Antirenziani, e poi? I nodi della sinistra (già divisa)
Laboratorio La leadership ambigua di Pisapia, l’archiviazione del blairismo, l’ipotesi di un fronte che va da Prodi a De Magistris
Ci fu un tempo, nemmeno lontano, in cui l’antiberlusconismo divenne la linea di frattura a sinistra. Tra chi cioè decise di dialogare con l’ex Cavaliere e chi invece era su posizioni intransigenti.
Tutto questo accadeva nel perimetro dell’ex Ulivo, indi Unione infine Partito democratico. Oggi che la Seconda Repubblica è moribonda ma la Terza è ancora in nuce, il centrosinistra si è scisso in due. Da un lato il Pd della mutazione genetica di Matteo Renzi, in pratica un centro che guarda a destra per fare il Partito della Nazione ( con B.). Dall’altro il fronte che mette insieme Giuliano Pisapia, gli scissionisti di Bersani e D’Alema (Articolo 1), la Sinistra Italiana e altri spezzoni di movimenti e che da mesi sta lavorando per un campo largo e nuovo rispetto al passato. A cominciare dall’i n te r l oc uzione decisiva con il Comitato del No al referendum del 4 dicembre (Zagrebelsky e Montanari).
COSÌ proprio per non rifare un Ulivo ammuffito o peggio ancora una ridotta rancorosa della sinistra pura e dura che il primo, fondamentale nodo da sciogliere, è l’antirenzismo. In questa direzione un segnale indicativo è giunto dall’assem- blea che Articolo 1 ha tenuto meno di un mese fa a Milano, quando a infiammare la platea sono state proprio le invettive contro l’ex premier riconfermato segretario del Pd. E tra i campioni dell’antirenzismo rifulge senza dubbio il carisma lucido di Massimo D’Alema. Ed è lui, quello che Renzi chiama “il nemico perfetto”, ad avere chiaro il modello di questo campo: una sinistra alla Mélenchon, non critica coi populismi che attirano ex elettori del Pd (Cinquestelle) e avversaria assoluta del renzismo. Ma la posizione dalemiana deve fare i conti con le ambiguità della leadership di Giuliano Pisapia, l’ex sindaco di Milano che ha messo su il Campo Progressista.
Per mesi, Pisapia, è stato il candidato di una sinistra alleata dello stesso Pd renziano. Oggi questa ipotesi è tramontata del tutto grazie all’accor- do elettorale tra Berlusconi e Renzi sul proporzionale teutonico e Pisapia da filorenziano è diventato il possibile federatore di una Cosa che assomiglia parecchio all’ulivismo, in grado di attirare quelle personalità come Romano Prodi ed Enrico Letta pronti allo strappo nel Pd. Prodi e Letta non spostano masse esorbitanti di elettori (entrambi hanno votato Sì al referendum) ma le loro facce sarebbero una garanzia per una coalizione riformista che includa il cattolicesimo democratico.
E qui si arriva a tutte le ambiguità legate alla figura dominante di Pisapia. In vista della manifestazione del primo lu- glio, l’ex sindaco di Milano si è pronunciato con nettezza contro Renzi e le future larghe intese tra il Pd e Forza Italia. Ma sono in tanti a non fidarsi di quello che fino a poco fa veniva persino indicato tout court come “un servo di Renzi”. Non solo. Il disegno di Pisapia, che già porta in dote l’ex dc Tabacci, fino a che punto coincide con il progetto di un “si n istra-centro”, e non centrosinistra, che pure i bersaniani vagheggiano? Anche perché esponenti di Articolo 1 come Arturo Scotto hanno proposto, in terra napoletana, un fronte che possa accogliere Antonio Bassolino e persino Luigi de Magistris, il sindaco di Napoli che ha fondato il movimento DeMa.
RIASSUMENDO: Prodi e Letta, Pisapia, D’Alema e Bersani, Fratoianni di Sinistra Italiana, Civati di Possibile, de Magistris. Come coniugare identità e antirenzismo? Per la prima, la necessità è archiviare se non rinnegare una volta per tutte il blairismo e guardare al duo Corbyn-Mélenchon per un riformismo radicale che forse non dispiace neanche a Prodi. Sull’antirenzismo, il confine è labile: come fare la guerra al segretario democratico senza considerare come un nemico la comunità del Pd?
Ecco le contraddizioni che attendono di essere risolte, propedeutiche all’ipotesi delle primarie per scegliere il leader. Non è un caso che tra i settori più antirenziani si fa sempre più il nome di Anna Falcone come possibile alternativa a Pisapia. Forse una suggestione, forse no. Il nome di Falcone non solo conferma l’attenzione verso gli autorevoli settori del No referendario del dicembre scorso ma indica un sentiero più lineare per un “sinistra-centro” inedito, un’Alleanza per il cambiamento che abbia un traino civico a livello nazionale e che non sia mera sommatoria di sigle. In palio c’è un risultato a doppia cifra.
DUE MODELLI IN CAMPO
La tentazione di un nuovo Ulivo con a capo l’ex sindaco di Milano e lo schema della gauche alla Mélenchon