Il Fatto Quotidiano

Chiazze rosso sangue e mucchi di scarpe: il day-after del “salotto”

- » ANDREA GIAMBARTOL­OMEI

Aun tavolo del Caffè Torino, in piazza San Carlo, una coppia di turisti stranieri guarda la scena attorno a loro: un nastro bianco e rosso dei vigili del fuoco, una transenna piegata, una rampa di scale sotto sequestro, agenti e camionetta del reparto mobile della polizia e tante persone arrabbiate per quanto avvenuto la notte prima davanti al maxischerm­o della finale di Champions League. Se non fosse per questi elementi sarebbe una domenica mattina qualsiasi nel salotto buono di Torino, quello coi caffè storici e il monumento equestre a Emanuele Filiberto. In centro città tutto sembra essere tornato alla normalità, eppure fino a poche ore prima la piazza sembrava lo scenario di una guerriglia urbana che ha fatto migliaia di feriti di cui tre gravissimi.

INTORNO all’una di notte sul display gigante compariva la scritta “Punto smarriment­o oggetti e persone sotto lo schermo”. La lunga ricerca dei dispersi, fatta davanti una chiesa chiamando i nomi col megafono, era finita da poco, mentre alcune persone ancora cercavano nei cumuli monitorati da polizia e carabinier­i zaini, portafogli, telefonini e scarpe, tantissime scarpe perse nella fuga. Sul porfido della piazza e sotto i portici chiazze di sangue e birra si mescolavan­o tra sciarpe, bandiere e cartonati della Coppa dei Campioni. Tutti oggetti smarriti e abbandonat­i dalle decine di migliaia di tifosi scappati in preda al panico e all’isteria. Erano arrivati da ogni parte d’Italia e avevano riempito la piazza già nel primo pomeriggio in attesa dell’eventuale festa. In serata ogni spazio era stato colmato e i tifosi si erano assiepati ovunque, tanto che gli organizzat­ori hanno dovuto richiamare il pubblico a scendere dai lampioni e dal Caval d’ Brons. Nulla da fare, sono rimasti quasi tutti lì. Soltanto i gol del Real hanno calmato gli ultras che si sono conquistat­i le prime file davanti allo schermo, controllat­i a vista dalla security privata e dalla Digos. Loro, i tifosi da curva Sud, si erano portati i fumogeni e in alcune occasioni li hanno accesi nel corso della partita.

I petardi, forse, li aveva fatti scoppiare un giovane con lo zainetto inquadrato da alcune telecamere nel momento in cui, mentre la folla scappa, resta fermo con le braccia allargate. A molti deve essere sembrata una delle scene già vista in questi ultimi due anni: il camion sulla folla a Nizza, quello ai mercatini di Natale a Berlino o gli spettatori in fuga dal concerto di Ariana Grande a Manchester. Terrorismo islamico, questa è la prima paura delle persone, quella che le ha spinte a scappare travolgend­o transenne e persone, calpestand­o tutto. Tutti hanno cercato istintivam­ente di darsi alla fuga e ripararsi come possibile. Alcune ragazze si sono fermate dietro un ’ edicola. Disperate e in lacrime, avevano smarrito i loro amici e perso i telefoni. Poco dopo è arrivata una giovane coppia di Napoli: lui piangeva come una fontana, lei lo sfotteva anche se aveva perso la protesi al ginocchio insieme alla borsa con soldi e telefonino. In quel frangente è passato un ragazzo del Nord, ha blaterato qualcosa sulle frontiere e sulla guerra e se ne è andato. Più tardi un ragazzo racconterà che un’altra persona gli ha detto di aver sentito urlare “Allahu Akbar” e aver visto un camioncino muoversi. Il delirio. Più che un attentato, le immagini di tifosi con le maglie bianconere e le tracce di sangue ricorda la tragedia dell’Heysel a Bruxelles del 29 maggio 1985: si giocava la Coppa dei Cam- pioni tra Juventus e Liverpool e 39 tifosi morirono nel crollo di uno spalto dello stadio dopo il tentativo degli hooligans di prendersi la curva.

IL QUADRO diventa più chiaro dopo, una volta tornati nella piazza rimasta quasi deserta: si cammina calpestand­o frammenti di vetro su cui molti sono caduti. In quella piazza, si lamentano molti, le bottiglie non dovevano entrare e non dovevano entrare neanche i soliti venditori ambulanti abusivi, onnipresen­ti agli eventi in piazza. Il Pd e il resto dell’opposizion­e passa all’attacco della sindaca M5s Chiara Appendino, accusata di non aver predispost­o un’ordinanza contro lo bottiglie di vetro.

Lei replica sostenendo che sono state adottate “le medesime modalità messe in atto nel 2015 in occasione della finale proiettata il 6 giugno”, quando il sindaco era Piero Fassino. Le istituzion­i fanno quadrato con il prefetto Renato Saccone e il nuovo questore di Torino Angelo Sanna: “Il panico è difficilme­nte governabil­e”, ha detto il prefetto ieri mattina.

La maledizion­e Il ricordo, anche il giorno dopo, va alla maledetta notte di Bruxelles e a quei 39 morti Il ricordo

 ?? Ansa ?? Il momento del caos Torino piazza San Carlo, 3 giugno 2017 In alto a destra, Heysel, 29 maggio 1985
Ansa Il momento del caos Torino piazza San Carlo, 3 giugno 2017 In alto a destra, Heysel, 29 maggio 1985
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