“Renzusconi” reintroduce i voucher e avvicina le urne
I renziani li votano con Fi e Lega, contraria la sinistra dem. Mdp lascia la maggioranza
La maggioranza del Pd vota con la destra, reintroduce i voucher che aveva cancellato un mese fa per evitare il referendum della Cgil, e galoppa a briglie sciolte verso le elezioni in autunno. Tutto insieme, tutto in poche ore.
Succede a Montecitorio, commissione Bilancio. Venerdì sera dopo le 22 il relatore della cosiddetta “manovrina” Mauro Guerra rompe gli indugi e presenta l’emendamento su cui si discute da oltre 24 ore. Nessuna mediazione: tornano i voucher. Avranno un altro nome e un’altra forma. La seduta è ripresa ieri mattina. Il Pd si spacca per la prima volta dopo il Congresso e le primarie: Cesare Damiano, ex ministro del lavoro con Prodi, guida la protesta degli orlandiani, che si rifiutano di mettere la faccia sull’emendamento ed escono dalla Commissione prima che venga approvato.
Anche i deputati di Mdp-Articolo 1 lasciano l’aula e scrivono la parola fine al loro rapporto stabile con la maggioranza che regge il governo Gentiloni: “A questo punto non abbiamo più alcun vincolo ”, sancisce Arturo Scotto.
Una norma che sbugiarda il Jobs Act
Il testo della“manov rina” arriva in aula a Montecitorio martedì. L’ emendamento contestato introduce due nuove forme di lavoro precario. La prima è il cosiddetto “libretto di famiglia”, che servirà a pagare prestazioni occasionali per piccoli lavori domestici come pulizia, manutenzione della casa e baby-sitting.
La seconda è il “contratto di prestazione occasionale”, il vero sostituto dei buoni per le imprese. Rispetto ai vecchi voucher il compenso per chi lavora aumenta da 7,50 euro netti a un minimo di 9 euro l’ora, mentre la quota contributiva a carico del datore sale al 33%. Il tetto ai compensi è fissato a 5mila euro l’anno per singola impresa, mentre ogni lavoratore potrà ricevere fino a 2.500 euro l’anno dallo stesso datore di impiego, per un massimo di 4 ore continuative al giorno per prestazione.
I nuovi voucher riguarderanno le microimprese, che però sono la stragrande maggioranza del tessuto produttivo italiano (per l’Istat il 90% delle aziende italiane conta meno di 10 dipendenti). Leggendo il testo de ll ’ emendamento, si scopre un’altra sorpresa: potranno accedere al contratto di prestazione occasionale tutte le imprese con meno di 5 dipendenti a tempo indeterminato. Nel conteggio, quindi, non sono considerati collaboratori, stagisti, contratti a termine. Per Damiano è un controsenso: “In questo modo si rischia di incentivare le imprese a minimizzare il numero di dipendenti a tempo indeterminato. Esattamente il contrario di quello che era stato sbandierato come l’obiettivo del Jobs Act di Renzi: dopo aver sostenuto che bisognava far costare di meno il lavoro stabile, si fa una norma per far costare di meno il lavoro iper flessibile. Hanno giustifica- to il bisogno di reintrodurre i voucher per colmare un vuoto normativo per le imprese. Falso: hanno già a disposizione il job on call, l’interinale e il contratto a termine”.
Il piano inclinato verso il voto in autunno
Il risultato è che il Pd renziano ha portato a casa una nuova accelerazione sul piano inclinato che porta alla fine anticipata della legislatura. L’emendamento sui voucher è un provvedimento di destra votato conl adestra. Ire nzianis el osono approvatop rati camen teda soli, insieme a Forza Italia e Lega (contrari anche Cinque Stelle e Sinistra italiana). Pure Michele Emiliano, che non ha uomini in Commissione Bilancio (tranne il presidente Francesco Boccia che però non vota per garbo istituzionale) è deluso soprattutto dal metodo – più che sul merito – con cui è stata gestita la partita sui buoni lavoro: senza una discussione e senza coinvolgere la Cgil, dopo aver aggirato un referendum promosso con 3 milioni di firme. Susanna Camusso ha già fatto sapere che il sindacato sta valutando il ricorso alla Corte Costituzionale e una manifestazione nazionale il 17 giugno a Roma.
Lo strappo del governo con gli ex Pd di Articolo 1, i cui numeri sono decisivi al Senato, è ormai un dato di fatto. Scotto ha sottolineato ironicamente la celebrazione del nuovo Nazareno allargato: “Quello sui voucher non è l’ultimo voto della legislatura. Ma il primo della prossima. Renzi, Berlusconi e Salvini insieme”.
Il capogruppo re nzia no Ettore Rosato ha messo le mani avanti: “Mi auguro che al Senato Mdp mantenga fede agli impegni che ha assunto anche davanti ai suoi elettori dicendo che avrebbe sostenuto con lealtà il governo, dopodiché ognuno si assumerà sua responsabilità”. Gli ha replicato Francesco Laforgia: “Il gioco del cerino non funziona più. Il Pd ha deciso di recitare il de profundis al governo per assecondare il desiderio di Renzi di andare al voto”.
L’ex ministro Damiano: “Così Renzi smentisce se stesso, alle imprese non converrà stabilizzare”