Elezioni inglesi, la gara dove vince chi perderà
Le elezioni britanniche vanno avanti: un giorno di pausa per piangere i morti di Londra, e poi continua la campagna elettorale, come dev’essere - il normale processo democratico è forse la risposta più forte ai terroristi. E questa è stata una campagna combattuta sui manifesti elettorali. Per chi voglia scavare nel dettaglio quelli di Conservatori e Laburisti, la ricompensa, è ghiotta. C’è un partito – i Conservatori – che promette di abolire il divieto di caccia alla volpe. E un altro – i Laburisti – che promette di rinazionalizzare le poste, il sistema ferroviario e le reti idrica ed elettrica. Un tuffo nel passato, ma è solo un’impressione.
LA REALTÀ è che quello conservatore è a suo modo un manifesto ultra moderno, che fa di xenofobia e austerità le sue bandiere – usa la prima per distrarre dalla seconda. La ricetta ha quattro ingredienti. Primo, tanti tagli al settore pubblico e al welfare, alcuni crudeli, tra cui la famosa “dementia tax”, su cui il governo ha dovuto fare marcia indietro solo quattro giorni dopo la presentazione del manifesto, e l’abolizione dei pranzi gratuiti a scuola. Secondo, sconti fiscali a ricchi, super-ricchi e corporation. Terzo, promesse xenofobe acchiappavoti. Come quella di alzare i costi della sanità per i non-europei, per far fronte al problema immaginario del turismo sanitario. O ridurre l’immigrazione netta alle decine di migliaia di unità, nonostante sia chiaro che questo porterebbe a una contrazione insostenibile dell’economia britannica ( la stessa promessa fatta alle scorse elezioni, e platealmente non mantenuta). Ma il fiore all’occhiello è la promessa di offrire una leadership “forte e stabile” nel negoziare la Brexit – essere duri, tosti, inflessibili nel l’ottenere, contro quelli che nella retorica conservatrice sono sempre più i nemici europei, una Brexit che serva gli interessi britannici.
La combinazione di questi ingredienti – stabilità e competenza “tecnica” presunte, neoliberismo selvaggio e austerità punitiva verso i deboli, e xenofobia e retorica anti-immigrazione urlata – c rea un ’ offerta politica che, per parlare italiano, è l’equivalente di un fronte comune Monti-Salvini. Politicamente un ircocervo disfunzionale, ma a livello della retorica politica no di certo. I deboli che saranno più colpiti dai tagli si lasciano catturare dalla retorica anti-immigrazione; la classe media sceglie i Conservatori all’insegna della continuità e di una leadership “forte e stabile”; i poteri forti che guadagnano dall’austerità e dalle politiche ultra liberiste votano conservatore a prescindere, l’offerta di Corbyn è pensata esplicitamente contro di loro.
È un’offerta sulla carta imbattibile – tanto che Theresa May ha scelto, chiamando all’improvviso elezioni anticipate, di giocarvisi il suo futuro politico. L’obiettivo era assicurarsi un potere ancora più forte, più assoluto. E imbattibile questa offerta certo pareva fino a poche settimane fa: i sondaggi davano ai Conservatori un vantaggio del 20% sui Laburisti – un massacro.
MOLTO È CAMBIATO in poche settimane: pare difficilissimo che i Laburisti possano vincere, ma la distanza si è ridotta a tal punto che è possibile che i Conservatori possano perdere la maggioranza assoluta dei seggi, con conseguenze imprevedibili per la formazione del governo e per la gestione della Brexit. Cosa è successo in queste poche settimane?
Da un lato è emersa l’insipienza e lo scarso carisma di Theresa May che ha fatto di tutto per sfuggire al pubblico scrutinio, negandosi a dibattiti, interviste, confronti, e, quando negarsi non era un’opzione, passando di figuraccia in figuraccia, robotica, impacciata e senza risposte.
Jeremy Corbyn, d’al tr o canto, dipinto dai media unificati e dall’élite (blairiana e liberista) del suo stesso partito ormai per anni come un estremista incapace, incompetente e invotabile, è emerso come leader saggio, preparato e carismatico. Ed è (già) riuscito, contro le aspettative e le speranze dell’establishment, a raggiungere l’obiettivo che si era posto anni fa con la sua corsa alla guida dei Laburisti: porre una proposta genuinamente e radicalmente di sinistra di nuovo al centro del dibattito politico britannico.
Far comprendere a una fetta consistente di elettorato che si può e si deve parlare di educazione gratuita, di un welfare più capace, di più e non meno diritti ai lavoratori, di imposte pesanti su retribuzioni e profitti indecenti, di tassazione realmente progressiva, anche e soprattutto per le corporation, di un maggiore ruolo dello stato nell’economia, non solo come regolatore, ma come attore e investitore. Paiono ricette di un altro tempo, ma è solo un effetto ottico, causato dall’appiattimento del dibattito degli ultimi trent’anni su una sola agenda politica ed economica. In questo bizzarro e audace manifesto questa proposta è attuale e guarda al futuro. E, comunque andrà, porta a casa, nei sondaggi almeno, maggioranze sostanziali in tutte le fasce d’età sotto i cinquant’anni, crescenti tra i più giovani, e bulgare tra chi è sotto i venticinque anni.
QUESTA BRUTTAcampagna elettorale, per un’elezione lampo indetta come gioco di potere, potrà (forse) indebolire un poco un Partito Conservatore che sembrava imbattibile. La sua eredità sarà però soprattutto, in un paese che per trent’anni è stato senza sinistra, allargare il raggio di quanto è politicamente pensabile e forse (se i più giovani si danno da fare) possibile.
In un Paese da 30 anni senza sinistra si allarga finalmente il raggio di quanto è politicamente pensabile e possibile