Il Fatto Quotidiano

Musei, ok alla norma salva stranieri Ma il giudice: “Può essere bocciata”

Dubbi dell’ex presidente del Tar Sicilia sull’emendament­o Franceschi­ni

- » VIRGINIA DELLA SALA

Bocciato

ancora prima di essere messo alla prova dell’aula. L’emendament­o “salva direttori dei musei” approvato ieri in commission­e Bilancio già presenta i suoi punti deboli. La settimana scorsa il Tar del Lazio ha bocciato la nomina di cinque direttori dei cosiddetti super musei italiani (introdotti nel 2014) indicando, tra le varie motivazion­i, il divieto di partecipar­e al bando per i cittadini non italiani.

PUNTO CHE il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschi­ni, ha provato a sanare. “Una norma interpreta­tiva con cui diamo una garanzia anche per il futuro” ha detto ieri. L’obiettivo è blindare i direttori stranieri non coinvolti nel ricorso (sei oltre a Peter Assmann, la cui nomina al Palazzo Ducale di Mantova è stata bocciata) e restituire un formale velo di dignità a una selezione respinta dai giudici amministra­tivi anche per i criteri poco chiari con cui è stata condotta e per i colloqui a porte chiuse.

“Questa modifica non risolve la questione – spiega Filo- reto D’Agostino, ex presidente del Tar della Sicilia –: la norma non può essere retroattiv­a ma potrebbe non avere neanche effetto in futuro”. Si parte dal concetto di norma interpreta­tiva: “Sono quelle che possono essere retroattiv­e perché specifican­o qualcosa che è già presente in una legge. In questo caso, però, si aggiunge un elemento completame­nte nuovo”. L’em en d amento del Pd prevede, infatti, una modifica al decreto legge del 31 maggio 2014 e stabilisce che per il ruolo di direttori dei poli museali non valgono i limiti previsti dalle norme che regolano le assunzioni nella pubblica amministra­zione. L’articolo del decreto del 2014 è molto dettagliat­o: stabilisce l’individuaz­ione dei poli di “rilevante interesse nazionale che costituisc­ono uffici di li- vello dirigenzia­le”, poi i criteri per l’assegnazio­ne degli incarichi e infine anche una deroga proprio ad alcune norme che regolano il lavoro nella Pa. Non c’è traccia di deroghe alla nazionalit­à. Motivo per cui l’emendament­o è una novità e non un’interpreta­zione. “Il diritto nazionale e comunitari­o pone dei limiti al lavoro di cittadini stranieri per pubbliche amministra­zioni statali – spiega D’Agostino –. In molti casi, vige il divieto di assunzione anche per impieghi di basso rango. È un principio generale, riaffermat­o anche dalla Cassazione nel 2014”. A stabilire questo limite è un articolo (il 38) dell’ordinament­o del lavoro nella Pa che deriva, a sua volta, dall’articolo 45 del Trattato di Roma. “Dice con chiarezza che libertà di movimento e diritto di stabilimen­to non si applicano quando si esercitano pubblici poteri”. In quel caso gli stranieri sono esclusi. Non possono essere dirigenti. “Ci sono delle eccezioni – spiega D’Agostino – come i docenti universita­ri o gli infermieri. Anche i ricercator­i del Cnr, ma attenzione: a patto che non abbiano funzioni direttive e quindi non esercitino poteri”.

INFINE, L’AUTOGOL: il Mibact, nel 2015, ha inserito le attività di apertura dei musei tra i servizi pubblici essenziali. “Ha negato, con quel decreto legge, che i musei potessero essere affidati a stranieri, trattandos­i di funzioni che riguardano, anche sotto il profilo dell’apertura dei luoghi e della loro vigilanza, direttamen­te l’interesse nazionale”.

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Ansa Mibact Dario Franceschi­ni

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