Venghino siori... Metti una sera a cena con Matteo
Abbiamo recentemente pubblicato un edificante blob di tonanti dichiarazioni di papaveri del Pd (da Renzi a Letta, da Finocchiaro a Violante passando per Serracchiani e Orfini) contro Berlusconi. Nella top ten: “Mai più inciuci né larghe intese con Berlusconi” (Matteo Renzi, 28 ottobre 2013); “Non ci sono le condizioni per avere in uno stesso governo Bersani, Letta, Berlusconi e Alfano” ( Da ri o Franceschini, 23 aprile 2013); “Sono contrario a un governo Pd-Pdl” (Andrea Orlando, 22 aprile 2013); “Il Pd è unito su una proposta chiara: noi diciamo no a governissimi con la destra” (Anna Finocchiaro, 5 marzo 2013); “Lo dico con anticipo: io un’alleanza con Berlusconi non la voto” (Emanuele Fiano, 28 febbraio 2013); “I nostri elettori non capirebbero un accordo con Berlusconi” (Ivan Scalfarotto, 28 febbraio 2013). Come il lettore avveduto avrà notato le perentorie affermazioni non risalgono a decenni fa. Eppure B. è tornato, da caimano ad agnellino, accolto dal Pd come l’interlocutore privilegiato per la legge elettorale e, probabilmente, per un futuro governo di larghe intese, sempre che abbiano i numeri per formarlo. Qualcosa (o qualcuno) è cambiato: di sicuro sono cambiati la stampa e gli intellettuali che per vent’anni si sono sgolati contro i pericoli del berlusconismo. Oggi tutti pressoché silenti. Anche il leader di Forza Italia è cambiato: nel frattempo è stato dichiarato decaduto dal seggio senatoriale in forza della legge Severino, a seguito di una condannuccia per una frode fiscale milionaria. Inezie.
PER IL RESTOtutto è rimasto come prima: il conflitto d’interessi con la proprietà di giornali e tv rimane. Non può sedere a Palazzo Madama, ma è diventato il leader dei moderati. Allora forse è il Pd che è cambiato, riuscendo (in qualche caso tentando solo) a realizzare per conto terzi il programma di B. (Jobs act, riforme costituzionali, etc.). Solo che lui era l’impresentabile, quello delle tentazioni autoritarie, che faceva le corna nelle foto con i leader della Terra, quello che raccontava barzellette di dubbio gusto, che dava del kapò nazista a un europarlamentare tedesco, quello che suscitava i risolini complici e imbarazzati del duo Merkel-Sarkozy. E Matteo? “Berlusconi è il passato, io parlo del futuro”, l’ha detto proprio il segretario del Pd, nel novembre 2011. Oggi sappiamo che la furia modernista e rottamatrice ha prodotto politiche recessive e di destra: dunque quando B. individuava in Renzi il suo delfino – finalmente col quid – non sbagliava. E se non vi hanno convinto della somiglianza i quasi tre anni di governo, l’ultima trovata della campagna di Renzi è la pistola fumante. La sua nuova app che si chiama proprio Matteo Renzi funziona come la fidelity card dell’Esselunga, solo che non devi comprare niente, i punti li acquisti condividendo i contenuti pubblicati su Whatsapp (5 punti) o Facebook (10). I primi cinquanta vincono – attenzione – un pranzo con Renzi. Il quale è evidentemente convinto – come Berlusconi pensava che tutte le donne lo volessero nel loro talamo – che c’è gente che sgomita per sedersi a tavola con lui. Il segretario del Pd è sinceramente convinto – davvero! – di aver perso il referendum del 4 dicembre a causa della cattiva comunicazione web. E se dovessero andargli male le elezioni – cosa non impossibile visto che al voto in autunno va un Paese impaurito, impoverito e piuttosto incazzato – darà la colpa al catering del pranzo con i cinquanta fortunati vincitori. Venghino, siori, venghino.