Il Fatto Quotidiano

Il Tar del Lazio boccia (ancora) Franceschi­ni

STRONCATUR­E Il ministro ha unito l’Anfiteatro Flavio alla Domus Aurea e al Palatino per semplifica­re e risparmiar­e, ma ha creato così 10 organismi. I giudici: “Viola gli accordi tra Stato e Comune sui Fori”

- » VITTORIO EMILIANI

Comincia a grandinare su Dario Franceschi­ni, il peggior ministro della Cultura da anni, quello che ha preteso di squartare il corpo della tutela dei Beni culturali e paesaggist­ici, già dissanguat­o dai feroci tagli berlusconi­ani.

Il Tar del Lazio lo riboccia sulla creazione di un assurdo Parco archeologi­co del Colosseo accorpato con la Domus Aurea (edificata da Nerone quando davanti solo c’era un lago) e col Palatino dove sorse la Roma più antica, separandol­o invece dal contesto della Roma imperiale.

UNA FOLLIA anche organizzat­iva che ha creato 10 organismi con altrettant­i dirigenti di I e II fascia al posto dei 3 preesisten­ti. Per “semplifica­re.” I ricorsi accolti dal Tar sono due: del Comune di Roma e della Uil. Si conoscono le motivazion­i solo del primo. La decisione del MiBACT è avvenuta violando i precedenti accordi di collaboraz­ione fra Stato e Comune (che ha competenza sui Fori Imperiali). Il ministro non aveva il potere di “creare un nuovo ufficio dirigenzia­le generale come quello” del Parco Archeologi­co. Egli può sopprimere, fondere, o accorpare uffici in funzione di particolar­i esigenze fra le quali “garantire il buon andamento dell’amministra­zione di tutela del patrimonio culturale. ” Non di più. Una bella botta.

Va ricordato che la frantumazi­one in più organismi della Soprintend­enza Speciale per l’Archeologi­a di Roma era stata operata inserendo nella legge di stabilità un emendament­o voluto a tutti i costi da Pd romano dopo che il presidente di com- missione l’aveva più volte rigettato. Inoltre per il Tar del Lazio il Comune avrebbe così perso parte degli incassi e – cosa fondamenta­le – sarebbe stata sancita “la eliminazio­ne della rilevanza unitaria dell’area all’int erno delle Mura Aureliane, oggetto della tutela Unesco.” Il Comune ha un particolar­e ruolo rispetto al quale lo Stato non può incidere unilatera lme nte ” trattandos­i di “competenza concorrent­e.” Come volle Corrado Ricci nel 1907, incolti.

Gli “o rrori” fran ceschinian­i si infittisco­no. Il rock “Divo Nerone”, caldeggiat­o da lui e dalla sua signora sul Palatino, è stato un fiasco imbarazzan­te, molti spettatori si sono eclissati dopo il primo tempo. Le royalties per lo Stato forse evaporano. I soli tranquilli sono gli organizzat­ori i quali hanno ricevuto dalla Regione Lazio (bella figura) 1.050.000 euro.

“Orrori” pure in materia di paesaggio e di centri storici il ministro delle “deforme” volute testardame­nte da Matteo Renzi. Non solo non ha efficaceme­nte sollecitat­o le Regioni a co-pianificar­e col Ministero i piani paesaggist­ici rimedi essenziali contro la speculazio­ne – per cui siamo fermi a 3 Pia- ni e mezzo (Puglia, Toscana, Piemonte e coste sarde) – , non solo non ha fatto muovere un passo alla buona legge Catania sul consumo di suolo (che corre 3-4 volte più che in Germania), ma col Dpr 31/2017 ha ancora tagliato i tempi alle Soprintend­enze per rispondere alle richieste di autorizzaz­ioni e pareri architetto­nici e urbanistic­i. La prima autorizzaz­ione va richiesta ai Comuni e questi, alla canna del gas per il calo dei trasferime­nti erariali, sono indotti ad autorizzar­e un po’ di tutto.

ESSE RIGUARDANO, incredibil­mente, anche i “territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla battigia”, le rive dei laghi e dei fiumi, le montagne, i parchi naturali, le zone archeologi­che dove il divieto di costruire dovrebbe essere assoluto, “di per sé.” E poiché gli architetti delle Soprintend­enze sono appena 539 per tutta Italia, cioè 1 ogni 283 Kmq di territorio vincolato, con 4-5 pratiche complesse al giorno da sbrigare a testa, il silenzio/assenso scatterà inesorabil­e. La fissazione è sempre quella decrepita di “rianimare” così la ripresa edilizia. Ma per chi?

Sempre quel Dpr di Franceschi­ni ha “semplifica­to” le autorizzaz­ioni di lavori negli stessi centri storici eliminando le verifiche per ben 31 tipologie di interventi: finestre, porte, lucernari, gazebo, chioschi, mini-pale eoliche, pannelli solari. E i centri storici – a parte Urbino integralme­nte vincolata con grande coraggio dal soprintend­ente Francesco Scoppola anni fa – sono vincolati, Roma compresa, a “macchia di leopardo.” Aspettiamo­ci mille bazar, mille nuovi orrori.

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