Riina parla: “Non interrompete l’udienza”
Chiesto per il boss un altro ergastolo, la sentenza arriverà il 21 giugno
Alla
vigilia dell’udienza, l’avvocato Luca Cianferoni aveva dato sfogo a tutto il suo pessimismo: “La salute di Totò Riina si è così aggravata che difficilmente potrà presenziare al processo per la strage del Rapido 904”(16 morti nel 1984), il cui appello è in corso a Firenze. Ma ieri mattina, in barba alle fosche previsioni del suo legale, e forse facendo pure gli scongiuri, il capo di Cosa nostra si è presentato puntualmente nella saletta detenuti del carcere di Parma, dove si è collegato in videoconferenza con l’aula 30 per seguire l’arringa di Cianferoni. Disteso sulla sua barella, il boss è rimasto in silenzio per circa tre ore; poi, mentre l’avvocato pronunciava il suo intervento, si è sentita chiaramente la sua voce lamentarsi: “No, no”. Riina stava rispondendo ad uno dei due agenti penitenziari che chiedeva: “L’imputato vuole lasciare il processo?”. Subito è inter- venuto Cianferoni: “Non è vero, non vuole andare via. Semplicemente non ce la fa più, sta scivolando sulla barella. Fatemi parlare con lui”. Il legale ha quindi parlato per un minuto al telefono con il suo assistito e ha chiesto al giudice di far intervenire gli infermieri. Così sul maxi-schermo dove era inquadrato Riina, sono spuntati due sanitari, che hanno ricomposto il detenuto sulla lettiga. Cianferoni a questo punto ha concluso l’arringa, chiedendo alla Corte d’assise d’appello la conferma dell’assoluzione di primo grado: “Riina è il parafulmine di tanti misteri italiani, sentitevi liberi di assolverlo: sarà chi sarà, ma è un essere umano”.
COME MAI proprio ieri quei lamenti che la guardia, equivocando, ha interpretato addirittura come una richiesta di interruzione? Secondo Rosaria Manzo, presidente de ll’Associazione dei familiari delle vittime del Rapido 904, che era in aula, “l’episodio ha fatto emergere che il detenuto non è in fin di vita e non ha bisogno di assistenza continua, dal momento che i sanitari sono entrati nella saletta solo quando si è reso necessario; dunque la sua scarcerazione sarebbe uno schiaffo per l’Italia”.
Cianferoni, però, non si è arreso: “Nessuno chiede pietà ma come vedete, gli 87 anni di Riina ci sono tutti”. E poi, parlando con i giornalisti, ha insistito: “Il mio assistito sta molto male”. Il penalista, però, non ha voluto commentare le polemiche suscitate dalla decisione della Cassazione che tre giorni fa, richiamando il diritto a una “fine dignitosa” per tutti i detenuti, ha annullato con rinvio il decreto del Tribunale di sorveglianza di Bologna con il quale il 20 maggio 2016 veniva rigettata la sua richiesta di differimento pena per Riina. Ieri l’ispettore dei cappellani d’Italia, don Raffaele Grimaldi, ha sottoli- neato come sia “importante l’accesso dei familiari affinché gli ultimi momenti della vita dei detenuti non si trasformino in disperazione”. L’ex pm Antonio Ingroia, invece, attacca: “Riina è all’ergastolo e al 41 bis che, secondo la legge e la Costituzione, sono legittimi e in linea con la dignità umana. Peraltro non è neanche agonizzante. Quindi, qual è il problema?”. Giovanna Maggiani Chelli, Associazione vittime dei Georgofili, ha ricordato il caso di Giuseppe Ferro, boss di Alcamo: “Passò mesi su una lettiga, con la flebo al braccio, nel processo per le stragi del ’93. Poi si alzò dal suo letto e cominciò a collaborare. Erano tutte balle, stava benissimo”. Per la strage del rapido 904 il pg Vilfredo Marziani ha chiesto l’ergastolo per Riina, indicandolo come il mandante: il 21 giugno la sentenza.
Il mio assistito è parafulmine di tanti misteri italiani; sentitevi liberi di assolverlo: sarà chi sarà, ma è umano
AVV. LUCA CIANFERONI