Il Fatto Quotidiano

Via la prelazione per i capilista E la minoranza del Pd ora sorride

I principali partiti riducono anche i pluricandi­dati

- » MARCO FRANCHI

Niente

più prelazione per i capilista bloccati, e stop alle pluricandi­dature. È questo l’ulteriore accordo tra Pd, M5s, Fi e Lega che vedono ulteriorme­nte rafforzata la loro intesa. E che così rispondono ad una delle richieste della minoranza del Pd, ossia degli orlandiani, che adesso dovrebbero garantire l’a ppoggio al testo quando arriverà nell’aula della Camera, martedì.

LA CERTEZZA è che ieri mattina Pd, M5s, Fi e Lega si sono riuniti per stringere i bulloni sul testo del relatore, Emanuele Fiano, accordando­si sui punti non ancora definiti, dopo l’intesa di sabato sul sub-emendament­o del dem Alan Ferrari, che diminuisce il numero dei collegi da 303 a 225. Norma che è stata votata dalla Commission­e Affari costituzio­nali, dove i piccoli partiti hanno tentato di fare muro. Ma l’emendament­o è passato, e con esso la nuova definizion­e dei collegi, che ricalca quelli utilizzati per il Senato con il Mattarellu­m, tra il 1994 e il 2001. Il fatto che i collegi siano già definiti, se il governo non li ridisegner­à prima (è prevista una delega di ben 12 mesi) rende possibili le elezioni in autunno. E la diminuzion­e dei collegi risolve il problema dei cosiddetti collegi sopranumer­a- ri, cioè quelle situazioni per cui i candidati dei partiti più grandi ( Pd e M5s) potrebbero non essere eletti in certe Regioni pur risultando i più votati.

MA NELLA riunione mattutina si è trovata la quadra anche su altri punti rilevanti. In ogni circoscriz­ione il capolista non sarà più il primo a scattare come eletto, ma scatterann­o prima i vincitori dei collegi uninominal­i e poi i candidati delle liste proporzion­ali. Proprio come chiedevano gli orlandiani. A questo punto anche il passaggio in Aula, con alcuni voti a scrutinio segreto appare in discesa. Gli altri punti dell’accordo, annunciati dal capogruppo dem Ettore Rosato, riguardano la quota di genere sia tra i candidati nei collegi che nelle liste proporzion­ali; una diminuzion­e delle firme a sostegno delle liste, come chiedono i partiti piccoli; il meccanismo per il quale se un partito supera il 5 per cento ma non vince nessun collegio in una circoscriz­ione, nella lista viene eletto il suo miglior perdente e poi i candidati.

Infine, via le pluricandi­dature: ci si potrà candidare solo in un collegio e in un listino, e non più in tre listini bloccati

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Ansa Guardasigi­lli Andrea Orlando

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