Il Fatto Quotidiano

L’attacco Jihad agli inglesi partì a causa di Blair

In origine fu Al Qaeda, poi vennero i video del Califfato: “Kill them wherever you can”, uccidili ovunque tu possa

- » LEONARDO COEN

Al-Hayat, testata web che è portavoce del Califfato, 24 gennaio 2016. In un nuovo video di rivendicaz­ione degli attentati del maledetto venerdì 13 novembre 2015 a Parigi, due dettagli allarmano l’intelligen­ce inglese. Il primo è il nome in codice dell’operazione: “Kill them wherever you can”. Uccidili ovunque tu possa. Il secondo è nel finale del video: in cui, successiva­mente, appaiono le immagini di David Cameron, allora premier inglese, la Camera dei Lord e alcune zone turistiche britannich­e. Gli analisti non hanno dubbi: “Si tratta di una conclamata minaccia agli interessi britannici”. Del resto, il Regno Unito era tra i bersagli prioritari previsti da Abdelhamid Abaaoud, il capo dei terroristi che avevano attaccato Parigi e che verrà ucciso in un raid della polizia francese pochi giorni dopo, a Saint-Denis.

DIECI ANNI PRIMA, il 7 luglio del 2005, era stata al-Qaeda a colpire Londra con attentati alla rete dei trasporti (metro, bus) causando la morte di 56 persone. Il terrorismo islamico presentava il macabro conto dell’alleanza Bush-Blair, del fatto che la Gran Bretagna era il più fedele alleato degli Stati Uniti nella coalizione internazio­nale che aveva anche come obiettivo non secondario la distruzion­e della rete di Osama bin Laden. Londra aveva pesantemen­te contribuit­o all’eliminazio­ne di numerosi centri di addestrame­nto dei qua- dri di al-Qaeda, nonché allo smantellam­ento di molti gruppi estremisti islamici che ad essa facevano riferiment­o. Tuttavia, grazie alla struttura proteiform­e di al-Qaeda e alla forte esposizion­e mediatica degli attentati in Europa, in Medio Oriente e in India, l’organizzaz­ione si trasforma poco per volta in una sorta di vasta confederaz­ione che aggrega militanti in nome “dello jihad dal basso”, e che attua operazioni condotte da individui isolati o da piccoli gruppi, spesso autoradica­lizzati, che vivono nella clandestin­ità e che non hanno legami diretti con il centro dell’organizzaz­ione. È da questa eredità logistica che parte l’Isis, nei cui ranghi s’inseriscon­o tra il 2013 e il 2014 numerosi jihadisti anglofoni, come il boia “Jihad John”, al secolo Mohamed Emzawi, ucciso alla fine del 2015.

Negli ultimi tre mesi le minacce si sono concretizz­ate con tre attacchi (a marzo, la folle corsa del suv sul ponte di Westminste­r, poi la recente strage alla Manchester Arena, infine Londra), in altre cinque occasioni i servizi segreti sono riusciti a sventare altrettant­i complotti terroristi­ci. Non è un caso: l’8 giugno ci saranno le elezioni anticipate volute dalla premier Theresa May. Gli attacchi di Londra arrivano quando mancano cinque giorni al vo- to, coi sondaggi che danno i laburisti in grande rimonta rispetto ai conservato­ri e il rischio di una svolta imprevista rispetto ai calcoli della May.

Non è la prima volta che il terrorismo cerca di radicalizz­are la situazione politica. Di recente, ci ha provato in Francia, alla vigilia delle primarie presidenzi­ali, con la sparatoria agli Champs Elysées. Lo scopo è forzare le decisioni di chi governa in senso autoritari­o. Il terrorismo – quale che sia la sua matrice e i suoi mandanti – punta a destabiliz­zare. Gli attentati spesso diventano pretesti per adottare leggi più restrittiv­e in nome dell’emergenza. Infatti, la May ha avvisato ieri l’opinione pubblica: “N on “possiamo e non dobbiamo far finta che le cose possano continuare come sono, no, le cose devono cambiare”. Convinta che dietro tutto ci sia l’estremismo islamista, ha proposto un piano articolato in quattro punti. Solo che non c’è nulla di nuovo, è aria fritta in funzione elettorale: “Li affrontere­mo sul terreno delle idee e di Internet”. Putin queste cose le sostiene dai tempi di Beslan...Vuole rilanciare la cooperazio­ne antiterror­istica tra l’Unione Europea e Londra, dimentican­do che la condivisio­ne delle informazio­ni non passa da Bruxelles e che per il momento solo Francia e Germania lo fanno, ma fra di loro. Pure la lotta al net-terrorismo (col blocco amministra­tivo dei siti che ospitano materiale apologetic­o) risale, in Gran Bretagna, al 2005-2007, e si è visto come funziona...

LA MAY, INFINE, scopre che il terrorismo si è evoluto e che c’ è una nuova“tendenza dell’estremismo: i terroristi si ispirano non solo sulla base di un complotto pianificat­o, ma si copiano gli uni con gli altri”. Dicasi emulazione. Insomma, per riassumere, la premier vuole sconfigger­e l’ideologia islamista per far capire che i valori occidental­i sono superiori, mettere fine allo spazio sicuro offerto i terroristi della rete on-line, continuare l’azione militare contro l’Isis in Iraq e in Siria, garantire pene detentive più lunghe e collaborar­e con gli alleati per regolare il cyber-spazio “in modo da evitare il diffonders­i dell'estremismo e la pianificaz­ione degli attentati”. Un replay dell’intervento al G7 di Taormina.

L’OBIETTIVO STRATEGICO

Il terrorismo punta a destabiliz­zare

Gli attentati spesso diventano pretesti per adottare leggi più restrittiv­e in nome dell’emergenza

THERESA MAY

Non possiamo e non dobbiamo far finta che le cose possano continuare come sono

No, le cose devono cambiare

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LaPresse Il discorso Theresa May parla a Downing Street

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