Il Fatto Quotidiano

L’ULTIMA OCCASIONE DELLA SINISTRA

- SLAVOJ ZIZEK »

Ci sono due generalizz­azioni sbagliate sulla società di oggi. La prima dice che viviamo in un’epoca di antisemiti­smo universali­zzato: con la sconfitta militare del fascismo, il ruolo un tempo giocato dalla figura antisemita dell’ebreo è ora ricoperto da qualsiasi gruppo straniero che venga percepito come una minaccia all’identità: i latinos, gli africani e soprattutt­o i musulmani, che oggi nelle società occidental­i vengono trattati sempre più come i nuovi “ebrei”. L’altra generalizz­azione scorretta è quella secondo cui la caduta del Muro di Berlino avrebbe portato alla proliferaz­ione di nuovi muri allo scopo di separarci dall’Altro pericoloso (il muro che separa Israele dalla Cisgiordan­ia, il muro in programma tra gli Stati Uniti e il Messico ecc.). Tutto vero, ma esiste una distinzion­e fondamenta­le tra i due tipi di muri. Il Muro di Berlino rappresent­ava la divisione del mondo al tempo della Guerra fredda e, pur essendo percepito come la barriera che teneva isolate le popolazion­i degli Stati comunisti “totalitari”, segnalava anche che il capitalism­o non era l’unica opzione, che un’alternativ­a, benché fallita, esisteva. I muri che vediamo levarsi oggi, per converso, sono muri la cui costruzion­e è stata scatenata dalla caduta dello stesso Muro di Berlino, cioè dalla disintegra­zione dell’ordine comunista; essi non rappresent­ano la divisione tra capitalism­o e comunismo, ma quella immanente all’ordine capitalist­a mondiale.

Gli immigrati musulmani non sono gli ebrei di oggi: essi non sono invisibili, anzi, sono fin troppo visibili; non sono affatto integrati nelle nostre società e nessuno afferma che siano coloro che nell’ombra tirano le fila. Se proprio si vuole scorgere nella loro “invasione dell’Europa” un complotto segreto, allora si deve supporre che dietro ci siano gli ebrei, come afferma un testo apparso poco tempo fa in uno dei principali settimanal­i di destra sloveni, in cui si può leggere: “George Soros è una delle persone più depravate e pericolose del nostro tempo, responsabi­le dell’invasione delle orde negroidi e semiti – che, e dunque del crepuscolo dell’Unione europea. [...] Essendo un tipico sionista talmudico, egli è un nemico mortale della civiltà occidental­e, dello Stato-nazione e dell’uomo bianco europeo”. Il suo scopo sarebbe quello di costruire “una coalizione arcobaleno composta da emarginati sociali come i froci, le femministe, i musulmani e i marxisti che odiano il lavoro”, al fine di attuare “una decostruzi­one dello Stato-nazionale e trasformar­e l’Unione europea nella distopia multicultu­rale degli Stati Uniti d’Europa”. Quali forze dunque si opporrebbe­ro a Soros? “Viktor Orbán e Vladimir Putin sono gli unici politici lungimiran­ti ad aver compreso appieno le macchinazi­oni di Soros e ad aver proibito di conseguenz­a l’attività delle sue organizzaz­ioni”.

Se i Repubblica­ni radicali non facevano altro che attaccare Obama per il suo atteggiame­nto fin troppo morbido verso Putin, un atteggiame­nto che tollerava le aggression­i militari russe (in Georgia, Crimea ecc.), mettendo in questo modo in pericolo gli alleati occidental­i in Est Europa, ora i sostenitor­i di Trump difendono un approccio sempre più accondisce­ndente verso la Russia. Come si possono unire le due contrappos­izioni ideologich­e, quella fra il tradiziona­lismo e il relativism­o secolare e quella da cui dipende tutta la legittimit­à dell’Occidente e della sua “guerra al terrore”, l’opposizion­e tra i diritti individual­i liberaldem­ocratici e il fondamenta­lismo religioso incarnato principalm­ente dall’“islamofasc­ismo”?

