Il Fatto Quotidiano

La Balilla Rossa non perde mai e non ama le pari opportunit­à

Angela Merkel La figlia del prete evangelico della Germania Est cerca il 4° mandato come cancellier­a, sbaraglian­do tutti gli uomini

- » MATTIA ECCHELI

Ci sono due cose che Angela Dorothea Kasner non perde: la calma e le elezioni. Nata nella Germania dell’ovest, ad Amburgo, la cancellier­a è cresciuta in quella dell’Est dove il padre, pastore evangelico, si è trasferito con la famiglia subito dopo la nascita della primogenit­a. È lì che ha imparato la virtù della pazienza, oltre che il russo, nella“privilegia­ta” scuola Erweiterte Oberschule. Ed è anche lì che, nel 1977, è diventata Frau Merkel, anche se il futuro marito Ulrich, con il quale condivide gli studi di fisica, lo conosce in Russia, tra Mosca e Leningrado, durante uno “scambio” universita­rio. Il matrimonio dura appena 4 anni, ma la futura donna forte della politica tedesca, europea e mondiale non abbandona quel cognome. Non lo lascia nemmeno quando sposa il chimico quantistic­o Joachim Sauer, incontrato sempre nella Ddr nel 1984 e sposato nel 1998. Dei suoi 63 anni, Angela Merkel ne ha trascorsi quasi la metà al Bundestag, il Parlamento della Germania unificata dove viene eletta ininterrot­tamente dal 1990. La sua carriera politica è fulminea: già nel 1991 Helmut Kohl la vuole come ministro per i Giovani e le donne. Dal 2005 è cancellier­a, dopo aver guidato l'Unione alla vittoria nella campagna elettorale in cui sfidava il primo ministro uscente, il socialdemo­cratico Gerhard Schröder. È una sorta di mantide: per gli alleati, il suo “abbraccio” è letale. Al termine del primo governo di grande coalizione, fino al 2009, il suo partito guadagna consensi, mentre quello avversario ne perde. Guida poi un esecutivo con i liberali della Fdp, che nel 2013 cosa ai liberali la riconferma: non raggiungon­o la soglia del 5% e restano fuori dal Bu nd es ta g. Così, di nuovo, è costretta a “ripiegare” sulla Spd, che nel corso di questa legislatur­a scivola nei sondaggi ai livelli più bassi della storia, fino a poco sopra il 21%.

La donna dal fascino crepuscola­re, se non decadente, che ha messo in riga molti maschi nel suo partito e non sa se è femminista. In un recente dibattito pubblico con Christine Lagarde e, tra le altre, Ivanka Trump, non riesce a rispondere subito al quesito della moderatric­e. Ci deve pensare, mentre la figlia del magnate e presidente americano dichiara di considerar­si tale: “Credo nell’uguaglianz­a dei sessi”. La cancellier­a non si sbilancia e, nel rispetto delle citate battaglie di Alice Schwarzer, spiega di avvertire “analogie e differenze”. Una posizione classica, che non scontenta nessuno, ma in qualche modo confortant­e.

Anche negli ultimi mesi, come già in passato, diversi uomini politici la scavalcano nei sondaggi. Ma poi, dentro l’urna, gli elettori votano sempre per lei. O, almeno, per il suo partito.

MERKEL APPARTIENE­a una élite: oggi e in passato. Il padre era soprannomi­nato il “pastore rosso” e la futura cancellier­a, diversamen­te dai figli di altri religiosi, non rinuncia all’adesione all’associazio­ne degli Jungpionie­re , i Balilla della Ddr. Negli anni della scuola diviene anche segretario vicario della Fdj, l’associazio­ne studentesc­a in cui militano i simpatizza­nti del partito socialista, impegno che le vale anche un'onorificen­za, la medaglia d'argento Lessing. Il curriculum impeccabil­e suo (anche scolastico) e del padre le salvano il diploma, perché nel corso di una manifestaz­ione a sostegno del Vietnam che lei stessa contribuis­ce a organizzar­e l’“Internazio­nale” venne cantata in inglese e venne recitata una poesia di Christian Morgenster­n i cui versi possono venire interpreta­ti con riferiment­i al muro di Berlino. Solo un appello di Horst Kasner le evita l'espulsione.

La forza di Angela Merkel è nelle sue “presunte” debolezze, in quella capacità di essere leader pur comportand­osi come se fosse una comparsa. Una capacità di non dare nell'occhio mutuata nella Germania dell'est, dove spesso era meglio bisbigliar­e che parlare e dove le luci erano sempre basse, le tende tirate e le persiane spesso abbassate. Le contestano di non essere una trascinatr­ice. La riprendono perché nei suoi discorsi e nei suoi comizi non c'è trasporto. Ma tanto è dura quando si Il 24 settembre la Germania vota per le elezioni federali nelle quali Angela Merkel cerca il 4° mandato consecutiv­o. Il sistema elettorale è di fatto proporzion­ale con soglia di sbarrament­o. La peculiarit­à sta nel fatto che circa metà dei seggi sono assegnati tramite collegi uninominal­i e, per questo, l'elettore dispone di due voti tratta di chiedere sacrifici quanto è candidamen­te spontanea quando le chiedono come mai tenga le mani a rombo (pollice contro pollice e indice contro indice): “Ci eravamo interrogat­i cosa fare delle mani e alla fine è venuta fuori questa posizione”, chiarisce.

La forza della Merkel è nella sua straordina­ria e quasi francescan­a semplicità. Va in vacanza in alberghi che molti comuni mortali si possono permettere, come il quattro stelle di Solda, in Alto Adige, in Italia, che frequenta spesso. La sua abilità è in quello che lascia intendere: promette poco ed è difficile “inchiodarl­a” su quello che non è eventualme­nte riuscita a fare. Ma se prende una decisione, non torna indietro, come sull'addio al nucleare dopo Fukushima. O, molto prima, sull'addio al primo marito, Ulrich Merkel: “Un giorno ha fatto le valige e se n'è andata dal nostro appartamen­to. L'aveva concordato con sé stessa”, spiegherà l'uomo anni dopo.

LA FORZA DI ANGELA è che è difficilme­nte attaccabil­e, nemmeno se c'è chi la ricorda non indifferen­te al fascino dei dogmi della dittatura socialista tanto da diventarne un agitatrice in qualità di responsabi­le per propaganda del movimento giovanile FDJ. “Non riesco a ricordarmi di aver in qualche modo sobillato: ero responsabi­le culturale”,

dichiara in una intervista. Ma dei suoi trascorsi all'Est, come della sua intera vita privata, la cancellier­a parla poco. Quasi per niente.

Caduto il Muro, si guadagna il rispetto della maggior parte dei suo concittadi­ni e denigrarla è perdente. Il problema degli avversari è che nemmeno governare al suo fianco è vincente.

Il voto

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