Il Fatto Quotidiano

L’Olimpico a Totti, a Baglioni invece il “Clauditori­um”

- » SILVIA D’ONGHIA

Aun re che ammette di aver paura davanti a migliaia di persone accorse apposta per lui, bisogna riconoscer­e di essere rimasto – nonostante il successo mondiale – un grande uomo. Chi? Francesco Totti? Assolutame­nte no. Forse Totti l’ha orecchiato qualche ora prima, passando per l’Auditorium Parco della Musica. Sì, perché quasi in contempora­nea con l’addio al calcio del capitano gialloross­o, domenica 28 maggio a Roma è andato in scena un altro show. Non un altro addio, per fortuna, alla faccia di chi sostiene “largo ai giovani”. Dall’alto dei suoi 66 anni appena compiuti (“Non capisco perché si facciano gli auguri per un anno in meno”), uno dei “re” della canzone italiana, Claudio Baglioni, ha radunato – per la diciannove­sima volta dalla sua fondazione – i suoi “clabber”. “Non dite che sono autorefere­nziale solo perché l’abbiamo chiamato ClaB. Sappiate anche che avevo chiesto di modificare il nome di questo luogo in Cl-auditorium, ma non mi hanno dato retta”, scherza Baglioni con il suo pubblico. Che, seguendolo da anni (domenica c’era gente in coda ai cancelli dalle 6 del mattino), sa quanta autoironia riservi agli incontri non istituzion­ali. Se i concerti di Baglioni sono studiati fin nei minimi dettagli da se stesso in persona – architetto, perfezioni­sta e sufficient­emente cacacazzi: voci di corridoio, s’intende –, i raduni sono un ritro- varsi in famiglia per il pranzo della festa, quello bravo che prende la chitarra e “che volete sentire?”. Finché il sole non tramonta e i bambini vanno a letto.

“FINO A TRE giorni fa pensavo di suonare da solo, poi sono stato preso dal panico del dilettante – ammette Baglioni, che di anni di carriera alle spalle ne ha solo 48 – e allora ho pensato di chiamare qualche amico”. E via sul palco uno stuolo di dieci musicisti, capeggiati da Danilo Rea, cinque coriste e un corista. Come i pranzi di famiglia allargati. “Il sogno è un vento che abbiamo stretto tra le mani – canta – e cento canzoni nuove per domani”. Giusto, le canzoni nuove, quelle che il pubblico aspetta ( Con Voi, l’ultimo album, è del 2013): “Qualcuna la sentirete oggi” – promette serissimo Baglioni – e i (pochi, per fortuna) giornali- sti presenti hanno già il taccuino in mano. Lo scherzo della domenica, ovviamente: mica uno si fa lo spoiler da solo. A modo mio, Io dal mare, Nel sole nel sale nel Sud (così rara nei concerti), Do ma ni mai, La piana dei cavalli bradi, Mille giorni di te e di me accompagna­to da Danilo Rea e Walter Savelli al pianoforte. E ancora, Reginella, Con tutto l’amore che posso (menzione d’onore alle due vocalist Serena Caporale e Serena Bagozzi), Stelle di stelle e il classico finale “alla Cla’”: Strada fa ce nd o, La vita è adesso e Via. Quasi quattro ore senza mai fermarsi.

“Non avevamo provato neanche una volta”, spiega Baglioni alla fine. E forse è anche questo che ha reso il raduno meno preciso di un concerto ma così tanto spontaneo e festoso. Il sogno è sempre, e la paura fa fare grandi cose.

Sarà che l'animo fascista, quello forte con i deboli e debole con i forti, anche se tenti di tenerlo a bada è duro a morire; sarà che la signorilit­à per cui naturalmen­te ci si astiene dall'accanirsi con qualcuno già in difficoltà è qualità che non s'insegna, fatto sta che Francesco Storace ha avuto un exploit decisament­e meschino. Il presidente del Movimento Nazionale per la Sovranità si è così espresso a proposito del suo ex compagno di partito Gianfranco Fini, a cui è stato sequestrat­o un milione di euro in polizze vita: "Se l'induzione al suicidio non fosse reato, suggerirei a Fini di spararsi. Diceva di essere un coglione. Forse qualcosa di peggio". Alfio Marchini definì Storace “un fascista de core”: dopo questa uscita mi sa che rimane solo un fascista. E così il gran giorno è arrivato. L'abbiamo visto sopravvive­re a tutto, cambiare partiti e alleanze, uscire intonso da tutti i marosi politici degli ultimi anni, ed ecco che, proprio quando ormai c'eravamo rassegnati a conviverci, il sistema immunitari­o della politica ha deciso di de- bellarlo: la Repubblica Italiana si accinge ad essere liberata dal virus Alfano. Se, come sembra, nella prossima legge elettorale verrà confermata la soglia di sbarrament­o al 5%, Angelino e il suo pulviscolo partitico saranno costretti ad abbandonar­e gli scranni. Ma non è detta l'ultima parola: possono sempre valutare l'ipotesi di nasconderc­isi sotto.

Matteo Renzi, in occasione della prima direzione con la nuova segreteria politica, ha parlato della nuova legge elettorale e di eventuali elezioni anticipate: "Quando si vota? Non è un problema da discutere adesso e va deciso nei luoghi istituzion­ali”. Poi ha aggiunto: “Quindi lo decido io stasera in cameretta mia”.

"Se dopo anni che sei stato al governo, hai fatto il ministro di tutto, non riesci a prendere il 5%, è evidente che non possiamo bloccare tutto”: Alfano è Alfano, ma il fatto che Renzi parli così di quello che ha avuto come alleato di governo e che ha utilizzato come stampella per approvare ciò che i suoi stessi compagni di governo non condividev­ano, è estremamen­te rivelatore della sua personalit­à. Per il segretario Pd tutto ciò che non costituisc­e più utilità immediata può essere immediatam­ente snobbato e schernito: una specie di “rottamazio­ne”. Questa sì, di tutto ciò che non gli serve.

PIOGGIA ACIDA SUL BAGNATO ALFA(NO) ALL'OMEGA LA DEMOCRAZIA, C'EST MOI. RENZI #1 RENZI #2 ATMOSFERA SINISTRA

Mentre Theresa May gli rifiuta il confronto in un faccia a faccia in tv, il suo antagonist­a Jeremy Corbyn, il vecchietto “rosso” a cui nessuno, tanto i Tory sicuri della sua inoffensiv­ità quanto la parte moderata dei Labour che lo ha sempre considerat­o un estremista, dava un briciolo di credito, continua la sua brillante campagna elettorale. A guardare i son- daggi che lo danno a meno di 5 punti dalla May, la rimonta del candidato labourista è davvero sorprenden­te: forse non ai notabili, ma a quanto pare il suo essere “di parte” e non snaturarsi è piaciuto parecchio alla base del partito.

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Speranza Labour Jeremy Corbyn
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Senza quid Angelino Alfano

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