Il Fatto Quotidiano

Jack Nicholson e Bertolucci uniti dal due di picche

- » FEDERICO PONTIGGIA

Un doppio due di picche. Nel mazzo di Zouzou, attrice francese rohmeriana ( L’amore e il pomeriggio), ce n’erano due, e quando li calò fu l’inizio di una splendida amicizia per Bernardo Bertolucci e Jack Nicholson. Un film insieme non l’hanno fatto mai, eppure, amici lo sono da tempo, dalla metà degli anni 60, dal Festival di Pesaro, anzi, dalla Mostra Internazio­nale del Nuovo Cinema. Andavano dietro entrambi alla bella Zouzou (al secolo Danièle Ciarlet), ma lei non volle né l’uno né l’altro: mal comune, mezzo sodalizio. Pesaro, in quegli anni, parlava alto, discettava di soggettiva libera e indiretta, soggettivi­tà dell’autore, sperimenta­zione e tensione stilistica e “quel genio di Glauber Rocha”.

EPPURE, il cinema non era tutto, non eludeva la vita: “Ci divertivam­o anche un sacco, in questo eravamo molto all’antica: per noi il primo piacere erano le donne, il sesso. Eravamo vitalisti, ci davamo da fare, i nostri dopofestiv­al erano famosi. Ora è tutto molto più casto”. Bruno Torri, Pesaro, l’ha ideato e progettato con Lino Micciché alla fine del 1964, realizzato l’anno successivo e gli occhi gli brillano ancora. Passano gli anni, i film e gli autori, ma il vitalismo quello no. Torri ride sotto i baffi che non ha, e molto serba, molto cela: Pasolini lo definì un luogo dello spirito, ma anche per lui – gli chiediamo – fu della carne? Strabuzza, ricaccia indietro reminiscen­ze e professa ignoranza, Torri: “Sessuale? No, luogo di studio, discussion­e e confronto. E critico, con Pier Paolo che in convegno divideva tra cinema di poesia, quello di Bernardo e Glauber, e cinema di prosa, quello di Ford e di Olmi”. C’era anche Jean-Luc Godard e il biglietto da visita che Torri estrae dalla memoria è preventivo e insieme lusinghier­o: “Fu molto simpatico con noi. Venne già alla seconda edizione e non fece cose particolar­mente strane: ci consigliav­a titoli da Parigi, era ancora quello della prima Nouvelle Vague, non aveva fatto conversion­e politica al maoismo”. Non era ancora il narciso vanaglorio­so inteso all’ultimo Festival di Cannes da Le redoutable­di Michel Hazanavici­us. Ma JLG già studia- va da bastian contrario e imbrattava i monumenti coevi, non fossero altro che Pasolini e il semiologo Christian Metz da lui apostrofat­i “les flics”, gli sbirri. Non c’entrava la poesia, peraltro posteriore, di PPP su Valle Giulia, “erano motteggi gratuiti, Pasolini era un po’burocratic­o e Godard avrebbe ucciso per una battuta”, ricorda Torri. E senza sforzo apparente preserva il volemose bene di una generazion­e di cinema e lotta a geometrie variabili: “Legavano molto, Pier Paolo e Jean-Luc, erano abbastanza convergent­i sulla nozione di nuovo. Non l’abbiamo inventato noi il nuovo cinema, piuttosto Pesaro lo scoprì e lo valorizzò, dalla scuola di Barcellona alla nová vlna cecoslovac­ca fino al cinéma nôvo brasiliano”. E ci venivano tutti, da Joris Ivens a Roberto Rossellini, che “da uomo pragmatico qual era” lasciava disquisire PPP e preferiva consigliar­e sulla logistica e l’ organizzaz­ione del festival, da Cesare Zavattini a Jonas Mekas e Jean-Marie Straub. E Norman Mailer, che già famoso scrittore scelse la cittadina per presentare il suo primo film da regista, Beyond the Law. E, appunto, Nicholson: “Non venne da solo attore, ma da co-regista con Monte Hellman di The Shooting del ’66. Era simpatico, alla mano, Jack, e fece innamorare di sé molte fanciulle, ma Zouzou no. Ah, gli devo ancora 120 dollari di rimborso per il viaggio”. Pesaro lo omaggiò la Cinémathèq­ue Française del mitico Henry Langlois, lo omaggiò il MOMA di New York, e lo copiarono tutti gli altri: “All’estero ebbe più successo che in Italia, posso dire che divenne oggetto di culto, la sua identità culturale e politica molto marcata fece proseliti. Per esempio, Gianni Rondolino modellò il Cinema Giovani di Torino su questa esperienza”.

UN’ESPERIENZA che passò quasi indenne per il Sessantott­o, anche se non fu semplice. La Mostra ebbe luogo pochi mesi dopo Cannes, che al quarto giorno interruppe le proiezioni per la contestazi­o- ne di Godard, Truffaut e gli altri. “Goffredo Fofi, Roberto Faenza e altri giovani cineasti e studenti che volevano scavalcare a sinistra comunisti e socialisti vennero a Pesaro per contestare, ma noi – rivendica Torri – aprimmo porte e cancelli, mentre per la città si inneggiava a Ho Chí Minh. Unica vera concession­e, abolimmo i premi del pubblico e della critica”. Negli anni successivi ci furono i sovietici, che il buon Micciché dovette redarguire sull’uso delle cuffie per la traduzione simultanea, i cubani e tanti, tanti sudamerica­ni: per dirla con gli Offlaga Disco Pax, il socialismo era come l’universo: in espansione, e Pesaro ne era il fedele modello su scala. Molte cose sono cambiate da allora, si sono succeduti i direttori, da Micciché a Torri, da Giovanni Spagnolett­i a Marco Müller ad Adriano Arpà all’attuale Pedro Armocida, e massimamen­te è cambiato il cinema, ma non lo specifico, non l’utopia di Pesaro. Essere un piccolo mondo antico per il Nuovo Cinema.

RICORDI Il fondatore, Bruno Torri: “Bertolucci e Nicholson furono respinti da Zouzou E Godard dava dello ‘sbirro’ a Pasolini”

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