L’insostenibile pesantezza del “reddito di cittadinanza”
Nell’ultima pagina de Il Nome della Rosa di Umberto Eco, Adso ricorda il suo Maestro, Guglielmo di Baskerville: “Prego sempre che Dio abbia accolto l’anima sua e gli abbia perdonato i molti atti di orgoglio che la sua fierezza intellettuale gli aveva fatto commettere”.
Fatte le debite proporzioni (ovviamente sfavorevoli) mi accorgo di commettere molti di questi atti di orgoglio; però, a parte un certo disinteresse per il perdono divino, mi tranquillizzo perché – nella maggior parte dei casi – non c’è bisogno di essere un’aquila per capire che certe iniziative presentate come l’archetipo prototipo dell’acume politico economico sociale sono delle vere e proprie idiozie.
TRA LE TANTE, provo a commentare la legge sul reddito di inclusione che il M5S continua a chiamare reddito di cittadinanza. E già questo dovrebbe preoccupare i cittadini pensanti; perché reddito di inclusione significa reddito di povertà: diamo un assegno mensile a chi non ce la fa a sopravvivere; reddito di cittadinanza significa che a ogni cittadino spetta, per il solo fatto di essere cittadino, un assegno mensile. Escluso che l’i ns ipienza di M5S gli impedisca di capire la differenza, si dovrebbe concludere che il vero obbiettivo sia il secondo e non il primo: al momento ci accontentiamo ma, in futuro.
Abbandonando il processo alle intenzioni, pare di capire che si tratterà di una media di 450/500 euro mensili erogate a circa 2 milioni di persone, 500.000 di famiglie, con un costo complessivo di 1,8 miliardi di euro all’anno, secondo i dati forniti del ministro Poletti. Il M5S però la vede diversamente: bisogna sovvenire 5 milioni di persone con 780 euro mensili per una spesa prevista di 20 miliardi di euro. A proposito di processo alle intenzioni. I commenti a queste iniziative partono tutti da una premessa: dare un reddito garantito ai poveri è cosa buona e giusta. Poi i critici si preoccupano dei soldi: dove li prendiamo?
LA PREMESSAè assolutamente sbagliata: non nel senso che non si debbono aiutare i poveri ma nel senso che non li si deve aiutare dando dei soldi. Un reddito garantito senza bisogno di lavorare significa, in generale, che molte persone si accontenteranno di vivere con questa entrata, ancorché minima, proponendosi – come in effetti avviene – di integrarla con lavori in nero; quanto agli altri, perché accettare un lavoro dipendente da 1.000 euro al mese per 36/40 ore alla settimana quando possono starsene tranquilli senza fare niente percependo tra 500 e 780 euro; e andando ad imbiancare qualche appartamento quando vorranno comprarsi un televisore nuovo? Sicché non occorre fierezza intellettuale per rendersi conto che si tratta di una iniziativa dissennata. Siccome però la povertà, per 4/8 milioni di persone (a seconda di chi fa i calcoli) è un fatto, la necessità di sovvenirle è incontestabile. Come? Servizi gratuiti: case, scuola, ospedali, mense e trasporti pubblici. Con 20 miliardi all’anno (questa è la stima del M5S) dovrebbe essere possibile farcela.
Dove prendiamo i soldi richiede un minimo di impegno intellettuale e culturale. Dice l’art. 81 della Costituzione che “ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”. E, secondo l’articolo 11 ter della legge 5/8/1978, n. 468, la copertura può avvenire solo con un utilizzo degli accantonamenti di fondi speciali, riduzione di precedenti autorizzazioni di spesa e modificazioni legislative comportanti nuove o maggiori entrate.
CONSIDERATO che i proventi della lotta all’evasione fiscale sono – al più – una pia speranza (anche se modifiche della legge penale tributaria sarebbero benvenute e legittimerebbero la previsione di un modesto incremento del gettito; ma, ovviamente, non se ne parla); che lo stesso discorso va fatto per la riduzione delle spese della politica e per la centralizzazione degli appalti pubblici; ecco che la copertura finanziaria per i 20 miliardi che il M5S sostiene facilissimo reperire (ma anche per i 2 previsti dalle più modeste ipotesi governative) non c’è. E, se non c’è, la legge non può essere emanata.
Comunque, se proprio vogliono, una copertura finanziaria è facilissima da trovare: si può tassare la prostituzione. Dovrebbe rendere, fatti i dovuti paragoni con Germania, Svizzera e Spagna, circa 4 miliardi di euro all’anno. Come evitiamo il nero? Come fa la Svizzera: se fai la prostituta e paghi le tasse hai il permesso di soggiorno; caso contrario, espulsione. Certo ci va uno capace di pensare. Capito dove nasce la fierezza intellettuale?
Come trovare i soldi? Basterebbe tassare la prostituzione: dovrebbe rendere circa 4 miliardi di euro all’anno