Il Fatto Quotidiano

Il difetto dei collegi che può imporre lo stop del Quirinale

Orrori Il testo usa il censimento del ‘91: viola l’articolo 56 della Carta Caos seggi, chi prende il 37% rischia di non poterli occupare tutti

- » TOMMASO RODANO

Sulla strada dei partiti che vogliono votare a settembre c’è un ostacolo tecnico: nella nuova legge elettorale è previsto il ritorno ai vecchi collegi del 1993, quelli introdotti con il Mattarellu­m. Non è solo un cavillo, la questione è normata niente meno che dalla Costituzio­ne all’articolo 56: “La ripartizio­ne dei seggi tra le circoscriz­ioni (...) si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’u l ti m o censimento generale della popolazion­e, per seicentodi­ciotto”. Dunque, fa fede “l’ultimo censimento”, che in Italia è stato fatto nel 2011. Usare i collegi del 1993 renderebbe per lo meno dubbia la costituzio­nalità della legge. Al Senato, grazie a un emendament­o del relatore Fiano, i collegi uninominal­i saranno ridotti da 112 a 102 e si potrà utilizzare il disegno dell’Italicum, approvato nel 2015 prima di essere cancellato dalla Consulta. Ma resta il problema della Camera.

SI SPIEGANO anche così le dichiarazi­oni durissime di Giorgio Napolitano sul “patto extra costituzio­nale” tra Renzi e Berlusconi, la “grande impresa di quattro leader di partito che calcolano le loro convenienz­e”. Sul nuovo sistema elettorale, Napolitano non ha escluso “verifiche di costituzio­nalità”. Il presidente emerito non è l’unico ad aver sollevato questo aspetto. Anche il costituzio­nalista Ugo De Siervo ieri pomeriggio ha spiegato le sue perplessit­à a margine di un convegno a Firenze: “Per la fretta di consentire elezioni immediate, la nuova legge rischia di avere una norma sicurament­e incostituz­ionale. Sempre per fare in fretta si usano i collegi del 1993, ma c’è una regola costi- tuzionale esplicita per cui i collegi devono essere configurat­i sulla base dei più recenti risultati di rilevazion­e statistica”. De Siervo spiega anche il criterio di questa norma: “I collegi devono essere il più possibile aderenti alla realtà demografic­a e territoria­le del Paese. Ma se mi rifaccio alla realtà di 25 anni fa utilizzo collegi sicurament­e illegittim­i”.

Il partito di chi è contrario alla fine anticipata della legislatur­a e all’accordo Renzi-Berlusconi è sempre più numeroso: oltre a Napolitano, con l’editoriale di ieri si è iscritto anche l’ex direttore di Repubblica, Ezio Mauro. C’è Confindust­ria, ci sono banchieri, economisti, giuristi, grandi vecchi del centrosini­stra (Veltroni, Prodi) e parte della grande stampa italia- na. Ora il pasticcio sulle preferenze gli garantisce un solido argomento costituzio­nale, che ovviamente dovrà essere vagliato in ultima analisi dal presidente della Repubblica Mattarella.

Nella legge elettorale però c’è un altro “bug”, un difetto di sistema che potrebbe portare a effetti paradossal­i. Ne scrive Marco Giannatiem­po sul sito Youtrend. La questione è tecnicamen­te complessa, ma spiega molto dell’approssima­zione con cui è stato scritto il finto tedesco: “Il numero di candidati che ogni partito può presentare nelle liste circoscriz­ionali per la Camera dei Deputati non supererà in nessun caso i 120 in ambito nazionale. Sommati ai 234 candidati nei collegi si ottiene un numero massimo di candidati di 354, pari al 56% dei seggi dell’intera Camera”. Il fatto è che il testo di Emanuele Fiano prevede anche la possibilit­à della doppia candidatur­a tra collegio e listino. “Ciò significa che il numero complessiv­o dei candidati per ogni lista sarà, presumibil­mente, inferiore a 354. (...). Nel caso in cui un partito candidasse nei collegi uninominal­i tutti i 120 nomi dei listini quel numero si ridurrebbe da 354 a 234: cioè il 37% dei seggi alla Camera”. Tradotto: se un partito che fa ampio utilizzo delle doppie candidatur­e ottiene il 37% dei seggi, rischia addirittur­a di non avere abbastanza candidati in lista da portare in Parlamento.

I CONTRAENTI­del patto sulla legge elettorale comunque ostentano tranquilli­tà. Il forzista Francesco Paolo Sisto spiega che la questione sulla costituzio­nalità si può aggirare: “Il testo contiene una delega al governo per disegnare o rivedere i collegi entro un determinat­o periodo”. Ovvero: in caso di stop di Mattarella, il ministero dell’Interno si metterà al lavoro per riscrivere i confini dei collegi. In quel caso però il voto a settembre sarebbe irrealisti­co: anche se si riuscisse ad arrivare all’approvazio­ne definitiva della legge a luglio, per calcolare i nuovi collegi serve tempo. Quanto? “Per quelli del Mattarellu­m impiegammo circa due mesi”, racconta Antonio Agosta, docente di Scienza Politica a Roma Tre ed esperto di sistemi elettorali, che nel 1993 fece parte della “Commission­e Zuliani” per la determinaz­ione dei collegi elettorali uninominal­i. “Certo avevamo mezzi poco avvenirist­ici – sorride –: si usavano ancora calcolatri­ci e pennarelli. Ma lavorammo giorno e notte, con una serietà e un’autonomia che non ho più riscontrat­o nelle esperienze successive, come nella commission­e per l’Italicum”. Forzare la mano è sconsiglia­bile: “Ci si può mettere anche un mese, ma a grave discapito della qualità del lavoro. Non sarebbe serio, ma ormai non mi sorprende più nulla”...

I collegi che si rifanno alla realtà demografic­a e territoria­le di 25 anni fa sono senz’altro illegittim­i

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy