Libero palo in libero Stato!
Cassazione sulle sexy-manovre: “Sono arte”
Lap
Dance, legal Dance. Il ballo di chi balla da sola aggrappata a un palo, opportunamente scosciata, è una lecita forma d’arte. Lo dice la Cassazione. E se lo dice il Tribunale, accogliendo le argomentazioni di un fuoriclasse dell’av- vocatura qual è Franco Coppi, anche Milly Carlucci può già allertare Rai1 per il prossimo Ballando con le stelle\. L’arte eleva i popoli e già pare vederli, i concorrenti dello show, eccellere nelle esibizioni – palo a palo – col benemerito consenso della carta bollata.
C’è dunque un giudice in pista e già immaginiamo il beato sogghigno della nostra Selvaggia Lucarelli, arbitro implacabile di quella giostra, valutare gli esiti ballerini dei vip in gara ma carta canta: una ragazza che struscia il proprio vanto sul tubo, uno di quelli messi apposta nei locali – fino ad arrampicarsi – sta facendo una tra le forme dell’arte.
IL TRIBUNALE ha parlato e se anche la ragazza il suo tu per tu col tubo lo fa per radunare intorno a sé cosche di maschi come mosche e interagire con gli avventori più per i toccamenti che con le piroette, ella – “attraverso fisica intimità”– si sta adoperando in una manifestazione a contenuto artistico. Non riguarda il puttanesimo, quindi, la Lap Dance. Una con- danna a 5 anni per associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione comminata a due gestori di locali di lap dance è stata annullata dalla Cassazione.
Le signorine che lavoravano nei club intrattenendosi coi clienti – con “un certo protagonismo”, secondo la prosa dei giudici – assecondavano le convenienze dei titolari ma, soprattutto, incoraggiando la consumazione al bar, obbedivano al proprio interesse personale. È un interesse anche artistico, manco a dirlo ma con la retribuzione, “agganciata agli introiti del bancone bar”. La famosa partecipazione dei salariati agli utili dell’azienda.
Il protagonismo di cui sopra, infatti, “che a volte poteva trascendere in espliciti quanto fugaci toccamenti, ad accapar- rarsi e fidelizzare clienti più remunerativi”, pone le ragazze in una posizione di forza “nelle trattative con i gestori sui turni di lavoro”. Per Luigi Ferrarella, che ne ha scritto ieri sul Corriere della Sera, è“uno dei gradini più bassi della lotta di classe” ma poiché la Cassazione è Cassazione, per noi – la Lap Dance – è decisamente ars
gratia artis. L’arte, insomma, forgia le epoche. E l’orgia di stanga e di pertica, allora, è né più né meno che un Tuca-Tuca o, al più, è un’allusione come tante ce ne sono nell’intrattenimento: “Il cobra non è un serpente”, Donatella Rettore dixit, “ma un pensiero frequente, che diventa indecente”. Una lecita forma d’arte da praticare, va da sé, solo se in forma, con le dovute forme richieste dalla performance. Da che mondo è mondo, però, il ballo – come lo fu il tango nella sua faticosa ascesa dalle bettole ai salotti – è solo un adulterio legalmente autorizzato da consumare in luogo pubblico e il linguaggio della Cassazione, cobra docet, è ben più che rivelatore.
L’ARTE PRECEDE le epoche e “lap” che in inglese significa “g re mb o” è la versione post-contemporanea della danza del ventre. Non ci sono intromissioni cosmiche, come per Sherazade ne Le Mille e u
na notte, ma gli inciampi della seduzione quelli sì. Se sventurata pronta a rispondere – tutta coperta nell’abito claustrale – è la Monaca di Monza, figurarsi poi se non va ad abboccare una signorinella in perizoma, una su cui i maschi vanno a infilare le banconote laddove è possibile perché Salomè, si sa, danza per tutti, purché remunerativi. Post scriptum. Lap Dance, legal Dance. Proprio una buona nuova per il Bunga-Bunga di berlusconiana memoria. Proprio il caso di dire: finché c’è Coppi c’è speranza.