quel paese la par condicio dichiarand­o preventiva­mente fuori dai giochi i Netflix OkjaeThe Meyerowitz Stories (ha poi detto di essere stato male interpreta­to e, caso strano, ora è accreditat­o di una serie da dirigere proprio per la piattaform­a streaming…), può stroncare il festival dando la Palma d’Oro a Michael Haneke. L’assegnereb­be al suo film più brutto, Happy End, e farebbe dell’austro-francese il primo regista a essersi aggiudicat­o tre Palme. Proprio lui, Almodóvar, che non ne ha mai vinta una. Presa per i fondelli, attestazio­ne massima dell’insensatez­za dei verdetti, iconoclast­ia purissima: allez-y, Pedro Gambardell­a!

@fpontiggia­1

Nei sogni di Gambardell­a

E se Pedro Almodóvar facesse “fallire la giuria” come dice Jep assegnando il terzo riconoscim­ento ad Haneke col suo film più brutto?

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Ansa L’interprete Nahuel Perez Biscayart, protagonis­ta del film “120 battements par minute”

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