Il Fatto Quotidiano

“Morire con dignità”

Rinvio ai giudici di Sorveglian­za su sospension­e della pena o domiciliar­i

- » GIUSEPPE LO BIANCO

Tre anni fa, nel carcere di Opera, Totò Riina si vantava di avere fatto salire Rocco Chinnici “dai palazzi’’, di avere trattato come un “ton no” G iova nni Falcone e ordinava di riservare la stessa fine al pm Nino Di Matteo: “Facciamolo, lo faccio finire peggio di Falcone”. Ora che la prima sezione della Cassazione ha “aperto’’ al differimen­to della pena (o agli arresti domiciliar­i) bocciando il rifiuto del Tribunale di sorveglian­za di Bologna a scarcerarl­o e ritenendo che il “diritto a morire dignitosam­ente” vada assicurato a ogni detenuto, il capo dei capi spera concretame­nte di morire a casa propria. Dipenderà dalla prossima udienza, prevista per il 7 luglio, a Bologna, alla quale ha già assicurato la presenza in aula il procurator­e generale Ignazio De Francisci, che lavorò con Falcone nel pool antimafia: in quella sede i giudici, seguendo le indicazion­i della Suprema Corte, dovranno valutare “se lo stato di detenzione comporti una sofferenza e un’afflizione di tale intensità” da andare oltre la “legittima esecuzione di una pena”.

A 25 ANNI dalle stragi la possibile scarcerazi­one chiude un’epoca, quella del 41 bis, visto che a vederselo abolito è proprio colui per il quale era stato pensato, ma la decisione non arriva inattesa: in modo quasi profetico era stato il pm Nino Di Matteo a lanciare l’allarme nel suo intervento di pochi giorni fa alla Camera: “Mi preoccupo perché so bene, con l’esperienza che ho matu- rato in tanti anni di processi, che l’ergastolo e il 41 bis da sempre sono stati le principali spine nel fianco per Cosa Nostra, tanto che l'abolizione dell’ergastolo e l’abolizione del 41 bis erano certamente tra gli oggetti principali delle richieste che i capi della mafia facevano allo Stato nella vicenda del cosiddetto ‘papello’ per smettere di fare stragi’’, aveva detto Di Matteo. E ieri la sua preoccupaz­ione è stata rilanciata dalle parole del suo ex collega Antonio Ingroia: “Quando si avvicinano alla morte c’è una possibilit­à che questi uomini possano raccontare la loro verità. E allora c’è una paura che possano venire fuori verità indicibili sul- lo stragismo? È sospetto legittimo che non avanzo nei confronti dei magistrati della Cassazione, dico che si manda un segnale estremamen­te ambiguo sia ai mafiosi che ai cittadini’’.

Dice no alla scarcerazi­one Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia: “È giusto assicurare la dignità della morte anche a Riina che non ha mai dimostrato pietà per le vittime innocenti. Ma per farlo non è necessario trasferirl­o altrove, men che meno agli arresti domiciliar­i, dove andrebbero comunque assicurate eccezional­i misure di sicurezza e scongiurat­o il rischio di trasformar­e la casa di Riina in un santuario di mafia’’, a Maurizio Gasparri, che ha twittato: “Riina sta male? Ci sono carceri attrezzate per l’assistenza medica necessaria”.

SEMBRA LA STESSA linea di Don Ciotti secondo cui “a Riina è giusto assicurare tutte le cure necessarie in carcere e, se occorre, in ospedale, affinché la detenzione non aggravi le sue condizioni”. E gli arresti domiciliar­i? “Sono certo che il Tribunale di Bologna valuterà con saggezza’’, ha risposto il sacerdote. Saggezza che è impossibil­e chiedere ai familiari delle vittime: “Siamo basiti – dice Giovanna Maggiani – se lo scarcerano abbiamo pronti gli striscioni”. “Ho creduto nella giustizia ma forse ho sbagliato’’, le ha fatto eco Rita dalla Chiesa. E se il giudice Giuseppe Di Lello si augura che non finisca come Gelli, “scarcerato perché in fin di vita, e poi morto vent’anni dopo la scarcerazi­one’’, l’avvocato del boss Luca Cianferoni esprime “soddisfazi­one’’ giurando che le sue condizioni sono “molto critiche”.

Resta il fatto, come dice il Pd Michele Anzaldi, che “s ar à molto difficile per il mondo intero capire il ‘diritto alla morte dignitosa’ con il differimen­to della pena o la detenzione domiciliar­e per Totò Riina’’.

Decisione il 7 luglio

I magistrati dovranno valutare se il carcere comporta sofferenza e afflizione illegittim­e Le reazioni

Dai familiari a Bindi, da Gasparri ad Anzaldi, un coro di no alla scarcerazi­one del boss

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Ansa Le stragi di Capaci, via D’Amelio e via dei Georgofili
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Ansa Il capo dei capi Salvatore Riina nel 1996. Arrestato il 15 gennaio 1993, sta scontando 16 ergastoli

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