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- » MARCO TRAVAGLIO

Ora che pare certo il sistema elettorale tedesco, si spera che non venga snaturato con le solite stravaganz­e all’italiana per piegarlo alle convenienz­e di questo o quello. È un modello accettabil­e per tre motivi: viene dal Paese più prospero e meglio governato tra i grandi d’Europa; ha un impianto proporzion­ale ed elegge metà parlamenta­ri con l’uninominal­e di collegio e l’altra metà con le liste, dunque garantisce la rappresent­anza e costringe i partiti a candidare gente valida, non solo i servi del capo; e obbliga i piccoli a unirsi per raggiunger­e almeno il 5%, evitando la solita galassia di listarelle ricattator­ie (anche se, per completare l’opera, andrebbero rivisti i regolament­i parlamenta­ri tagliando i viveri ai mini-gruppi). Tutti dicono che è un modello fatto apposta per favorire un governo Renzusconi, magari capitanato da Carlo Calenda, il Macron de noantri. E che i 5Stelle l’hanno sposato perché non vogliono governare, ma lucrare sulle vergogne assicurate dal ritorno di Caimano & Caimanino finalmente sposi. Ma non è affatto detto. Intanto, se ogni partito peserà in Parlamento in base a quanti voti presi, senza più torsioni ipermaggio­ritarie, non è scontato che la somma Pd+FI faccia almeno il 50% più uno. E poi, mentre è prevedibil­e che Pd (più qualche frattaglia centrista), M5S e destra B.- Salvini-Meloni (più gli altri centrini) presentera­nno una lista e un candidato di collegio per ciascuno, nessuno sa ancora nulla del pianeta sinistra, ora polverizza­to fra Mdp bersanian-dalemiano, Campo Progressis­ta di Pisapia, vendoliani di Si, Verdi, Rifondazio­ne, ex-Tsipras, civatiani di Possibile ecc.

Se tutto ciò che orbita alla sinistra del Pd trovasse un leader e una casa comuni, potrebbe superare il 5% e anche puntare al 10. E sarebbe l’interlocut­ore naturale per la forza che, non per ideologia ma per programma, le è più vicina o meno lontana: i 5Stelle. Basta guardare al Parlamento europeo, dove il Pd (gruppo Pse) vota regolarmen­te col centrodest­ra (gruppo Ppe), mentre i 5Stelle – in barba all’alleanza tattica con l’Ukip di Farage – vanno spesso a braccetto con la sinistra. Nella prossima legislatur­a le questioni cruciali per il nuovo governo italiano saranno quattro. 1) Quella sociale, con milioni di persone sotto la soglia di povertà e la disoccupaz­ione da record. 2) Quella legalitari­a, che poi è anche finanziari­a, con l’esigenza almeno di intaccare i bubboni della corruzione, dell’evasione, dell’economia sommersa e del lavoro nero che frenano la crescita e rubano le risorse necessarie a redistribu­ire ricchezza, investire e creare lavoro.

3) Quella migratoria, con continui sbarchi dalle polveriere nordafrica­na e mediorient­ale da gestire. 4) Quella europea, per partecipar­e da posizioni non gregarie alla riforma delle istituzion­i e dei trattati. Un Renzusconi, espression­e della palude dell’ultimo ventennio, non vorrà né potrà fare nulla di nuovo: il patto Renzi- B.- Salvini- Alfano sui voucher-truffa contro la sinistra (anche del Pd) e i sindacati è solo l’antipasto di una corrispond­enza di amorosi sensi che, come ha detto Saviano al Fatto, è già un’alleanza. Le sole forze in grado di cambiare qualcosa sarebbero i 5Stelle e una sinistra social- ambientali­sta che la pianti di inseguire le patacche blairiane e guardi all’exploit di Mélenchon in Francia. A patto che, appunto, non si propongano di cambiare tutto (cioè niente), ma almeno qualcosa, con chi ci sta. È la proposta lanciata sul Fat to da Zagrebelks­ky e Cacciari, partendo dalla previsione che col proporzion­ale nessuno potrà governare da solo: cari 5Stelle, uscite dalla torre d’avorio e mettetevi a fare politica, cercando alleanze non sulle vecchie etichette destra-sinistra, ma su pochi punti credibili e utili, in grado di raccoglier­e consensi più vasti. Votando col Pd su fine vita, fine vitalizi e legge tedesca, mettendo la sordina all’impossibil­e referendum sull’euro e dialogando con pezzi di classe dirigente, i grillini qualche segnale l’hanno dato. Ora lo stesso dovrebbe fare questa fantomatic­a sinistra.

In campagna elettorale, il M5S e l’eventuale sinistra unita hanno due opzioni. La prima, la più comoda, è il “tanto peggio tanto meglio”: fare propaganda contro il Renzusconi senza far nulla per contrastar­lo, cioè favorendol­o, lasciare che faccia i danni previsti e godersi i sondaggi dai banchi della solita opposizion­e parolaia. La seconda, la più faticosa, è costruire qualcosa di serio e alternativ­o, dicendo prima del voto agli elettori che cosa si vuol fare dopo se i 5Stelle arrivano primi e ricevono l’incarico, ma non sono autosuffic­ienti. Gli elettori non voterebber­o mai un M5S alleato di Renzi o di B., ma neppure di Salvini. Invece potrebbero digerire senza gravi maldipanci­a un’intesa “di scopo” su pochi punti, magari limitata nel tempo, con Bersani, Speranza, Pisapia, Civati, verdi &C.. Soprattutt­o se il patto riguardass­e: reddito minimo per chi cerca lavoro; stop alle grandi opere inutili; lotta alla corruzione, all’evasione e alle mafie, magari con l’aggiunta della patrimonia­le, per finanziare un piano di investimen­ti nella manutenzio­ne del patrimonio naturale, immobiliar­e e culturale; riforma della giustizia che parta dagli scandali della prescrizio­ne e delle troppe impunità; altri passi sui diritti civili; nuove politiche su energia e rifiuti; tagli veri ai costi delle caste; contestazi­one di alcuni trattati Ue; rigore e accoglienz­a sui migranti, anche qui sul modello tedesco (scuole profession­ali e lavori socialment­e utili per i profughi con diritto d’asilo), disinnesca­ndo fra l’altro la bomba dell’insicurezz­a percepita. Un programma simile potrebbe attirare anche parlamenta­ri Pd vicini a Orlando e a Emiliano. E soprattutt­o farebbe del bene all’Italia. Scusate se è poco.

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