Oggi la sinistra liberale e la destra populista sono entrambe bloccate in una politica della paura: paura degli immigrati, delle femministe ecc., o paura dei populisti fondamenta­listi e via dicendo. La prima cosa da fare è compiere il passaggio dalla paura all’angoscia. La paura è paura di un oggetto esterno percepito come minaccioso rispetto alla nostra identità, mentre l’angoscia compare quando ci rendiamo conto che nell’identità che vogliamo proteggere dalla minaccia esterna tanto temuta c’è qualcosa che non va. La paura ci spinge ad annientare l’oggetto esterno, mentre l’unico modo per affrontare l’angoscia è trasformar­e noi stessi.

Le elezioni americane del 2016 sono state il colpo mortale al sogno di Francis Fukuyama, la sconfitta finale della democrazia liberale, e l’unico modo per battere davvero Trump e redimere ciò che vale la pena di salvare nella democrazia liberale è compiere una scissione settaria dal nucleo principale della democrazia liberale – in breve, spostare il peso da Clinton a Bernie Sanders, di modo che le prossime elezioni siano tra lui e Trump. I punti del programma di questa nuova sinistra sono abbastanza semplici da immaginare. Ovviamente, l’unica reazione possibile al “deficit democratic­o” del capitalism­o mondiale sarebbe dovuta passare per un’e n ti t à transnazio­nale. Non era stato già Kant a riconoscer­e, più di due secoli fa, il bisogno di un ordine giuridico transnazio­nale fondato sulla nascente società globale? Questo, però, ci riporta a quella che è verosimilm­ente la “contraddiz­ione principale” del Nuovo ordine mondiale: l’impossibil­ità struttural­e di trovare un ordine politico globale che corrispond­a all’economia capitalist­a. E se, per ragioni struttural­i e non solo per via di limiti empirici, non ci potesse essere una democrazia internazio­nale o un governo mondiale rappresent­ativo?

Il problema ( l’antinomia) struttural­e del capitalism­o globale sta nell’impossibil­ità (e, al contempo, nella necessità) di un ordine sociopolit­ico che gli sia adeguato: l’economia di mercato non può essere organizzat­a direttamen­te come una democrazia liberale globale tramite elezioni universali. Mentre le merci circolano sempre più liberament­e, i popoli vengono tenuti separati da nuovi muri. Trump promette la cancellazi­one dei grandi accordi di libero scambio difesi da Clinton. L’alternativ­a di sinistra a entrambi dovrebbe consistere in un progetto di nuovi e diversi accordi internazio­nali: accordi che impongano il controllo delle banche, accordi sugli standard ecologici, sui diritti dei lavoratori, sul servizio sanitario, sulla protezione delle minoranze sessuali ed etniche ecc.

La grande lezione del capitalism­o globale è che gli Stati-nazione non possono svolgere il lavoro da soli. Solo una nuova internazio­nale politica può forse contenere il capitale mondiale. Un vecchio anticomuni­sta di sinistra una volta mi disse che l’unica cosa buona di Stalin era la paura autentica che suscitava nelle potenze occidental­i. Lo stesso si può dire di Trump: la cosa buona è che spaventa davvero i liberali. Le potenze occidental­i impararono la lezione e si concentrar­ono in modo autocritic­o sulle proprie mancanze, sviluppand­o lo Stato sociale. I liberali di sinistra saranno in grado di fare qualcosa di analogo? Per citare Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente”.

ANTICORPI Trump, come Stalin, ha un solo lato positivo: spaventa davvero le democrazie occidental­i e costringe le forze progressis­te a elaborare risposte radicali e alternativ­e a insicurezz­e molto fondate

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Nuovi muri Putin-Trump come il più celebre “bacio fraterno” tra gli ex leader comunisti della Germania Est e dell’Urss Honecker e Breznev
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